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Il gruppo di ricercatori dell’Università di Bari coordinati dal professor Ventura

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Dal lavoro degli studiosi e ricercatori baresi nuovi contributi genetici alle malattie. Sulla rivista “Science” è stato pubblicato lo studio sulla sequenza completa di un nuovo genoma umano, realizzato dal gruppo di ricerca coordinato dal professore Ventura del Dipartimento di Biologia dell’Università degli studi di Bari e dai ricercatori di diverse università internazionali, quali la University of Washington School of Medicine, la Johns Hopkins University, l’University of California Santa Cruz, il National Human Genome Research Institute.

«Disporre della sequenza di un genoma umano completo e privo di errori è fondamentale per comprendere l’intero spettro della variabilità genomica umana (ovvero come il Dna umano differisca da persona a persona) e per identificare con precisione tutte le mutazioni alla base delle malattie genetiche, anche quelle che fino a ieri erano localizzate in regioni del nostro genoma la cui sequenza era incompleta – spiega l’Università di Bari in una nota -.

Tali elementi sono essenziali per capire i contributi genetici a certe malattie e per usare la sequenza del genoma come parte di routine della cura clinica. Fra non molto, potremo avere la sequenza del nostro genoma nella nostra cartella clinica e utilizzare queste informazioni nella pratica clinica: dalla diagnosi di una malattia all’impiego di farmaci personalizzati, fino alla possibilità di pronosticare l’evoluzione del quadro clinico», prosegue l’ateneo barese.

«Utilizzando approcci multipli genomici e bioinformatici, i ricercatori hanno sequenziato interamente i cromosomi da un estremo all’altro, ovvero da telomero a telomero (Telomere-2-Telomere), colmando le lacune (gap) della sequenza precedente – spiega ancora l’Università -. I nuovi dati contengono non solo Dna altamente ripetuto, ma anche elementi relativamente poco noti del genoma umano, detti duplicazioni segmentali, che hanno un ruolo estremamente importante nella predisposizione a malattie genetiche e nell’evoluzione dei genomi».

Dall’ateneo barese sottolineano poi che «ora sappiamo che il 7% del genoma umano è composto da duplicazioni segmentali (mentre la stima precedente era del 5%) nelle quali si localizzano geni che, quando mutati, possono predisporre a malattie genetiche. Di questi geni, i ricercatori sono riusciti a ricostruire la sequenza completa e hanno scoperto come esista una variabilità nel numero di copie di questi tra individui diversi».

«Uno dei tanti esempi è il gene della lipoproteina A (LPA) e il suo dominio kringle IV altamente ripetuto. Le persone che hanno meno copie di questo dominio presentano un rischio più alto di sviluppare malattie cardiovascolari, soprattutto tra gli afroamericani – prosegue ancora la nota – La novità dello studio è data dall’affiancamento di tecnologie di sequenziamento innovative (come la Oxford Nanopore e la PacBio HiFi), che permettono di leggere lunghi tratti di Dna (reads), a tecnologie più classiche (come la Fluorescence In Situ Hybrdization Fish), essenziali per coadiuvare ed interpretare i dati di sequenza ottenuti da una linea cellulare speciale che ha due copie identiche di ogni cromosoma umano (mola idatiforme)», conclude la nota dell’ateneo di Bari.

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