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Il presidente di Confindustria Puglia, Sergio Fontana

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«UN atto ignobile ma sono tranquillissimo perché ho avvertito immediatamente la presenza dello Stato. Dalla Procura di Trani alle forze dell’ordine, la reazione è stata rapida. Lo Stato c’è, e questo mi fa essere sereno. Dovrà esserlo meno, invece, chi si è reso protagonista di questo atto, credo senta già il fiato sul collo da parte degli inquirenti». La bomba di carta fatta esplodere davanti all’ingresso di Farmalabor, a Canosa di Puglia, ha certamente scalfito la saracinesca e parzialmente le mura della sede dell’azienda in via Piano San Giovanni, ma non di certo il morale e la voglia di andare avanti del titolare del centro studi e ricerche, Sergio Fontana, presidente di Confindustria Puglia. L’esplosione ha danneggiato una porta in vetro, le telecamere potrebbero aver ripreso l’attentatore.

Presidente, che idea si è fatto: una “ragazzata” di fine anno o una intimidazione?
«Non lo so, lo stabiliranno le indagini. Certo è che se si dovesse trattare di una ragazzata ci sarebbero andati giù pesante, perché la carica esplosiva era molto elevata. Però non voglio entrare nel merito del lavoro degli inquirenti, non è mio compito. L’unica cosa che voglio dire è che sono tranquillo e la mia serenità deriva dal fatto che sento la presenza e vicinanza dello Stato. La reazione è stata immediata, sono sicuro che si troverà il responsabile di questo atto ignobile e voglio ringraziare Procura e forze dell’ordine per il lavoro che stanno svolgendo».

Il suo 2022 non è iniziato nel migliore dei modi, ma anche quello della Puglia parte da una zavorra mica male: 49 crisi aziendali ereditate dal 2021. Che anno sarà secondo lei?
«Per un’analisi completa bisogna partire da una disanima almeno nazionale e, a mio avviso, ci sono tre problematiche e almeno altrettante incognite: evoluzione della pandemia Covid; costo dell’energia, perché per essere competitivi a livello internazionale il governo deve decidere cosa fare, su cosa puntare; e stabilità politica, a cominciare dall’elezione del presidente della Repubblica. Tre varianti che ovviamente influenzeranno anche l’economia pugliese».

Veniamo proprio alla Puglia, cosa serve e cosa manca per dare benzina alla ripresa dopo due anni difficili?
«Qui, fortunatamente, al di là di come la si pensi, la stabilità politica e governativa c’è e per le imprese è sempre un vantaggio. Però, non basta e a Emiliano chiedo subito di nominare un assessore alla Sanità a tempo pieno. Il bilancio della sanità pesa circa l’80% su quello generale, con l’emergenza Covid forse di più. Abbiamo bisogno di una persona che possa lavorare esclusivamente sulla sanità 24 ore su 24».

Si ricomincia, però, anche da 49 crisi aziendali, numeri da far tremare i polsi se si pensa che oltre 5mila posti di lavoro sono a rischio. Come si esce da questa situazione?
«Affrontandole con ottica diversa. Basta con gli aiuti di Stato a pioggia o con la cassa integrazione, servono progetti industriali seri e duraturi, occorrono piani industriali capaci di reggere sul mercato, altrimenti continueremo ad avere tante altre piccole Alitalia. Servono investitori che abbiano idee e voglia di investire seriamente, dobbiamo creare lavoro non precario ma qualificato».

A proposito di lavoro, nonostante il blocco dei licenziamenti anche in Puglia si sono persi posti ed è aumentata proprio la precarietà. Non le sembra il cane che si morde la coda?
«Lo statuto dei lavoratori risale ormai a 50 anni fa, è arrivato il momento di firmare un nuovo patto per il lavoro. Bisogna rivedere le politiche attive del lavoro, ad esempio, se le risorse del Reddito di cittadinanza, almeno in parte, fossero state destinate alle aziende come contributo per nuove assunzioni oggi avremmo più posti di lavoro. Ma penso anche a tanti lavoratori lasciati a casa, a fare nulla, in cassa integrazione anziché impegnarli nella formazione per aiutarli a rimettersi in gioco e rientrare. La pandemia, inoltre, ha creato un nuovo modo di lavorare che, però, ha bisogno di tutele e, quindi, di essere normato».

Quindi lei non è contrario allo smart working?
«No, non sono contrario va sicuramente va regolamentato».

La sua vicenda personale ci ricorda anche che la Puglia, come in resto del Paese e in particolare il Sud, deve fare i conti con il problema della delinquenza.
«E’ vero, in generale in Italia abbiamo bisogno di una maggiore presenza dello Stato. In Puglia per fortuna abbiamo Procure molto attente, ma soprattutto adesso che arriveranno dall’Europa ingenti somme occorre vigilare per far rispettare le regole, perché se qualcuno bara, se qualcuno delinque, se qualcuno chiede o accetta tangenti, a pagare è il tessuto economico sano, le imprese che fanno impresa con le proprie forze, nel rispetto delle leggi. Gli investimenti si attraggono se ci sono poche e chiari regole e se queste vengono fatte rispettare. Noi come Confindustria Puglia ci costituiamo in tutti i processi dove ci è possibile farlo proprio per dare un segnale chiaro e forte: servono regole chiare, certe e uguali per tutti. E tutti le devono rispettare. Io, ad esempio, sono contrario persino alla pace fiscale».

Lo ha accennato lei, stanno arrivando i soldi del Pnrr: è più contento o preoccupato?
«Sicuramente contento. Sono ottimista, sono convinto che con queste risorse finalmente riusciremo a ridurre il divario tra Nord e Sud del Paese. Bisogna spendere questi soldi, sono consapevole che non sarà facile, ma secondo me ce la faremo. Soprattutto se entreremo nell’ottica che il nuovo rinascimento deve partire dal Sud, il Mezzogiorno deve essere quello che è stato la Germania dell’Est per la Germania dell’Ovest dopo l’abbattimento del muro. Torno, però, a ripetere un concetto: servono controlli seri».

Capitolo pandemia, il Covid non sparirà certo per magia nel 2022: secondo lei in Puglia come è stata affrontata l’emergenza e cosa bisogna ancora fare?
«A mio avviso bisogna distinguere almeno due aspetti, quello sanitario e quello più prettamente economico. Parto da un presupposto: tutte le scelte fatte con coscienza in una fase di emergenza assoluta sono state scelte giuste. Con il sennò di poi è facile muovere critiche, certo si può sempre fare meglio ma in momenti complicati bisogna decidere in fretta e si può anche sbagliare. Ma se si è agito con coscienza, per me ogni scelta è rispettabile. Detto questo, apro una parentesi sull’ospedale Covid in Fiera del Levante: rispetto la decisione ma finita l’emergenza la Fiera torni a fare la Fiera. Sulla campagna vaccinale nulla da dire, d’altronde i numeri parlano: la Puglia credo abbia fatto benissimo, ha una delle più alte coperture. La Regione si è mossa bene, meglio di tante altre».

E come sostegno alle imprese?
«La Puglia è stata di gran lunga la Regione migliore, ma non lo dico io, lo dicono tutte le Confindustrie delle altre regioni.
Credo che di più non si potesse fare, grazie al nostro contributo è stata pensata una misura che ha fatto quello che andava fatto ovunque: dare liquidità alle aziende. Qui sono stati erogati 1,8 miliardi di euro, la migliore mossa in Italia».

Si parla di multinazionali interessate a investire in Puglia, può confermare questo scenario?
«Si, confermo che ci sono molte grandi aziende che stanno scegliendo la Puglia o stanno valutando. Penso a Deloitte, Ernst & Young, c’è la possibilità che arrivi Intel e ci sono altre trattative e confronti in corso. Solo per citarne qualcuna».

Di contro, però, c’è chi «fugge», delocalizza. Qual è la soluzione per «trattenerle»?
«In poche parole: finanza agevolata, sicurezza, posti accoglienti e belli, anche questo conta, infrastrutture. Lei cambierebbe mai un ristorante se mangia bene e paga il giusto prezzo? Non credo. Dobbiamo mettere queste aziende nelle condizioni di restare».

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