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Laura Boldrini all'uscita del carcere

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Laura Boldrini ha incontrato in carcere la detenuta iraniana Marjan Jamali accusata di essere una scafista: una “vicenda inverosimile”


Barcellona Pozzo di Gotto – Mai interrogata, e sbattuta in carcere sulla base di un documento scritto in una lingua che non può comprendere: è una vicenda al limite “dell’inverosimile” ma reale, quella descritta da Laura Boldrini. La deputata Pd e presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel Mondo si è espressa uscendo dal carcere di Barcellona Pozzo di Gotto dove ha incontrato Marjan Jamali, 29 anni, la donna iraniana in carcere perchè accusata di essere una scafista e che si oppose a uno stupro.

“Ad oggi – sottolinea Boldrini – non è mai stata interrogata, non ha mai ricevuto un documento in una lingua per lei comprensibile. Le hanno dato un documento in italiano in cui spiegavano perché è stata arrestata. E quando l’avvocato ha fatto capire che lei non comprende l’italiano e che dovevano mandare un documento nella lingua persiana, lei si è ritrovata con un documento in arabo. Lingua che lei non conosce e non capisce. Il suo diritto alla difesa è stato totalmente compresso e violato, qui c’è un grave problema di traduzione”.
“Sono sicura – afferma – che adesso i magistrati vorranno interrogarla. Il tribunale della libertà tra un paio di giorni dovrebbe sentirla in un lingua nella quale può esprimersi”.

“Mi auguro che la donna possa ricongiungersi con il figlio perché questo bambino è stato dato ad una famiglia ed è stravolto”. Ha così proseguito Laura Boldrini, all’uscita del carcere di Barcellona Pozzo di Gotto, nel Messinese. “Il motivo per cui la ragazza ha anche tentato il suicidio – prosegue – è perché dopo aver sentito che il figlio era disperato lei non ha retto più psicologicamente. Vive un vero incubo. Aveva delle pasticche che le avevano dato giorno per giorno ma che lei non aveva mai preso. Perché non riteneva di averne bisogno.
Quando ha sentito il figlio disperato (il bambino ha 8 anni ed è stato dato in affido a una famiglia, ndr), che piangeva e voleva la madre, lei ha avuto un momento di sconforto ed ha preso 16 pasticche tutte insieme. Questa faccenda è iniziata proprio male. I suoi accusatori sono quelli che hanno tentato di violentarla e che lei ha denunciato e che poi sono spariti”.

“Spero che adesso prendano in mano questa situazione” ha continuato Boldrini. “Mi ha detto che è riuscita a parlare con il suo avvocato in videochiamata con una traduzione in farsi solo 20 giorni fa. Ma è da ottobre in carcere senza che nessuno la interrogasse, e ha fatto anche una domanda d’asilo”.
La presidente Boldrini ha anche raccontato la storia di questa donna. “Ha una storia pesante di violenze – ha aggiunto – nasce in una famiglia dove il padre non le consente di fare nulla con rapporti di forza e violenza su di lei. Per uscire da questo contesto si sposa giovanissima, a 19 anni con un uomo altrettanto violento. Ci ha fatto vedere le ferite che ha avuto. Certamente per lei la soluzione non è tornare in Iran. È scappata per avere una vita senza violenza, in libertà. Adesso si tratta di capire come tirarla fuori da questa situazione. Ritornerà presto a Reggio Calabria (lo sbarco è avvenuto nel porto di Roccella Jonica; ndr) proprio perché la perizia psichiatrica non denota nessun problema. Ha fatto quel gesto per disperazione”.

“So che l’avvocato chiederà i domiciliari e mi auguro che ci riesca. Perche’ la ragazza non ha nessuna intenzione di scappare e vuole fare solo chiarezza sulla sua posizione. Lei non c’entra nulla né con chi ha guidato l’imbarcazione né con l’organizzazione. È esterrefatta di come siano potute andare le cose. La sua forza è suo figlio. Ha detto che sta resistendo a tutto per lui e di andare avanti perché c’è lui. Oggi è iniziato il processo e c’è stata la prima udienza. Adesso seguiranno anche le altre tappe. Non è la prima donna iraniana che vedo in carcere con le stesse accuse e le stesse dinamiche”.

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