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Un medico al lavoro

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Buste paga decurtate e il caso finisce in Procura. I medici di famiglia pugliesi sono sul piede di guerra, sono almeno duemila quelli che aprendo il cedolino hanno avuto l’amara sorpresa: hanno trovato le decurtazioni fatte dalle Asl per diverse centinaia di euro, in alcuni casi persino oltre i mille euro. La vicenda ruota attorno ad un errore probabilmente informatico o di trascrizione, di cui però i medici non hanno colpe: in sostanza, centinaia di pazienti sarebbero rimasti iscritti nelle liste dei medici di famiglia, ma in realtà, nel frattempo, sarebbero morti o si sarebbero trasferiti altrove.

La Regione Puglia avrebbe continuato a pagare i medici per questi pazienti, ma adesso le Asl battono cassa imponendo ai medici la restituzione dei soldi. Le organizzazioni sindacali, però, contestano le modalità: «I distretti – accusa Donato Monopoli, segretario regionale della Fimmg – non hanno operato come previsto dalle norme e sono state addebitate somme per le quali il medico deve dare precisa autorizzazione e concordare, ammesso che la restituzione sia provata, la cifra da sottrarre mensilmente. Quanto accaduto non vede nostre responsabilità, vi è invece colpa di chi avrebbe dovuto vigilare e fare gli opportuni controlli. Siamo pronti a far valere i nostri diritti in ogni sede, penale e civile, c’è stata evidentemente una omissione di atti di ufficio. Sarebbe il caso di rimuovere i direttori generali e di distretti».

I sindacati, già ad agosto, avevano diffidato le Asl dall’effettuare le trattenute in busta paga, senza prima aver dimostrato ad ogni medico il motivo delle decurtazioni. Nicola Calabrese, segretario della Fimmg Bari, ha inviato una nota all’Asl Bari annunciando un esposto in Procura: «Devo purtroppo prendere atto – si legge – del fatto che la Asl Bari, nonostante la diffida già inviata ha proceduto a trattenere somme in danno dei singoli medici di medicina generale senza osservare le regole vigenti. Oltre ad essere, questo, un colpo definitivo sulla credibilità dell’Asl Bari, nonché sul rispetto dei principi di imparzialità e di buon andamento che ogni amministrazione è tenuta per legge ad assicurare, quanto accaduto è certamente un fatto grave che sarà segnalato alla Procura della Repubblica perché verifichi se vi siano reati e, nel caso, proceda contro gli autori o comunque contro tutti coloro che hanno contribuito, omettendo o commettendo, all’accaduto. I medici si opporranno in tutte le sedi legalmente preordinate alla loro tutela, in primis dinanzi al giudice del lavoro».

A sollevare la questione ad agosto era stata l’intersindacale medica composta da Cgil medici Puglia, Smi, Snami, Sim e Ugs, che aveva inviato un documento al governatore Michele Emiliano, all’assessore alla Sanità Pierluigi Lopalco e ai direttori delle Asl. L’intersindacale criticava le aziende sanitarie alle quali, a loro dire, spetterebbe il compito di aggiornare le liste. «Il problema inerente le liste di pazienti deceduti e/o trasferiti che – scrivevano già all’epoca i sindacati – non venendo gestito con perizia, diligenza ed efficienza dalla amministrazione pubblica, si riverbera sui medici di medicina generale i quali subiranno l’ennesimo pregiudizio economico per fatti e colpe imputabili ad altri soggetti.

È compito, infatti, delle amministrazioni come riportato nell’accordo collettivo nazionale, la tenuta degli elenchi con la puntuale cancellazione di deceduti e trasferiti in ordine anche ad un eventuale danno erariale per la stessa amministrazione regionale che riceve per queste persone dallo Stato una quota annuale. Tale danno economico si ripercuote, puntualmente, sui medici di famiglia ignari e assolutamente non responsabili di inefficienze amministrative».

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