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ROMA – “In un’era di progresso sempre più accelerato e di innovazioni tecnologiche sempre più avanguardistiche emergono nuovi approcci basati su alternative potenzialmente più sicure delle sigarette per i fumatori che per varie ragioni non riescono a smettere. Questa categoria di fumatori non deve essere abbandonata dalle politiche sul controllo del tabacco. Quando non si riesce a non fumare, passare a prodotti meno pericolosi ha un effetto positivo sulla salute di molti fumatori”.

E’ questo il cuore del manifesto costitutivo della Scohre, la prima società internazionale di oltre 55 esperti del settore costituitasi ufficialmente oggi al termine del 3° Summit Internazionale sulla Riduzione del danno. Secondo gli esperti le strategie per il controllo del fumo dovrebbero essere includere maggiormente il concetto di riduzione del danno, che comprende l’utilizzo di tutto lo spettro di prodotti, dalle e-cig ai dispositivi che scaldano il tabacco senza bruciarlo, ora sul mercato. “Nel caso delle sigarette – ha sottolineato durante il summit David Sweanor, dell’università di Ottawa -, sappiamo da decenni che il fumo è mortale, e che le persone fumano per colpa della nicotina ma muoiono per colpa del fumo. Da questo deriva un potenziale per le persone che cercano la nicotina di rivolgersi ad altri prodotti meno pericolosi. La tecnologia esiste, e ci sono esempi, come in Norvegia, Islanda e Giappone, dove la transizione verso prodotti non combustibili è già avvenuta”.

Tra i paesi che stanno implementando nuove leggi al fine di massimizzare il potenziale di questi nuovi dispositivi per i fumatori c’è anche la Grecia, che ha appena varato una nuova legislazione che permette la comunicazione sulla riduzione del rischio dei prodotti senza combustione, con affermazioni scientificamente comprovate. Il provvedimento prevede un processo di autorizzazione per valutare i prodotti e una sorveglianza post commercializzazione, sul modello portato avanti dall’agenzia del farmaco US Fda, che ha da poco autorizzato la commercializzazione del Prodotto a Tabacco Riscaldato Iqos di Philip Morris e dello snus, il tabacco masticabile, come ‘prodotti del tabacco a rischio modificato’.

Proprio il diffondersi dello snus nei Paesi nord europei fa registrare, ad esempio in Svezia i tassi più bassi di malattie fumo correlate (come cancro ai polmoni e orale) e tassi di fumatori di circa il 5% rispetto al totale della popolazione, è emerso durante il summit. Per quanto riguarda l’Italia i dati recentemente pubblicati dall’Agenzia delle Dogane sembrano confermare la tendenza anche per il nostro paese ad abbandonare le ‘bionde’. “Nel corso degli ultimi 4 anni, la domanda complessiva di tabacchi si è ridotta di circa 2,4 milioni di kg (-3,05 per cento rispetto al dato del 2016) – si legge principalmente dovuta alla riduzione del consumo di sigarette (-10,28 per cento, in volume, dal 2016). Parte di tale perdita può essere dovuta ad un effetto sostituzione – in ordine di rilevanza – dei tabacchi da inalazione senza combustione, dei sigaretti e del tabacco trinciato”. (ANSA).

Nell’approccio alla riduzione del danno anche prodotti a potenziale rischio ridotto

Una nuova alleanza per innovare le strategie in grado di aiutare le persone a smettere di fumare e a migliorare le politiche per la riduzione del danno anche attraverso l’uso dei dispositivi a rischio ridotto. Sono 55 esperti da 26 nazioni a lanciare oggi, dall’ultima giornata del terzo convegno ‘The Scientific Summit on Tobacco Harm Reduction’ – promosso dall’Università di Tessalonica e dall’Università di Patrasso in Grecia – la fondazione di Scohr (International Association of international expert smoking control & harm eduction) che include medici, scienziati, esperti delle politiche del settore, accademici e professionisti.”Crediamo – hanno illustrato i fondatori nel manifesto di Scohr – che le strategie di controllo dovrebbero includere anche un approccio alla riduzione del danno da fumo che tenga presente anche i prodotti a potenziale rischio ridotto accanto alle tradizionali strategie per aiutare le persone a smettere e alle misure di prevenzione”. “L’anno scorso è aumentato il numero delle autorità regolatorie che ora permettono la vendita di prodotti a potenziale rischio ridotto consentendo ai cittadini una appropriata informazione sui benefici e i rischi di questi dispositivi”, precisa il manifesto. (segue)

La nuova associazione, pur riconoscendo che il dibattito su questi temi è “ancora in una fase iniziale” e che “occorro più ricerche e pubblicazioni su questi dispositivi”, ha come obiettivo di generare “più opportunità per informare i decisori politici, i regolatori e la popolazione sui benefici di un nuovo approccio”.

La Scohr avrà sede a Bruxelles e vuole essere un punto di riferimento “autorevole e indipendente” nel dibattito sulle politiche di riduzione del danno e del controllo del tabacco. I fondatori evidenziano che “non accetteranno sponsorizzazioni dal’industria del tabacco” ma l’associazione “sarà disponibile ad accettare studi o ricerche negli eventi della Scohr che arrivano anche mondo delle aziende o delle istituzioni”.

La nuova legislazione approvata in Grecia apre a questa strada

Nelle politiche di controllo e riduzione del tabacco “non può esserci un’unica strada che punta al rigore” nei confronti del consumatore ma occorre costruire a livello globale “una nuova strategia che coinvolga le scelte di salute pubblica”. Le nuove possibilità offerte in questo cambio di paradigma, compresi i dispositivi a rischio ridotto, sono state al centro di una sezione alla seconda e ultima giornata del terzo convegno scientifico, l’anno scorso svoltosi ad Atene e quest’anno online per la pandemia Covid-19, ‘The Scientific Summit on Tobacco Harm Reduction’ promosso dall’Università di Tessalonica e dall’Università di Patrasso in Grecia. Proprio questo Paese ha recentemente approvato una nuova legge che differenzia ulteriormente i prodotti senza combustione da quelli convenzionali.

Andrzej Fal, presidente della Società di Salute pubblica polacca, nel suo intervento ha sottolineato che “dobbiamo dare una seconda opzione a chi vuole smettere e i dispositivi a rischio ridotto possono aiutarci e possono avere un impatto anche dal punto di vista economico sui costi correlati alle comorbidità del fumo”. Karl Lund, ricercatore dell’Istituto di Salute pubblica norvegese, ha riportato il caso dello ‘snus’, il tabacco da masticare molto usato nei paesi Scandinavi e che ha dato risultati come alternativa per smettere con il fumo.

“L’ingresso dello ‘snus’ in Norvegia ha ridotto il consumo di sigarette nella fascia d’età tra 16 e 30 anni – ha sottolineano nella sua relazione – e ha prodotto un netto guadagno per la salute pubblica”.

Dalla Spagna è arrivata la testimonianza di Fernando Fernandez Bueno, chirurgo oncologo dell’Hospital Central de la Defensa Gómez Ulla (Madrid). “Dovremmo aiutare i decisori ad ascoltare e dare loro le soluzioni più semplici – ha evidenziato nelle conclusioni – Poi occorre spiegare ai medici di famiglia che ci sono dispositivi che possono aiutare i loro pazienti a smette di fumare”.

Un nuovo modo di sviluppare le strategie di controllo del tabacco e dei rischi correlati è quello inserivo in nuova legge approvata in Grecia lo scorso anno. Un ‘caso’ al centro dello ‘Scientific Summit on Tobacco Harm Reduction’ che ha dato diversi spunti a chi si occupa del settore. Soprattutto per il ruolo di promotore del ministero della Salute greco, una anomalia nel contesto Ue.

La nuova legislazione greca sul fumo “è costruita su 4 pilasti: la prevenzione; la protezione della popolazione dal fumo passivo; assistere chi vuole smettere in centri specializzati e ultimo la valutazione di nuovi dispositivi con il principio di riduzione del danno”, ha spiegato l’esperto Ioannis Faropoulos nella lettura dedicata alla nuova normativa.

Ma la legge punta anche ad una nuova modalità sulla comunicazione della riduzione del rischio. Consente infatti la comunicazione ai fumatori adulti di affermazioni scientificamente comprovate; si occupa di diversi tipi di prodotti senza combustione, già in commercio e che potranno arrivare in futuro. Copre tutti i tipi di rischio: quello ridotto o a danno ridotto, la ridotta esposizione e tossicità. Inoltre stabilisce standard scientifici che giustificano i vari tipi di rischio e comprende disposizioni sulla sorveglianza post-commercializzazione.

Introdurre dispositivi a rischio ridotto nelle politiche di controllo del tabacco’

Il perentorio ‘smetti di fumare o morirai’ con cui alcuni medici cercano ancora di convincere i pazienti sui rischi correlati alle sigarette “non funziona e va cambiato”. E’ il suggerimento di David Khayat, ex presidente del National Cancer Institute e responsabile dell’Oncologia medica al Clinique Bizet (Parigi), nel suo intervento alla seconda e ultima giornata del terzo convegno – l’anno scorso svoltosi ad Atene e quest’anno online per la pandemia Covid-19 – ‘The Scientific Summit on Tobacco Harm Reduction’ promosso dall’Università di Tessalonica e dall’Università di Patrasso in Grecia.

“Come dottore non posso accettare ‘smetti o muori’ come l’unica scelta che si offre ad un paziente fumatore; ricordo che il 64% di quelli con una diagnosi di tumore continua a fumare – aggiunge l’oncologo – Alcuni Paesi hanno abbandonato la strategia ‘smetti o muore’ e introdotto dispositivi a rischio ridotto nelle politiche di controllo del tabacco ottenendo risultati”. “Nel 1990 il primo fattore di rischio per il cancro riconosciuto a livello mondiale era il fumo, nel 2017 è ancora il fumo – ricorca Khayat – Le sigarette tradizionali contengono oltre 6mila sostanze chimiche e particelle ultrafini, 93 di queste sono nella lista della Food and drug administration (Fda) come potenzialmente dannose, la maggior parte, circa 80, sono cancerogene o potenzialmente cancerogene. Questi rischi aumentato nel processo di combustione rispetto al riscaldamento”.

La comunità scientifica e medica quindi “dovrebbe svolgere un ruolo più forte nel convincere i responsabili politici a riconsiderare e innovare le strategie di controllo del tabacco”, precisa l’oncologo.

“Serve però accettare il fatto che alcuni livelli dei nostri cattivi comportamenti sono inevitabili – osserva Khayat – L’obiettivo deve essere quindi di minimizzare i danni che le persone subiscono come conseguenza di scelte poco salutari e non limitare i loro comportamenti perché questo significa limitare la liberà e non è una strada percorribile. I medici, che spesso non forniscono le evidenze scientifiche ai loro assistiti sulle scelte migliori – conclude – devono cambiare paradigma e mettere il paziente al centro. Come professionisti lo dobbiamo ai nostri assistiti”.

Fumo: proposta per aiutare a smettere, meno tasse su dispositivi a rischio ridotto

Nella lotta al fumo si potrebbe “aumentare l’accessibilità ai dispositivi a rischio ridotto puntando su una tassazione proporzionata agli effetti prodotti. Così i prodotti più pericolosi, come le sigarette, dovrebbero avere una tassazione più elevata rispetto ai dispositivi a rischio ridotto”. E’ la proposta lanciata da David T. Sweanor, Centre for Health Law, Policy & Ethics, Università di Ottawa, nella sua relazione al terzo convegno scientifico, l’anno scorso svoltosi ad Atene e quest’anno online per la pandemia Covid-19, ‘The Scientific Summit on Tobacco Harm Reduction’ promosso dall’Università di Tessalonica e dall’Università di Patrasso in Grecia. “Più è alta la differenza tra le due ‘scelte’ – ha aggiunto – più abbiamo la probabilità che le persone passino a prodotti alternativi a basso rischio”.

“Oggi ci sono nuove tecnologie che possono aiutarci a sbarazzarci delle sigarette tradizionali – ha osserva Sweanor – Abbiamo questa straordinaria opportunità e anche le capacità di trasformare, in un breve tempo, il business delle sigarette in qualcosa di completamente diverso”.

Fumo: cardiologo Biondi Zoccai, ‘e-cig possono aiutare a smettere’

“Il fumo rappresenta ancora il più importante fattore di rischio per le malattie cardiovascolari e per il cancro. Le sigarette elettroniche sono prodotti a rischio modificato che possono migliorare i tassi di cessazione e aiutare nel percorso di distacco dalle sigarette tradizionali”. Lo sottolinea Giuseppe Biondi Zoccai, docente di Cardiologia del Dipartimento di Scienze e biotecnologie medico-chirurgiche dell’Università Sapienza di Roma, nelle conclusioni del suo intervento alla prima giornata del terzo convegno scientifico, l’anno scorso svoltosi ad Atene e quest’anno online per la pandemia Covid-19, dal titolo “The Scientific Summit on Tobacco Harm Reduction”, promosso dall’Università di Tessalonica e dall’Università di Patrasso in Grecia.

Zoccai, che studia gli effetti sul sistema vascolare dei prodotti senza combustione e ha presentato alcuni report su ricerche condotte e progetti futuri, ha ricordato come le sigarette elettroniche “possono avere effetti sulle funzioni cardiovascolari, sia acute che a lungo termine”, per questo il loro utilizzo “deve essere preso in considerazione solo in soggetti con un basso rischio cardiovascolare e con una tempistica precisa”.

Ad un anno dall’epidemia di malattie polmonari c’è ancora diffidenza non giustificata da studi

Negli Usa si è registrato “un forte e rapido calo” del consumo di sigarette elettroniche tra i giovani. Lo ha evidenziato Konstantinos Farsalinos, docente alla King Abdulaziz University (Arabia Saudit) e ricercatore dell’Università di Patras (Grecisa), tra i più prolifici studiosi degli effetti delle sigarette elettroniche, nel suo intervento alla prima giornata del terzo convegno scientifico, l’anno scorso svoltosi ad Atene e quest’anno online per la pandemia Covid-19, ‘The Scientific Summit on Tobacco Harm Reduction’ promosso dall’Università di Tessalonica e dall’Università di Patrasso in Grecia.

Secondo l’esperto, questo calo è legato alla scia dell’Evali, la malattia polmonare associata alla sigaretta elettronica, che ha causato, secondo i dati Cdc (Centers for Disease Control and Prevention Usa) aggiornati a febbraio 2020, 2.807 ricoveri in tutti gli stati americani e 68 decessi. L’epidemia di casi, secondo Farsalinos, ha “spaventato la popolazione” ma su questo fenomeno “c’è stata una cattiva comunicazione non solo dei media ma anche scientifica che ha colpito le sigarette elettroniche in modo inappropriato”. Lo stesso Farsalinos, insieme ad altri colleghi, ha chiesto il ritiro di uno studio su e-cig e infarto del miocardio con “errori evidenti”.

Secondo l’esperto infatti “la maggior parte delle persone crede che le sigarette elettroniche siano responsabili di Evali”. Mentre secondo le indagini dei Cdc, “la vitamina E acetato è fortemente collegata a Evali” anche se le evidenze finora riscontrate non sono “ancora sufficienti” come del resto ancora “non è possibile dire che se il Thc o sostanze simili possano aver avuto un ruolo nell’epidemia”. Ci sono però molte evidenze epidemiologiche che indicano una strada diversa secondo Farsalinos. “Le e-cig sono ormai diffuse da decenni e usate da milioni di persone in Usa e nel mondo – ha ricordato il medico – in tutti questi anni non c’è mai stata nessuna epidemia di casi di malattie polmonari in nessuna nazione. Poi improvvisamente solo in Usa è scoppiata questa seria malattia respiratoria diffusa tra gli adolescenti e i giovani adulti”.Farsalinos ha poi evidenziato come il numero delle persone che ha smesso di fumare usando le sigarette elettroniche “è aumentato nel biennio 2015-2017 rispetto al biennio 2012-2014” e che le “e-cig hanno il doppio del successo di aiutare il fumatore a smettere rispetto a prodotti come i cerotti o le gomme da masticare”. Inoltre l’esperto ha rimarcato come in alcuni Paesi, come nel Regno Unito, dove le e-cig sono entrate nei programmi del Governo per far smettere di fumare, “ci sono negozi specializzati per questi dispositivi negli ospedali”

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