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Don Gigi Ciardo nella sua parrocchia a Alessano paese d’origine di don Tonino Bello.

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Crescere accanto a un uomo speciale, prima ancora che sacerdote, è già una esperienza unica. Se poi da giovanissimo discepolo, questo incontro segna anche le scelte di vita, allora si tratta di un dono che diventa ancora più profondo. Don Gigi Ciardo racconta così il suo incontro con Don Tonino Bello: «Sono stato suo discepolo da quando avevo 6 anni, ero chierichetto a Alessano e lui non era ancora sacerdote. Quando, in seguito, sono entrato in seminario – ricorda – lui era educatore a Ugento dove sono rimasto quattro anni. Don Tonino insegnava anche italiano, greco, latino e matematica al ginnasio e manteneva con ognuno di noi, che eravamo 60, un rapporto personale».

La capacità di individuare le potenzialità diventava così lo sprone per motivare i ragazzi. «Ognuno deve diventare se’ stesso, ci diceva. Ognuna delle nostre qualità secondo lui, ci era stata donata e per questo andava data anche agli altri. La sua è stata una straordinaria capacità di accompagnamento, di aiuto. Anche negli anni di formazione, che ho svolto con i gesuiti, quell’esperienza mi è servita molto. Con il tempo il nostro è diventato un rapporto tra fratelli e gli sono stato vicino nella sua nomina a Vescovo, quando io ero diventato parroco. L’offerta della messa che gli davo, nel periodo estivo che trascorreva a Alessano, finiva già nel percorso fra la chiesa e la sua abitazione. In pochi passi – racconta ancora don Gigi – finiva tutto.

Un giorno gli dissi: ’Qualcuno ne approfitta. Lui mi rispose: ‘Meglio che su dieci persone, nove approfittino, piuttosto che una sola di queste dieci vada via senza niente». Il legame fra i due non si interruppe mai anche nel momento più importante della vita ecclesiastica di don Tonino Bello. «Quando divenne Vescovo, il 3 settembre 1982, riunii il Consiglio pastorale a cui spiegai che don Tonino non aveva nulla, era povero. Almeno regaliamogli il pastorale e la croce pettorale, proposi allora. Il professor Fernando Campanile si offrì di realizzarlo in legno d’ulivo. Sospesi la seduta e andai a casa sua per chiedergli se questo gesto avesse potuto fargli piacere.

‘Mi avete colto nel segno – disse. E lui li usò sempre». Quale dono di Don Tonino Bello porta invece con sé, oggi don Gigi Ciardo? «Lui era un uomo innamorato di Gesù e degli uomini, degli ultimi. Mi ha insegnato a non lasciarmi mai fagocitare, né prendere dal ruolo, dalla scrivania. Bisogna saper guardare il fratello nel volto con rispetto per condividere la sua storia da pari a pari».

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