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Il discorso da leader europeo in Belgio di Mario Draghi parla di un’Europa focalizzata su cose sbagliate e annuncia dei cambiamenti radicali


È “qualcosa di più” il discorso sulla competitività dell’Europa che Mario Draghi ha tenuto a La Hulpe alla conferenza di alto livello sul pilastro europeo dei diritti sociali organizzata dalla presidenza di turno Ue del Belgio. È qualcosa di più perché l’ex premier ed ex governatore della Bce interviene a poche settimane dalle elezioni europee, con un sicuro impatto sul voto di giugno. Sembra voler colmare un vuoto di leadership, visto che l’attuale presidente della Commissione, von der Leyen, non sembra navigare in buone acque e la presidente del Parlamento, Roberto Metsola, non appare così strutturata. Per non parlare delle altre candidature riportate in questi giorni dalle cronache.

UNA UE MAI PIÙ COME PRIMA

Non è dato sapere se tutto questo faccia da apripista al profilo dell’ex governatore della Bce alla guida della Commissione. Non è certo un caso che Emmanuel Macron stia pensando da settimane a Mr. Draghi per la guida della Ue. E non sono certo un caso i bisbiglii di queste ore che prefigurano un futuro europeo per l’ex presidente del Consiglio.
«È il profilo più autorevole che abbiamo» è la tesi. Anche perché, sostiene Osvaldo Napoli di Azione, «con le sue parole Draghi ha scosso un’Europa più smarrita che impaurita e ha chiesto ai 27 Paesi di accelerare verso l’unità politica per affrontare il mare agitato di questo tempo».
Da questa posizione di autorevolezza e forza l’ex presidente del Consiglio traccia le direttrici della nuova Ue invocando un «cambiamento radicale».

«Abbiamo bisogno di un’Unione europea che sia adatta al mondo di oggi e di domani. Quello che proporrò nel mio report è un cambiamento radicale: questo è ciò di cui abbiamo bisogno». Come dire: non ci sono strade diverse se non quella dell’unità fra Paesi impauriti e fragili.
E ancora: «Credo che la coesione politica della nostra Unione richieda che agiamo insieme, possibilmente sempre. Dobbiamo essere coscienti che la coesione politica è minacciata dai cambiamenti del resto del mondo. Ripristinare la nostra competitività non è qualcosa che possiamo ottenere da soli o gareggiando a vicenda. Ci impone di agire come Unione europea in un modo che non abbiamo mai fatto prima».

Draghi propugna un modello di Europa unita che abbia una strategia comune, a partire dal settore industriale: «Non abbiamo mai avuto una strategia industriale Ue per rispondere a Stati Uniti e Cina e, nonostante le iniziative positive in corso, manca ancora una strategia globale su come rispondere in molteplici settori».

«CI MANCA UNA STRATEGIA»

Le politiche di potenze come Pechino e Washington «sono progettate per reindirizzare gli investimenti verso le loro economie a scapito delle nostre o, nel caso peggiore, sono progettate per renderci permanentemente dipendenti da loro», evidenzia Draghi, citando l’esempio di Pechino sulle tecnologie verdi e la politica industriale «su larga scala» degli Stati Uniti «per attrarre capacità manifatturiere nazionali di alto valore all’interno dei propri confini, compresa quella delle aziende europee», dispiegando «il proprio potere geopolitico per riorientare e proteggere le catene di approvvigionamento».
Draghi sottolinea poi che «ci manca una strategia su come proteggere le nostre industrie tradizionali dal terreno di gioco globale ineguale».

Una risposta ci dovrà essere, a partire dalle questioni economiche. «Per assicurare coerenza tra i diversi strumenti politici, dobbiamo essere in grado di sviluppare un nuovo strumento strategico per il coordinamento delle politiche economiche. E se arriviamo alla conclusione che non è fattibile, in alcuni casi specifici dovremmo essere pronti a considerare di andare avanti con un sottogruppo di Stati, per esempio per andare avanti sull’Unione dei mercati capitali per mobilitare investimenti», dice l’ex premier, precisando tuttavia che «come regola» la Ue è chiamata ad «agire insieme».

Tutto questo si inserisce in una giornata in cui parla anche Sergio Mattarella. Il Capo dello Stato interviene alla cerimonia di intitolazione del Consiglio superiore della magistratura a Vittorio Bachelet.

MATTARELLA AL CSM

Richiamando la figura di Bachelet, Mattarella sottolinea che «il Csm è chiamato all’impegno di contribuire ad assicurare la massima credibilità alla magistratura, con decisioni sempre assunte con senso delle istituzioni. I nostri concittadini chiedono una giustizia trasparente ed efficiente. Al Csm la Costituzione affida il compito di dare concretezza all’indipendenza della giurisdizione, come valore irrinunciabile della nostra democrazia».
Il capo dello Stato ricorda che Bachelet, ucciso dalle Brigate rosse nel 1980, «rappresentava le istituzioni che contrastavano con determinazione la violenza terroristica utilizzando soltanto gli strumenti costituzionali e, insieme, esprimeva un profondo senso della comunità per la coesione sociale. Questi due elementi – la Costituzione e il senso di comunità per la coesione sociale – hanno sempre sconfitto i tentativi di lacerazione della società e di disarticolazione delle sue istituzioni».

IL MONITO ALLA POLITICA

Dopodiché Mattarella sembra rivolgersi alle forze politiche: «Nella sua azione Bachelet era guidato dalla convinzione che, nonostante tutte le difficoltà, fosse possibile ricomporre le divisioni, mettendo da parte gli interessi particolari e recuperando così il senso più alto della politica al servizio delle istituzioni».

Un intervento che fa il paio con quello di Mario Draghi. L’ascesa dell’ex governatore a capo della Commissione Ue non è più solo un’ipotesi. E il presidente del Senato Ignazio La Russa ammette: «Non ho letto il suo intervento, lui sicuramente ha i titoli per ambire a qualsiasi ruolo». Qualcosa si muove, insomma.


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