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Settantadue sforamenti Bari e 78 a Barletta e Taranto e 88 a Brindisi. Ci sono anche quattro capoluoghi pugliesi tra le città italiane più a rischio per la diffusione dell’inquinamento da ozono, causa di malattie respiratorie come l’asma o cancro ai polmoni. In totale, sono sei i comuni pugliesi che, nel 2019, hanno superato nel corso dell’anno per oltre 70 giorni i limiti previsti dall’Organizzazione mondiale della sanità: oltre ai quattro capoluoghi, nell’elenco compaiono anche Grottaglie con ben 126 sforamenti, Arnesano con addirittura 131 superamenti. Aumentano, rispetto al 2015, ultima rilevazione, i cittadini esposti ai livelli dannosi di ozono, lo evidenzia uno studio della fondazione Openpolis.

«Quando sentiamo parlare di ozono – è scritto nell’approfondimento – siamo soliti pensare allo strato gassoso situato nella parte più alta dell’atmosfera terrestre. E ai danneggiamenti – il cosiddetto buco dell’ozono – che subisce per via delle emissioni di inquinanti sul pianeta. Ma questo gas esiste anche più in basso. Come spiega l’Oms, l’ozono si forma infatti anche a livello del suolo terrestre, per via della reazione ai raggi solari di inquinanti e composti organici volatili, originati da veicoli, industrie e solventi. Questo lo rende un gas serra, altamente inquinante, che contribuisce al surriscaldamento globale e quindi al cambiamento climatico.

Non solo, l’ozono rappresenta inoltre una minaccia alla salute dell’uomo, causando problemi respiratori, asma e malattie ai polmoni». L’Ispra ha stabilito, seguendo le linee guida dell’Oms, un indicatore che conta il numero di giorni in cui si registrano superamenti del limite di ozono nell’atmosfera, pari 100 μg/m3. Dati che vengono raccolti attraverso le stazioni di monitoraggio dell’aria situate principalmente nelle aree urbane.

Proprio attraverso i dati forniti da Ispra, Openpolis ha ricostruito le variazioni negli anni della popolazione urbana esposta a concentrazioni di ozono superiori a quelle raccomandate e quindi dannose per la salute. «Nei cinque anni osservati – si legge – gli abitanti esposti in Italia sono aumentati di circa un milione, passando da circa 16 milioni nel 2015 a oltre 17 nel 2019. Una crescita pressoché costante in questo arco di tempo, fatta eccezione per il 2017, che aveva rappresentato un miglioramento rispetto al 2016 Da sottolineare inoltre che tale crescita non è la conseguenza, come ci si potrebbe aspettare, di un aumento anche dei giorni di superamento del valore massimo di ozono (100 μg/m3).

Questi anzi sono diminuiti dal 2015 al 2019, passando da 92 a 77 giorni». I rischi per la salute dovuti a una concentrazione eccessiva di ozono nell’aria si aggravano anche a seconda di quanto spesso la presenza di tale gas supera il valore massimo. Osservando i dati da questa prospettiva, emerge che quasi la metà della popolazione che vive nelle aree urbane oggetto di rilevazione è stata esposta, nel 2019, a oltre 90 giorni di superamento del limite di ozono nell’aria. In Puglia sono sei i centri a maggiore rischio, tra questi Bari.

Nel complesso nazionale, le stazioni che registrano il maggior numero di giorni di superamento del limite di ozono sono concentrate tra Campania e Sicilia. Si tratta, tra le altre, delle aree urbane campane di Ariano Irpino – al primo posto con 225 superamenti – Avellino (156) e Caserta (153). E di quelle siciliane di Melilli (189), Enna (181) e Gela (160). «A differenza di molti altri inquinanti – sostiene Openpolis – l’ozono raggiunge le concentrazioni più alte in stazioni del Sud Italia invece che a Nord».

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