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Saverio Mesecorto durante l'intervista a Il Quotidiano Italiano

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BARI – «Mia sorella mi ha detto che nostro padre aveva ammazzato una persona e aveva portato a casa 1.500 euro». Crolla, per una volta, il muro dell’omertà che protegge una certa classe di cittadini baresi, e in poche ore restituisce al senso di giustizia il colpevole di un tremendo omicidio.

Sono le due figlie di Saverio Mesecorto, 51 anni, che alle 13 del 13 settembre, all’ora di un ordinario pranzo, ha prima ingannato, poi accoltellato e infine rapinato Anna Maria Lupelli, l’81enne trovata morta in casa la sera del 14 settembre scorso, in via Gabrielli al quartiere Carrassi di Bari.

Lo ha fatto per quei soldi che l’anziana teneva in casa, nel borsellino rosa, nascosto sotto il televisore, quella piccola somma che sua figlia prelevava dalla pensione e le portava a casa per le spese ordinarie.

Lui, Saverio Mesecorto, lo sapeva bene per aver lavorato negli ultimi 10 anni in quel condominio, pulendo le scale e sognando la ricchezza. Lunedì scorso ha deciso di prendersela, in modo brutale. Ha acquistato da un negozio cinese un coltello, così ha raccontato a sua figlia, poi ha indossato un paio di guanti e all’ora di pranzo ha suonato alla signora Lupelli.

Le ha chiesto un bicchier d’acqua, lei si è fidata, lo conosceva da tempo, gli ha voltato le spalle. Il pranzo cuoceva sul fornello, la tavola apparecchiata, lui l’ha accoltellata due, tre, otto volte. Lei ha tentato di fermarlo, invano.

«Assoluta incapacità di autocontrollo», così il sostituto procuratore Claudio Pinto scrive nel decreto di fermo per Mesecorto, incastrato dalla telecamera di un negozio vicino, che lo ha inquadrato mentre entrava nel portone, in un orario diverso da quello in cui di solito prestava servizio.

Rapide le indagini degli investigatori della Squadra mobile, che partendo proprio da quelle immagini, hanno convocato le figlie di Saverio Mesecorto, ottenendo da loro quello squarcio nei silenzi di famiglia. Di «inusitata violenza» parla ancora il pm quando sostiene che l’uomo va portato in carcere, per evitare che scappi.

Lucido e abile nel procurarsi una coscienza pulita, Mesecorto è comparso anche davanti alle telecamere assiepate nei pressi dell’abitazione, la sera in cui è stato scoperto il delitto. E anche il giorno dopo. Ha parlato, parlato, raccontando la sua versione dei fatti, pronto a difendersi prima ancora di essere accusato, inutilmente.

Le indagini della polizia sono state la sua nemesi, arrivando ad un risultato raramente verificatosi negli ultimi anni: e cioè la presa di coscienza di due ragazze che scelgono la verità, voltando le spalle a un legame familiare che troppo spesso sa di ineluttabilità. Hanno parlato con gli agenti, fornendo dei particolari, confermando l’una il racconto dell’altra, perché nascondere un delitto così grave sarebbe stata una macchia nera sulla coscienza che non va più via. Anche lui, interrogato poi in Questura, ha ammesso di averla uccisa, ha spiegato e confermato, reo confesso di un omicidio premeditato.

Ora il 51enne che faceva le pulizie è rinchiuso in carcere, in attesa che il giudice per l’udienza preliminare fissi la data per la convalida del fermo. Sarà quella l’occasione di parlare ancora, oppure di scegliere la strada del silenzio, a seconda della linea difensiva che si deciderà di sarà adottare. Resta, nello spazio di quarantotto ore nere, lo choc di un quartiere, quello di Carrassi, e di due famiglie, travolte da otto coltellate e la brama di denaro.

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