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Giuseppe Boccuzzi segretario Csl Bari e lo stabilimento Bosch

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Giuseppe Boccuzzi lancia l’allarme snocciolando i numeri. «Abbiamo 50 mila disoccupati, di cui 24 mila donne, quanto il Friuli e l’Umbria messe assieme, mentre il tasso di occupazione è del 52 per cento, a Bologna, con una popolazione paragonabile, è del 72, venti punti in più». Il segretario Cisl di Bari questa mattina sarà in piazza Prefettura assieme a lavoratori e sindacalisti di Cgil e Uil per cercare risposte dalle istituzioni sulla catena di vertenze esplose sul territorio in questi ultimi giorni: Brsi, Hotel Palace, Bosch, ex Osram, solo per citarne alcune.

I numeri che ha elencato sono tutt’altro che confortanti
«Non sono gli unici e parliamo della provincia ritenuta la California del Sud. Possiamo immaginare in che condizioni sono le altre. Solo qui, nell’area metropolitana si contano 335 mila cittadini tra i 15 e i 64 anni inattivi, lavoratori a nero, o giovani che non compaiono nelle statistiche perché non cercano lavoro. Una madre su quattro perde il lavoro a distanza di due anni dalla nascita di un figlio, il 25 per cento. In questo territorio il commercio vede il 70 per cento delle assunzioni a tempo determinato, con lavoratori per lo più sottopagati grazie a contratti part time camuffati. Non a caso uno su due è un lavoratore povero. A questo si può aggiungere che 15 mila persone da Bari sono andate via dal 2014 al 2017, si sono trasferite al Nord. Le proiezioni prevedono che nel 2030 la città scenderà sotto a soglia dei 300 mila abitanti. L’ultimo piano regolatore, quello Quaroni, ne prevedeva il doppio. Di fronte a questo scenario non possiamo fa altro che lanciare un allarme di sistema, chiedere alla politica di fare il suo compito, in questi anni è invece mancata».

Cosa dovrebbe fare o avrebbe dovuto fare la politica?
“Organizzare tavoli di sistema, non quelli di crisi. Quelli arrivano a emergenza scoppiata. Oltre alla task force per l’occupazione, con un lavoro egregio svolto da Leo caroli, non c’è un punto di riferimento, una cabina di regia programmatica. Servirebbe un tavolo politico che assieme all’agenzia Puglia sviluppo sia pronta a presentare un pacchetto di strumenti, che ci sono nella realtà, ai potenziali investitori. Perché come nel caso di Brsi, Hotel Palace, o Baritech ex Osram, preso atto del disimpegno di queste imprese avremmo bisogno come territorio che fa sistema già di individuare nuovi investitori, informandoli su tutte le possibilità che ci sono, finanziamento per la formazione dei lavoratori, per la riconversione degli impianti. A questo serve una cabina di regia, Puglia sviluppo è in grado di sostenere l’investimento nella fase esecutiva. A noi servono invece dei procacciatori».

Eppure a novembre era stato siglato il protocollo d’intesa per un tavolo sulle politiche industriali con Comune, Città metropolitana, sindacati, Università, organizzazioni datoriali e centri di ricerca. Che fine ha fatto?
«Quando lo abbiamo firmato ero molto contento, perché sembrava andare per a direzione giusta. Erano anni che chiedevamo un tavolo permanente istituzionale e politico metropolitano per prevenire le crisi. A questo doveva servire. Ma dopo quell’intesa non è stato più convocato. Adesso ce ne sarebbe bisogno».

Si è parlato molto questi giorni di Brsi, Bosch ed ex Osram. A che punto è invece la questione dell’ex Om Carrelli?
«Lì si vive il paradosso della burocrazia. Dopo cinque anni di tentativi farlocchi di industrializzazione con le fantomatiche auto elettriche, con le nostre istituzioni prese in giro in maniera caricaturale, tra le foto della presentazione dei prototipi alla Fiera del Levante, nel 2018 è arrivato il progetto della Selektica per la raccolta e selezione dei materiali dei rifiuti. Abbiamo dovuto aspettare lo scorso novembre per il passaggio del capannone dal Comune di Modugno all’azienda. Un investimento di 15 milioni di euro con interventi agevolativi attraverso Puglia sviluppo e le commesse Ager e dei comuni della Città metropolitana. Da quel momento hanno cominciato a confutare il processo di realizzazione sul secondo livello del trattamento dei rifiuti. Sono stati richiesti i piani economici dopo che erano stati già presentati all’agenzia regionale. Poi è stato messo in dubbio l’accordo con i comuni. L’impresa è rimasta spiazzata, avrebbe potuto assorbire in diverse fasi 130 lavoratori che sono senza alcun sostegno al reddito. Ora non sappiamo come si comporterà l’azienda».

Per le altre vertenze, come Brsi o ex Osram, però, ci sono responsabilità imprenditoriali precise, non solo politiche.
«Certo, ma la politica può intervenire. In entrambi i casi i ministeri hanno delle commesse, di consulenza informatica per la prima e per la produzione delle mascherine la seconda. Per l’ex Osram, ad esempio, abbiamo chiesto un incontro al Mise, implorando, perché è di fatto l’unico committente. Non abbiamo ricevuto nessuna attenzione. E i nostri parlamentari non sono stati in grado di unirsi e far quadrato perché si riuscisse ad avere un’interlocuzione, così come per le altre vertenze».

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