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Lo stabilimento Bosh

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In via ufficiosa, secondo fonti sindacali, l’azienda smentisce quanto riportato dall’agenzia La Presse e ripreso ieri dal Quotidiano del Sud sull’annuncio di 620 esuberi per lo stabilimento di Bari. Ma i metalmeccanici sono tutt’altro che tranquillizzati da ciò che accade nelle officine Bosch della zona industriale tra il capoluogo e Modugno.

Un tempo sito industriale modello, quella della multinazionale tedesca rappresenta ancora la più importante fabbrica del territorio per numero di addetti, oltre 1.700, la seconda in Puglia, dopo le acciaierie ex Ilva. Ma la sua crisi si trascina da almeno tre anni, legata al calo delle vendite del settore automobilistico per il quale produce pompe per sistemi Common rail destinate ai motori diesel.

È il qui il nodo del problema. Secondo il report citato dall’agenzia di stampa sulle vertenze in Italia, Bosch conterebbe quel numero di addetti destinati alla fuoriuscita. È lo stesso che circolava nel 2019. Se dovesse essere smentito ufficialmente non spazzerebbe comunque le nubi attorno allo stabilimento che conta 1.300 addetti in cassa integrazione e solo 300 di fatto all’opera a tempo pieno per i dispositivi delle bici elettriche.

Il problema è quindi il futuro, del quale c’è ancora troppa incertezza, legata alle produzioni per motori endotermici destinate a essere dismesse entro il 2035 per l’annunciata, e di fatto già in corso, transizione, col passaggio all’idrogeno o all’elettrico. Sulla vicenda la Fiom Cgil Bari si è detta «sconcertata e preoccupata per la notizia» e ha ricordato i continui tentativi di affrontare la vertenza su tavoli nazionali e governativi.

«Per ora smentite ufficiali non ci sono arrivate – spiega Ciro D’Alessio, segretario Fiom Cgil –. Manca un piano industriale che guidi il sito di Bari verso una reale transizione, mentre le nostre richieste di avviare tavoli ufficiali dove discutere sul futuro sono cadute nel vuoto. Per questo invitiamo l’azienda a farlo quanto prima, tendendo conto che parliamo del più grande stabilimento Bosch in Italia.

Abbiamo chiesto spiegazioni sull’esistenza dell’annuncio degli esuberi ma ci è stato detto che non è la posizione ufficiale dell’azienda. Rimane però il problema, che rischia di diventare una vera e propria bomba sociale pronta a scoppiare. Solleciteremo il ministero dello Sviluppo economico perché è necessario prima o poi comprendere quale sarà il destino di questa fabbrica che, così com’è, è destinata a scomparire in pochi anni».

Il sindacato traccia la strada percorribile della conversione alla produzione di componenti per motori elettrici o a idrogeno come già sta avvenendo in altri siti Bosch in altri Paesi. La soluzione della solidarietà infragruppo, dello spostamento di produzioni in soprannumero da altri siti a Bari, prospettata in quest’ultimo anno, non è vista affatto come definitiva, ma come un semplice palliativo.

«Non bisogna perdere più altro tempo – aggiunge D’Alessio – e in questo il governo deve intervenire per difendere il settore produttivo automobilistico, il più importante del Paese, con una politica industriale finora assente. Urge – conclude il segretario Fiom – una discussione sul futuro».

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