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Amadeus e Georgina Rodriguez

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Donne che stanno un passo indietro ai loro uomini e sono contente di farlo. Ho appena finito di ascoltare, su un sito web, un’intervista rilasciata dalla compagna di Valentino Rossi. Bellissima ragazza, di professione credo faccia la modella. Si chiama Francesca Novello e milioni di telespettatori hanno potuto ammirarla sul palco di Sanremo come “valletta” di Amadeus. L’intervista è stata rilasciata in sala stampa qualche manciata di ore prima del fatidico evento: “Non sono offesa  con Amadeus, gliel’ho detto io che preferisco stare un passo indietro a Valentino”. Il riferimento è alle polemiche scaturite da una osservazione di Amadeus in occasione della presentazione della squadra di Sanremo, che tra le virtù della ragazza aveva elogiato proprio la “capacita’ di stare vicino ad un grande uomo stando un passo indietro”.

Ebbene, è vero.

Non è da tutte, in questo mondo dove l’apparire conta più di ogni altra cosa, decidere scientemente di “scomparire”. Lo può fare consapevolmente una donna, e lo può fare consapevolmente un uomo. Peccato che l’uomo non lo faccia quasi mai. E se lo fa, viene criticato ferocemente. Considerato come minimo uno che – scusate l’oxfordismo – non ha le palle. Ma c’è un’altra cosa che mi fa veramente arrabbiare. “Vuoi stare un passo indietro? perfetto, è una tua scelta. Ma allora che ci fai sul palco di Sanremo?”

No, questa storia mi sa tanto di bluff. E comunque ha ragione la cantante Levante: il festival di Amadeus è un concentrato di sessismo. Fiorello ci può anche scherzare su, coniando nuovi termini che finiscono con  “ismo” cosi da tentare di ridicolizzare le polemiche e salvare il suo amico. “Hai preso per mano Diletta Leotta: è manismo”; “dai i fiori anche agli uomini: è fiorismo” , e via cosi. Fiorello è un grande e sul momento le sue battute fanno ridere. Ma non è giusto ridicolizzare la questione. Non è solo la frase sulla giovane e bella fidanzata di Valentino Rossi a essere stata infelice. È l’aver deciso di portare in cinque serate di festival sul palco ben undici “belle donne” come vallette, spacciandole per co-conduttrici. Presenze fisse invece (oltre ai cantanti in gara, naturalmente e oltre al conduttore) sono due uomini: Fiorello e Tiziano Ferro. “Cento ragazze per me posson bastare” cantava il mitico Lucio Battisti. Amadeus ha voluto provare con undici. Molte, tra l’altro, scelte, non per i loro meriti professionali e artistici, ma perché sono belle e compagne di personaggi famosi.

Prendiamo Georgina Rodriguez: nemmeno conosce l’italiano, al massimo è riuscita a dire due parole. Ma volete mettere? Quando ha ballato il tango, le telecamere della Rai inquadravano il volto soddisfatto e compiaciuto del compagno seduto in prima fila, il grande Ronaldo. Alta televisione! Povero Amadeus, non abbiamo capito. Non abbiamo apprezzato il suo gesto magnanimo di farle anche parlare queste donne che si sono alternate sul palco in eurovisione.

E invece no. Io, ad esempio, ho apprezzato molto (mi ha quasi commosso) il monologo di Rula Jebreal a difesa – senza se e senza ma – delle donne vittime di stupro e contro chi, ancora adesso, dà sempre la colpa alle stesse donne perché in fondo sono loro che  provocano andando in giro con vestiti scollacciati. Ho apprezzato anche l’intervento della giornalista Emma d’Aquino che ha ricordato quanti colleghi rischiano la vita nel mondo per far venire la verità alla luce (forse io avrei sottolineato che in Italia sono mosche bianche, ma capisco che non sarebbe stato molto popolare tra la categoria alla quale anche io appartengo).

Non ho apprezzato per niente il monologo di Diletta Leotta sulla bellezza che aiuta e sulle torte della nonna. Lei poi ha detto che si trattava di “autoironia” , io non me ne sono accorta, mi è sembrato solo il discorso di una che ha “il vuoto pneumatico” in testa.

Non ho capito la lettera d’amore alle figlie di Laura Chimenti: uso privato di spazio pubblico. La Chimenti è una brava collega, aveva a disposizione un megafono cosi importante come quello del palco di Sanremo, avrebbe potuto sforzarsi  di trovare un argomento di interesse più comune. Che so: la gente che continua a morire di fame; le discriminazioni di qualunque colore e ideologia;  anche l’abusato tema “green” sarebbe stato meglio. E sia chiaro, l’elenco non è nemmeno lontanamente esaustivo. 

Mentre scrivo deve ancora andare in onda l’ultima puntata del festival, la serata conclusiva con la proclamazione del vincitore (cosa che invece sarà nota al momento della lettura da parte vostra di questo pezzo). So che gli ascolti sono da record e la Rai sarà sicuramente soddisfatta. Io, che alla Rai pago un canone, un po’ meno. Una sola cosa mi è veramente piaciuta (e lo dico con sorpresa, perché quando fu reso noto l’elenco dei cantanti in gara, leggendo il suo nome restai stupefatta e molto perplessa): Rita Pavone. 74 anni dichiarati (nel sottotitolo della canzone), un’energia incredibile, direi un inno alla vita. Ad arrivarci cosi a 74 anni (anche meno). Complimenti al coraggio: poteva andare anche peggio, c’era il rischio di diventare il bersaglio dei soliti odiatori frustrati del web. A conti fatti invece Rita Pavone (anche la sua canzone è bella) mi è sembrata una delle poche scelte azzeccate di questo festival. 


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