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La sede centrale della Banca popolare di Bari

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BARI – Anche questa volta galeotta fu la copia dei cellulari. Ci riprova, rilancia e ribatte la Banca popolare di Bari, che dopo il coup de theatre di lunedì, anche ieri ha chiesto di uscire da un processo dove era stata chiamata come responsabile civile. E’ accaduto nella vicenda giudiziaria che riguarda il crac delle società del gruppo imprenditoriale Fusillo di Noci.

E come avvenuto lunedì nel processo agli ex amministratori dell’istituto di credito, Marco e Gianluca Jacobini, rispettivamente ex presidente ed ex codirettore, i legali dell’istituto di credito hanno eccepito il mancato rispetto del diritto di difesa, per non essere stati convocati in occasione di un accertamento irripetibile (la copia forense di alcuni telefoni) Ma se lunedì la procura, rappresentata dal pm Federico Perrone Capano, ha ritenuto corretta l’eccezione, non opponendosi, nell’udienza di ieri mattina il pm Lanfranco Marazia si è espresso negativamente.

E ha replicato sostenendo che nella fase delle indagini la Procura non può sapere se ci sarà e chi sarà il responsabile civile, esattamente come avvenuto nel filone principale.

«Sarebbe come – ha spiegato in sintesi il pm in aula facendo un paragone – se nelle indagini per morti sospette in ospedale o presunte colpe mediche si convocassero alle autopsie le aziende sanitarie, nella previsione che vengano in un eventuale processo citate come responsabili civili. Inoltre – ha spiegato – quell’accertamento sui telefoni non avrebbe sortito effetti in termini di prove poste a fondamento dell’accusa».

Sulla richiesta presentata lunedì il presidente della seconda sezione penale Marco Guida deciderà il 5 ottobre, tenendo anche in considerazione l’opposizione presentata dai legali di Jacobini, per i quali l’accertamento contestato non fosse irripetibile. Per loro, dunque, il tentativo della banca di uscire dal processo sarebbe così neutralizzato.

Ieri invece il tribunale, presieduto da Rosa Calia Di Pinto, nel processo per il crac Fusillo si è riservato e ha rinviato al 30 novembre, quando i giudici decideranno anche sulle richieste di costituzione delle parti civili: le società fallite Fimco e Maiora del gruppo Fusillo, la stessa Banca popolare di Bari e quattro azionisti.

Anche la curatela di una terza società, la Ambasciatori Immobiliare che è stata dichiarata fallita nei giorni scorsi dal tribunale di Bari, potrebbe chiedere di costituirsi parte civile. Nel processo per il crac Fusillo sono imputate per autoriciclaggio e bancarotta fraudolenta 14 persone, tra le quali gli stessi Marco e Gianluca Jacobini, otto imprenditori e altri ex dirigenti dell’istituto di credito, tra i quali l’ex amministratore delegato Giorgio Papa.

Secondo l’ipotesi accusatoria, con la complicità dei vertici della banca, gli imprenditori avrebbero dissipato i beni aziendali tramite cessioni di quote e immobili per almeno 93 milioni di euro fino al 2019, e accumulato debiti stimati in circa 430 milioni di euro.

In sostanza, l’istituto di credito barese sarebbe stato complice del fallimento delle società Fimco e Maiora del gruppo Fusillo, di fatto gestendo buona parte delle operazioni finanziarie che in un decennio hanno portato al fallimento.

E mentre i giudici valutano le istanze dei difensori della Banca del sud, migliaia di azionisti vivono con amarezza e preoccupazione quello che sta avvenendo nelle aule di tribunale.

Ieri mattina, qualche ora dopo la prima richiesta dell’istituto di sfilarsi dal processo al crac, si era diffusa la voce che gli azionisti non sarebbero stati rimborsati entro il 2021, come invece assicurato dall’amministratore delegato Giampiero Bergami. Un passa parola sicuramente generato da un malinteso, ma che esprime nella sua interezza i timori di migliaia di risparmiatori, piegati dal “sistema Banca Popolare”.

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