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Luca Zaia e Attilio Fontana, governatori di Veneto e Lombardia

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HO SCRITTO La grande balla perché non ne potevo più. Volevo che il lavoro di inchiesta giornalistica quotidiano che ha segnato questo giornale dal suo primo giorno di uscita avesse una rappresentazione compiuta. Non è vero che il Sud vive sulle spalle del Nord, è vero l’esatto contrario. Nessuno lo vuole ammettere, ma è il dato imprescindibile dal quale tutto parte e di cui tutti in modo condiviso dobbiamo prendere atto. Siamo saliti sulla vetta del luogo comune italiano e abbiamo fatto rotolare a valle il macigno della verità. Lo facciamo ogni giorno.

Abbiamo trovato per strada nuovi compagni di viaggio, sono arrivate conferme superiori alle aspettative. Non c’è istituzione economica, contabile, statistica della Repubblica italiana che non ne dà conto, ma i loro documenti sulla anomala distribuzione della spesa pubblica tra Nord e Sud Italia vengono cromosomicamente rimossi. Si ha la sensazione che la convinzione diffusa totalmente errata deve comunque sempre prevalere. Che il pensiero unico del talk show malato italiano deve infettare cervelli e coscienze a vita. Che un sentimento mai dichiarato di pregiudizio strisciante, non immune da venature razziste, non può essere arginato. Che il blocco dominante di interessi non rinuncia alla sua verità di comodo. A volte hai la sensazione che è tutto inutile.

Invece no. La catastrofe mondiale del Coronavirus demolisce uno dietro l’altro tutti i muri del luogo comune italiano che impedivano di prendere coscienza della realtà e ci facevano apparire velleitari o temerari. Sfido a trovare chi in Italia, prima del Coronavirus, era disposto a mettere in discussione i servizi sanitari regionali e porre un freno alla cavalcata nelle praterie della spesa pubblica nazionale dei prenditori privati della sanità lombarda. Nessuno. In solitudine ci eravamo permessi di dire che lo sconcio di dare 15,9 euro di investimenti pubblici per acquisto di macchinari e edilizia ospedaliera a un calabrese contro gli 89,9 euro a un valdostano non era tollerabile. Che era inquietante dare alla Lombardia per la spesa sanitaria il triplo di quanto riceve la Puglia e che era addirittura pericoloso il metodo con cui la Lombardia trascurasse prevenzione sul territorio e ospedalità pubblica a favore di un finanziamento abnorme di ex editori, ex siderurgici, affaristi. Tutti convertiti al business della sanità dove non mancano peraltro eccellenze da rispettare e incoraggiare.

Avevamo detto che bisognava tornare al servizio sanitario nazionale e il giudizio più generoso ricevuto era quello di essere fuori dalla storia. Oggi lo invocano in tanti e l’autonomia differenziata incute paura. Vogliamo provare a sorprendere ancora. Chiediamo la fine dei “granducati regionali” che tanto male fanno alla coscienza nazionale e alla salute dell’economia. Però, lo Stato vigliaccamente svuotato di potere e privato dei suoi uomini migliori, così come è ridotto non ce la può fare. Si salvino tutti i bravi sopravvissuti, ma si ingaggino gli uomini di guerra di cui il Paese ha bisogno per combattere le battaglie dell’unificazione nella sanità come nella scuola, nelle infrastrutture di sviluppo come nel lavoro non assistenziale. Presidente Conte, è stato così bravo che vincerà la battaglia in Europa – il generale Coronavirus aiuta anche lì – ma con i Tridico e gli Arcuri a Roma e i ras armati da soldi non loro dei “Granducati regionali” perderà la battaglia in casa. Si deve sbarazzare dei primi e mettere in riga i secondi.


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