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I governatori Zaia e Fontana

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Ci piace fare gli auguri di ferragosto ai nostri lettori con le parole di un bergamasco spigoloso e competente come Antonio Misiani, un passato da tesoriere del Partito democratico, oggi senatore e responsabile per l’economia (LEGGI L’INTERVISTA).

Dice chiaro e tondo che i residui fiscali territoriali di Fontana e Zaia sono il frutto perverso della loro pericolosissima demagogia e che la ripartenza del Paese può avvenire solo dando al Sud ciò che gli spetta in termini di investimenti infrastrutturali e che da almeno dieci anni in qua gli è stato indebitamente sottratto. Rinfranca sentire dalla voce di un uomo che ha radici, studi, storia personale e azione politica saldamente ancorati tra Bergamo e Milano che Zaia e Fontana, Governatori di Lombardia e Veneto, in arte per noi il “Gallo” e il “Paglietta”, hanno venduto ai loro cittadini-elettori il Paradiso in terra e la secessione dei ricchi.

Rinfranca sentire dalla voce di Misiani che chi guida le due Regioni capofila della campagna per l’autonomia differenziata sta accreditando percorsi velleitari disgregatori mentre l’operazione verità lanciata da questo giornale sullo squilibrio abnorme nella distribuzione della spesa pubblica allargata per investimenti produttivi e, in particolare, infrastrutture di sviluppo, coglie il cuore del problema.

Misiani non ha dubbi: non il Sud ma l’intero Paese può ripartire davvero se torna a assegnare al Mezzogiorno il primato degli interventi pubblici e privati diretti a colmare il gap ambientale e se si esce dal circuito perverso di un regionalismo egoista e dissipatore per tornare a contare su una regia tecnica centrale capace di garantire l’effettiva realizzazione delle opere. Sotto una canicola africana si consuma la prima crisi di ferragosto della Repubblica italiana con riti a tratti venezuelani o peronisti e nessuno riesce a “liberare” il prigioniero Salvini che si è messo i ceppi ai polsi da solo. Non sono chiari nemmeno ai protagonisti gli sbocchi di questo pezzetto di strada finale di un anno di cammino, segnato dal vaniloquio e dall’assistenzialismo gialloverde, che ci ha portato a essere il grande malato d’Europa, emarginato da tutti, e a tassi di interesse pari al triplo di Spagna e Portogallo con aggravi nel breve termine di 3 miliardi e nel medio-lungo di 18/20.

Di sicuro, però, se si uscisse dallo stato confusionale diffuso e si recuperasse lo spirito dei Marcora e dei Vanoni, al Nord, e dei Pescatore e dei Saraceno, al Sud, si uscirebbe dall’ubriacatura assistenzialista dell’esorbitante privilegio del regionalismo leghista e si metterebbero le basi per un New Deal ambientale del Mezzogiorno e una crescita davvero duratura dell’Italia intera. Una simile scelta di programma giustificherebbe da sola, ai nostri occhi, la follia della crisi di ferragosto e la nascita di qualsiasi tipo di nuovo governo.


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