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Le Vele di Scampia

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di PINO APRILE

NON sono così, è che mi raccontano così (battuta rubata a Jessica Rabbit). Da più di un secolo e mezzo politica, giornalismo, letteratura raccontano il Sud non come è, ma come si pensa e persino si vuole che sia. Al punto che ogni diversa rappresentazione che dice una verità non accettata, perché urta contro un pregiudizio, viene ritenuta falsa. E non si parla soltanto di persone ignoranti o in cattiva fede.

Al contrario, sono spesso osservatori più colti a “trovare” conferme della “atavica” inclinazione al male del Mezzogiorno e dei meridionali. Succede perché, non considerando che le cose possano stare diversamente, cercano solo nella direzione che ritengono “vera”.

Fabrizio Barca, ministro alla Coesione territoriale (di gran lunga migliore di tutti gli altri, con il professor Carlo Trigilia, suo successore), mi spiegò che era convinto di conoscere il Sud, grazie ai suoi studi (è fra i maggiori esperti di sviluppo regionale), ai rapporti di agenzie specializzate e alla “comunicazione nazionale”. Credeva di sapere cosa avrebbe trovato nei suoi viaggi al Sud, per far bene il suo lavoro da ministro. «Da 1 a 10?», gli chiesi. «Pensavo di trovare 3 e speravo in qualche 5. Invece ho trovato 5 e tanti 8». Parlava di iniziative di giovani intraprendenti e sconosciuti ma bravi amministratori locali, per creare buona economia, valorizzare il territorio. Naturalmente, avendo dimostrato di essere un ottimo ministro, Barca fu subito sostituito.

Per fortuna, dal professor Trigilia, che si dimostrò altrettanto efficiente e onesto, quando si trattò di passare dalla teoria alla pratica, adattando le sue conoscenze accademiche (è uno dei più stimati, nel campo) all’azione ministeriale. L’idea che il ministero per la Coesione potesse davvero riequilibrare investimenti di Stato fra Nord-Sud, dovette sembrare tale eresia, che Matteo Renzi riportò subito le cose alla normalità, prima saccheggiando la cassa dell’Agenzia della Coesione per dirottare quei soldi al Nord, poi mettendola in mano a Graziano Delrio (come affidare la lotta alla discriminazione razziale al presidente del Ku Klux Klan). Che riuscì e riesce a sorprendere chi credeva di aver ormai visto il peggio.

Il saccheggio di risorse destinate al Sud e le truffe di Stato ai suoi danni (investimenti e opere pubbliche solo al Nord) paiono giustificati, nell’opinione comune, dal fatto che il Mezzogiorno non meriti di più e, in ogni caso, a quei fondi i meridionali mafiosi e inefficienti farebbero fare brutta fine: mica come al Nord, dove in 9 anni per l’Expo sono riusciti a non realizzare nemmeno una delle “città” della scienza, della ricerca, della salute, eccetera, né a finire il 40 per cento dei capannoni (ma i soldi pubblici se li sono tenuti lo stesso) e sotto inchiesta e in galera sono andati a centinaia, con più aziende mafiose sugli appalti che in mezzo secolo di Salerno-Reggio Calabria. Ma quando il “duce” dell’Expo, Giuseppe Sala, poi eletto sindaco di Milano (nonostante avesse omesso di dichiarare, sotto giuramento e sul suo onore, pensa quanto ci tiene…, il possesso di una villa in Liguria, una casa in amena località alpina, una società in Italia e una in Romania) è finito pure lui sotto inchiesta per appalti pilotati, opinione comune e giornali nazionali hanno chiamato questo modo di gestire risorse pubbliche necessaria “efficienza”, perché a suon di mazzette (se le accuse saranno provate), ha costruito “il successo” dell’Expo (crollo di visitatori e bilancio in deficit).

Immaginate se si fosse trattato del sindaco di Napoli, Palermo, Roma. Perché il giudizio comune è così differente, se le azioni sono le stesse (e pure peggiori: le più alte tangenti di sempre sono veneziane, per il Mose; parlamento e governo regionali più indagati, condannati e carcerati di sempre sono lombardi: il record della gestione Formigoni rischia di esser battuto da quella Maroni). Da sempre, l’Italia unita (vabbè…) è raccontata in modo paranoico: il bene è al Nord, il male al Sud; il male del Nord non è credibile o necessario per un maggior bene; il bene al Sud non può essere vero.

A costruire la distorta percezione sono giornali, letteratura e tv. Due sociologi veneti, Valentina Cremonesini e Stefano Cristante, hanno analizzato i servizi del principale telegiornale di Stato (ma anche di Corriere della sera, Repubblica) degli ultimi 30 anni; e hanno scoperto che solo il 9 per cento dello spazio è dedicato al Sud e di quel poco, il 93 per cento è fatti di mafia. E ci si meraviglia se gli italiani, così educati a pensare dei meridionali, così li vedono (terroni inclusi)? Il progetto che ho accettato di condividere e rielaborare, Sud 2.0, mira a lanciare una raccolta fondi di un milione di euro, per finanziare la nascita di aziende di giovani meridionali (che dovranno impegnarsi a non delocalizzarle o venderle per almeno 5 anni e a costituire una rete fra loro, con intrecci azionari), e un giornale online per il Sud e “da Sud”, per informare correttamente (non come la tv di Stato, anche senza Giletti; o i “giornali nazionali”) e controbattere ogni sciocchezza, luogo comune, pregiudizio. Sud 2.0 ora è in corso di ridefinizione (per informazioni: www.sud2-0.it o, su facebook: Sud 2.0 – Startup & Restart), per le tante, ottime proposte di collaborazione e i suggerimenti giunti dopo che Agostino De Luca, ingegnere gestionale, e io abbiamo divulgato l’iniziativa. Se al Sud serve una giovane economia in loco e una più onesta narrazione, noi ci siamo.

Perché? Perché ci siamo rotti. Abbiamo capito che questo Paese non porrà rimedio ai danni che ha fatto al Sud, anzi li incrementa e dobbiamo venirne fuori da soli, contro quelle istituzioni che dovrebbero essere nostre alleate.

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