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POTENZA – Avrebbe ucciso Donato Abruzzese «per futili motivi» e in stile mafioso l’ex boxeur Dorino Stefanutti, in carcere da maggio per l’omicidio dell’ “amico” imprenditore specializzato nella rivendita di videopoker. E’ quanto sostiene il pm della Direzione distrettuale antimafia Francesco Basentini che lo scorso 30 novembre ha chiesto il rinvio a giudizio del 54enne potentino reo confesso dell’omicidio considerato lo storico braccio destro del boss Renato Martorano (in carcere a regime di 41bis per usura ed estorsione aggravate dal metodo mafioso).

Stefanutti dovrà presentarsi davanti al gup Rosa Larocca il prossimo 21 novembre con l’accusa di omicidio pluriaggravato proprio dai futili motivi e dal metodo mafioso, porto d’armi illegale, e minacce nei confronti dei due testimoni chiave dell’inchiesta: un amico della vittima che ha assistito alla sparatoria e ha consegnato le pistole alla polizia, e una collaboratrice sempre di Abruzzese che ha raccontato gli interessi in comune con l’“amico” Stefanutti- anche nel settore dei videopoker – e i contrasti nati negli ultimi tempi.

Dal canto suo l’ex pugile sostiene di aver sparato per legittima difesa dopo che Abruzzese l’aveva “convocato” per un chiarimento su una questione di “comparaggi”. In altri termini il rifiuto che lui gli avrebbe opposto qualche ora prima in un noto ristorante di Potenza, dove avevano trascorso la serata assieme, di fare da padrino per la comunione a uno dei figli. L’appuntamento sarebbe stato dalle parti della stazione superiore di Potenza, ma non trovando nessuno Stefanutti si sarebbe presentato sotto il suo appartamento in via Parigi, a monte del quartiere di Poggio Tre Galli. Quindi una volta arrivato sul posto avrebbe notato un amico di Abruzzese con una pistola in mano, e lo avrebbe disarmato mentre veniva bersagliato di colpi dal padrone di casa appena sceso dalle scale. A quel punto Stefanutti avrebbe risposto al fuoco nonostante una ferita alla coscia sparando più o meno all’impazzata e subito dopo sarebbe scappato via trovando rifugio per cinque  giorni da persone di cui non ha voluto rivelare l’identità prima di decidere di consegnarsi alla polizia.

Di tutt’altro tenore la ricostruzione degli investigatori, forti anche del fatto che l’ex pugile avrebbe “dimenticato” una pistola, dal momento che quelle consegnate alla polizia sono state 3, come pure 3 sono i tipi di proiettili rinvenuti dalla scientifica sul luogo del delitto. In sostanza secondo l’accusa Stefanutti sarebbe arrivato già armato sotto casa della vittima e con tutte le peggiori intenzioni. Poi piuttosto che scappare alla vista delle altre pistole avrebbe ingaggiato una sparatoria con Abruzzese e l’amico, che con ogni probabilità  era armato a sua volta, colpendo jl bersaglio ben 5 volte, di cui una molto ravvicinata. Quasi un colpo di grazia.

Per far luce proprio sulla questione delle armi in realtà – nonostante l’avvio del processo – il lavoro degli inquirenti prosegue. Dopo i rilievi a caccia di tracce di Dna all’interno delle pistole, che si sono svolti a metà settembre nei laboratori della direzione centrale della polizia scientifica di Roma, è stato già fissato un nuovo appuntamento con la difesa di Stefanutti, rapresentata dall’avvocato Rita Di Ciommo. Lunedì 21 ottobre, infatti, sono previsti nuovi accertamenti irripetibili sui reperti del caso, questa volta a caccia di polvere da sparo. Anche per stabilire una volta per tutte in quanti abbiano sparato la notte dello scorso 29 aprile.

l.amato@luedi.it

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