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Il presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte

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ROMA – Primo, prudente passo verso la normalità. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dopo una girandola vorticosa di riunioni, relazioni, brainstorming, accelera sul Dpcm che darà vita alla fase due a partire dal 4 maggio. Ma, come già aveva anticipato il capo del governo, non sarà un liberi tutti. Per gli italiani, al lockdown totale, subentrerà un periodo segnato dalla convivenza tra libertà di movimento e rispetto dei protocolli di sicurezza.

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Ed è proprio qui che il piano per la ripresa ha fornito a Conte i maggiori nodi da sciogliere, con il premier stretto tra la linea della prudenza – che ha nel Pd e in Leu i suoi alfieri – e quella della ripresa, il più possibile, delle attività, che ha visto Italia Viva protagonista. Dopo la prudenza delle scorse ore il presidente del Consiglio sceglie di mettere fine a indiscrezioni, dubbi, incertezze che hanno attanagliato gli italiani in questi giorni.

Il premier parla agli italiani dopo due riunioni chiave presiedute nel corso della giornata: quella con i capidelegazione della maggioranza – alla quale partecipano anche il sottosegretario Riccardo Fraccaro e i ministri De Micheli, Patuanelli, Guualtieri, Catalfo, De Micheli – e quella con gli enti locali, nella quale Conte comunica, di fatto, le prime decisioni.

Decisioni che confermano una ripresa all’insegna della gradualità. Dal 4 maggio, ad esempio, ci sarà il via libera alle attività produttive ma non al commercio al dettaglio. Mentre per il settore turismo, che include anche bar, ristoranti, stabilimenti balneari, una decisione si avrà solo nei prossimi giorni. Ma l’idea è che, prima della metà di maggio la luce verde non arriverà. Ed è proprio su questo punto che, nel governo, è risalita la tensione con Iv che, al termine della riunione con i capidelegazione, non nasconde la sua «netta insoddisfazione» per l’eccessiva prudenza degli alleati. Del resto, in questi ultimi giorni, il dilemma amletico a cui è stato chiamato Conte è se dare massima priorità alla crisi sanitaria, come è accaduto per la fase 1, o guardare – complice il crollo dei contagi – con maggiore attenzione al dossier economico, non meno preoccupante. In questo contesto, per il premier il controllo della curva epidemiologica con possibili, circoscritti, lockdown di ritorno, resta la stella polare da seguire. Non meno «movimentata» la cabina di regia con gli enti locali.

Già nella sua intervista a La Repubblica, Conte in mattinata aveva avvertito le Regioni. «Non possiamo procedere in ordine sparso», erano state le parole del premier, chiamato a fronteggiare innanzitutto il pressing del Nord, a cominciare dal Veneto di Luca Zaia. Nel corso della cabina di regia è invece la delegazione Anci ad alzare la voce. «Servono più poteri ai sindaci, sull’applicazione delle misure per la fase 2, sui relativi controlli e sui cantieri», è l’appello inoltrato da Antonio Decaro e Virginia Raggi. Appello a cui il governo risponde promettendo massimo impegno per dare l’ok, la prossima settimana, non solo al dl aprile ma anche a un decreto “sblocca-Paese”. Settimana nella quale Conte tornerà a parlare in Parlamento e assisterà al voto di Camera e Senato sul Def.

Quello causato dal Covid-19 «è uno shock temporaneo, non intaccherà i nostri fondamentali che sono solidi, ce la faremo», assicura il titolare del Mef Roberto Gualtieri. Ma un fabbisogno calcolato sui 161 miliardi e il nodo del debito, a settembre, rischiano di strozzare l’Italia. Dirimente sarà la battaglia per il Recovery Fund. Con l’appendice Mes, sul quale cresce il pressing Pd e si assottiglia, silenziosamente, la trincea del M5S. «Decide il Parlamento», sottolinea Conte spiegando di aspettare i documenti finali che certifichino zero condizionalità per il Crisis Pandemic Support. E, a quel punto, per il M5S non sarà facile evitarne l’attivazione.


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