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LA Regione Puglia già ieri mattina, dopo il blitz della finanza in tutta Italia, ha innalzato i sistemi di protezione delle procedure informatiche per evitare che gli hacker possano riuscire ancora a rubare dati sensibili, codici e password. «Siamo intervenuti per potenziare la sicurezza», spiega il direttore del dipartimento Salute della Regione Puglia, Vito Montanaro, dopo che un’inchiesta della Procura di Napoli ha scoperto una compravendita di green pass falsi acquistati da oltre 120 persone, che non avevano mai ricevuto alcun vaccino né eseguito alcun tampone.

I certificati sarebbero stati creati aggirando i presidi di sicurezza informatica dei sistemi sanitari di Puglia, Campania, Lazio, Lombardia, Calabria e Veneto, attraverso intrusioni illegali. Le false certificazioni erano ottenute sfruttando i canali di accesso messi a disposizione delle farmacie per inserire i codici dei tamponi e dei vaccini effettuati e così generare il green pass.

«Allo stato attuale non ci risulta che siano stati acquistate green pass falsi in Puglia attraverso la sottrazione e utilizzo dei codici istituzionali messe a disposizione delle farmacie», sostiene il presidente dell’Ordine dei farmacisti di Bari e Bat, Luigi d’Ambrosio Lettieri. «Mi congratulo con la magistratura inquirente e le forze dell’ordine che hanno scoperto questo sistema illecito, le farmacie ovviamente erano del tutto ignare», conclude. In realtà sembra che almeno un caso di compravendita ci sia stato anche in Puglia, nella Bat.

Sfruttava i canali informatici delle farmacie l’organizzazione criminale, composta anche da raffinati hacker, capace di far generare green pass e super green pass illegali per i loro «clienti» direttamente dall’apposita piattaforma informatica del ministero. Certificati che sono già stati tutti disabilitati grazie alla collaborazione tra la polizia postale, la Procura di Napoli e il ministero della Salute. La postale, ieri, ha eseguito 40 perquisizioni e 67 sequestri preventivi disposti dal pool cyber crime dell’ufficio inquirente partenopeo guidato dal procuratore Giovanni Melillo.

Al momento sono 15 le persone ritenute dai pm partenopei appartenenti all’organizzazione criminale finiti nel registro degli indagati insieme con 67 loro clienti i quali, come emerso dagli accertamenti, con in mano il certificato illecito potevano andarsene in giro liberamente malgrado le restrizioni. I reati contestati ai membri della banda – composta da esperti informatici, presunti operatori tecnici e procacciatori di clienti – sono associazione a delinquere e, a vario titolo, accesso abusivo aggravato e falso ideologico.

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