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Il carcere della città, al centro dell’inchiesta che ha portato agli arresti di ieri

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TRANI – Guardie e ladri, stavolta, erano dalla stessa parte, quasi in affari, piccoli affari, ma ripetuti nel tempo, regolari tanto da consentire, per le prime, una sorta di “introito parallelo” allo stipendio, e per alcuni detenuti trattamenti di favore. In cambio di denaro, fino a 1.000 euro, o di “regali”, per lo più cellulari o computer, senza disdegnare generi alimentari, un gruppo di agenti di polizia penitenziaria del carcere di Trani, concedeva, durante il periodo del lockdown, la possibilità di colloqui in presenza, anche nel periodo in cui erano vietati, oppure in numero superiore a quelli consentiti, e favorivano, chi era d’accordo con loro, nella possibilità di effettuare videochiamate e nell’assegnazione dei lavori all’interno del carcere.

Per questo due agenti di polizia penitenziaria del carcere di Trani sono stati arrestati, uno è ai domiciliari, ma gli indagati, in totale, sono 29, ci sono altri quattro agenti e il resto sono detenuti e loro familiari, accusati, a vario titolo di corruzione, depistaggio, peculato, concussione e abuso d’ufficio.

«La polizia penitenziaria ha trovato al suo interno gli anticorpi per reagire rispetto a quello che stava accadendo – ha evidenziato ieri il procuratore di Trani, Renato Nitti, nella conferenza stampa, insieme ai pm Francesco Tosto e Francesco Aiello. A innescare l’indagine che ha portato all’operazione di ieri del Nucleo investigativo regionale di Bari della Polizia penitenziaria, infatti, a maggio dell’anno scorso, sono state proprio alcune segnalazioni di altrettanti agenti che si erano accorti di quello che accadeva e non hanno taciuto.

Di «Sistema criminale fondato su relazioni illecite stabili tra appartenenti al corpo di Polizia penitenziaria e detenuti – parla nella sua ordinanza il gip del tribunale di Trani Carmen Anna Lidia Corvino – svendendo la funzione pubblica per pochi soldi o beni di modesto valore». Proprio così, visto che, a seconda del rapporto col detenuto in questione e della sua “caratura”, hanno spiegato gli inquirenti, la moneta di scambio variava.

«Ti sono sincero come un fratello, io dagli altri mi sono preso da 500 a 200 euro, né da te e né da quello voglio neanche un centesimo – viene detto in una conversazione oggetto di intercettazione ambientale. Ma in altri casi erano andati bene anche prodotti ittici, di macelleria, lattine di olio a salire fino all’ IPhone. Insomma una situazione di «Sistematica violazione di regole all’interno della struttura carceraria – ha detto il procuratore Nitti il quale, però, ha escluso un collegamento diretto con l’evasione dei due detenuti, poi arrestati, alla fine di agosto scorso.

Su quanto accaduto è intervenuta la senatrice Bruna Piarulli, direttore uscente in aspettativa del carcere di Trani, che si è detta “allibita e sgomenta”. «Ho massima fiducia nella magistratura e confido che le indagini in corso facciano piena luce sui gravi indizi di colpevolezza proprio a tutela di coloro che ogni giorno lavorano con dedizione e sacrificio – ha aggiunto.

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