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Senza uomini del fare del calibro di Menichella, Pescatore, Bernabei e molti altri, De Gasperi e Fanfani non avrebbero risollevato l’Italia dalle macerie della guerra e trasformato un Paese agricolo di secondo livello prima in un’economia industrializzata e poi in una potenza economica mondiale. Oggi siamo alle prese con la seconda Ricostruzione economica italiana dentro il tunnel della Grande Depressione Mondiale in cui ci ha rinchiuso una Pandemia che ha coinvolto al momento più di quattro miliardi di abitanti della terra. Siamo al nuovo ’29 mondiale.

Questo giornale ha sostenuto dal primo momento l’esigenza di un gabinetto di guerra di uomini del fare e si è rivolto direttamente al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, perché tolga il freno a mano che una pletora di “governatori di conti pubblici” e di funzionari regionali e bancari tirano ogni volta che lo Stato italiano prova a fare il suo dovere di immettere liquidità nelle tasche degli italiani e nelle casse delle imprese che hanno perso lavoro e fatturato per colpe non loro. Con questi uomini e con questa macchina pubblica non solo non esce il becco di un quattrino ma prima dell’estate torniamo a essere lo Stato da vendere. Perché diciamo al mondo intero che non badiamo a spese, ma siamo incapaci di spendere e, di conseguenza, l’economia sprofonda. Si tornerà a parlare di solvibilità dell’Italia non perché abbiamo il debito pubblico che abbiamo, ma perché l’unificazione infrastrutturale del Paese langue e l’economia reale produttiva paga il conto di un sistema bloccato.

Per queste ragioni è urgente fare l’esatto contrario di quello che si è fatto finora. Serve la velocità dei tempi di guerra per riformare il diritto amministrativo e la giustizia civile e per digitalizzare tutti i processi affinché lo Stato italiano diventi oggi soggetto pagatore di contributi a fondo perduto e domani semplificatore di tutte le procedure che imbrigliano l’investimento pubblico e privato. Apprezziamo che il Presidente Conte abbia preso l’impegno a fare tutto ciò con la “fase 3” e che abbia voluto prendere questo impegno a sua firma con una lettera al nostro giornale. Siamo consapevoli che l’emergenza sanitaria e la riapertura graduale vengono cronologicamente prima, ma la rinascita del Paese dipende esclusivamente dalla capacità di attuare in fretta e bene la “fase 3”. Che è la vera “fase 1” perché senza la semplificazione dello Stato e una macchina nuova si gira pericolosamente a vuoto. Tocca a Lei Presidente Conte fare quello che avremmo dovuto fare venti anni fa. Soprattutto tocca a Lei di farlo subito. Perché viviamo tempi di guerra e i morti di fame e di debiti possono superare quelli da Coronavirus. A nessuno può essere più consentito di giocare con le parole.

RI-FATE PRESTO.


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