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Una risonanza magnetica

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Poco più di 32 milioni, è questa la cifra che la Puglia riceverà dal governo per abbattere le liste di attesa post Covid. Non una somma astronomica, ma un gruzzoletto comunque utile per potenziare i servizi sanitari: serviranno, in parte, per acquistare prestazioni dagli ospedali privati, e poi per tenere aperti gli ambulatori e attivi i grandi macchinari (Tar, risonanze, Pet) almeno 12 ore al giorno e per pagare gli straordinari al personale nel pubblico. Il lavoro da fare non manca, basti pensare, un dato su tutti, che sono oltre 134mila gli interventi programmati in meno nel 2020 rispetto al 2019, 65mila durante il primo lockdown, da marzo a giugno, e 52mila da ottobre a dicembre dell’anno scorso.

Numeri record per la Puglia, solamente in Calabria si è registrata una contrazione delle operazioni chirurgiche maggiore: nel 2019 furono 477.648 gli interventi, nell’anno della pandemia Covid-19 solo 343.362, -28,1%. Interventi da recuperare. In tutto il 2020 rispetto all’anno prima, le prestazioni di specialistica sono diminuite del 28,1% e le visite di controllo del 22,5%. E’ l’eredità – parziale perché riguarda solo il 2020 – che l’emergenza sanitaria prodotta dal coronavirus lascia.

Anche nel settore oncologico, nonostante i servizi siano stati garantiti, in Puglia nel 2020, rispetto all’anno prima, sono stati effettuati oltre 45mila screening cervicali in meno (-52,6%); -44.833 screening mammografici (-48,7%); e circa 7.500 screening colorettale in meno. Quasi 100mila esami di prevenzione saltati in un anno e non si conosce ancora quanto l’emergenza sanitaria abbia inciso nel 2021 in termini di visite e controlli saltati. Senza calcolare tutti gli altri esami, dalla cardiologia alla pediatria e poi risonanze, Tac, visite. Insomma, davanti c’è l’Everest da scalare. La Puglia potrà contare su 32,8 milioni, una cifra che non accontenta del tutto del Regioni del Sud.

E’ un dato di fatto che le liste di attesa siano un problema che attanaglia principalmente il Mezzogiorno, altrimenti ogni anno 150mila meridionali non sarebbero costretti a cercare cure e assistenza negli ospedali di Veneto, Lombardia, Emilia Romagna o Toscana. Eppure, nel riparto dei 500 milioni stanziati dal governo proprio per l’abbattimento delle liste di attesa Covid nemmeno il 40% è destinato al Mezzogiorno. La linea «maestra» imposta dall’Europa per la distribuzione dei miliardi del Pnrr è già andata persa.

Al Sud, infatti, è destinato il 33,41% del fondo complessivo, tanto prevede il disegno di legge di Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024. Stando all’allegato 3 dell’articolo 94 del disegno di legge, la regione che potrà beneficiare della fetta maggiore del fondo per l’abbattimento delle liste di attesa sarà la Lombardia con il 16,78%, pari a 83,8 milioni, segue il Lazio con il 9,59% e 47.9 milioni. L’Emilia Romagna continuerà a incassare più soldi della Puglia: 37,7 milioni contro 32,8; cosi come il Piemonte che riceverà 36,8 milioni e il Veneto con i suoi 40,9 milioni.

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