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Bruxelles, 18 apr. (askanews) – Il rapporto sul futuro del mercato unico europeo, che l’ex premier italiano Enrico Letta ha presentato oggi ai capi di Stato e di governo dell’Ue durante il Consiglio europeo di Bruxelles, “non è una Bibbia, ma una cassetta degli attrezzi (‘tool box’)”, con diversi strumenti che si può scegliere di usare, alcuni immediatamente, mentre per altri ci vorrà più tempo, per affrontare i problemi e rispondere ai bisogni di un’economia europea che sta restando indietro sempre di più rispetto ai suoi diretti concorrenti globali, gli Usa e la Cina.

Lo ha detto lo stesso Letta ai leader dei Ventisette durante la presentazione del rapporto, ritrasmessa online dal canale audiovisivo europeo Ebs. Ed è proprio questa la “diagnosi” del rapporto: “Il rischio di un divario (‘décrochage, sganciamento, ndr), un ‘gap’ che sta aumentando, in particolare tra l’Ue e gli Stati Uniti, e che nella prossima legislatura europea dovremo cercare di colmare in molti settori”, ha sottolineato l’ex premier italiano.

Letta ha dato un titolo, “Molto più di un mercato”, che, ha spiegato, significa che è “la vita dei cittadini ad essere al centro di tutti”, e richiama le idee del “grande leader” Jacques Delors, scomparso alla fine del 2023, che guidò la Commissione europea dal 1985 al 1995, e che “inventò” il mercato unico, fissando l’obiettivo della sua realizzazione entro il 1993, e proponendo negli anni precedenti tutta la legislazione necessaria per abbattere le barriere che lo impedivano.

Quando la grande impresa di Delors fu lanciata, ha ricordato Letta, gli Stati membri decisero di lasciare fuori tre settori, gli “avanzi” (“leftover”) del mercato unico: telecomunicazioni, energia e mercati finanziari. Era un’altra epoca: “C’era ancora l’Unione Sovietica, la Germania non era stata riunificata, l’Ue aveva meno della metà degli Stati membri di oggi, e si chiamava Comunità europea, e la Cina e l’India insieme rappresentavano mendo del 5% dell’economia mondiale. Questo era il mondo allora, ma oggi c’è un nuovo mondo e ci sono nuovi bisogni”, in particolare nei tre settori indicati, ha rilevato l’ex premier italiano, aggiungendo che bisogna vedere “come finanziare questi bisogni”.

“Io non propongo cambiamenti dei Trattati Ue. Voglio essere chiaro su questo, perché so molto bene che oggi significherebbe non essere molto concreti, o non essere in grado di agire immediatamente. Naturalmente – ha precisato Letta – non significa che io stia dicendo che non c’è bisogno di modifiche dei Trattati, anzi, penso che potremmo averne bisogno. Ma in questo rapporto troverete delle soluzioni pragmatiche, con una visione, ma pragmatiche”.

Per quanto riguarda le telecomunicazioni, il rapporto punta il dito sulla frammentazione del mercato europeo in cui “ci sono più di 100 operatori”, e ricorda che “la rivoluzione tecnologica oggi non è europea”, mentre lo era stata negli anni ’80 e ’90. “Ho visitato – ha riferito Letta – gli impianti della Ericsson e della Nokia a Stoccolma e a Helsinki. Ma è chiaro che oggi dobbiamo rilanciare il settore, ed è chiaro che l’economia di scala qui conta, anche se i consumatori devono essere protetti”.

Il secondo settore è quello dell’energia. “Abbiamo bisogno di una Unione dell’energia. Ho concentrato la mia attenzione sul bisogno di infrastrutture. E’ come per le ferrovie ad alta velocità: ce le abbiamo in ogni paese, ma non sono connesse tra loro”, tranne che per l’asse Parigi-Bruxelles-Amsterdam. “Dovremo lavorare a questo”, ha spiegato Letta, che all’inizio della sua presentazione aveva puntato il dito proprio sulla mancanza di treni ad alta velocità tra le grandi città europee, tanto da costringerlo a prendere l’aereo per effettuare le sue consultazioni in tutti gli Stati membri. E aveva proposto un piano europeo per creare questo collegamento tra le capitali.
Sui mercati finanziari, l’ex premier italiano ha lamentato che “noi ci dividiamo le briciole, mentre è negli Stati Uniti il grosso” del business. L’autore del rapporto propone un cambiamento importante al progetto di Unione dei mercati dei capitali, che da molti anni non si riesce a realizzare, nonostante qualche recente progresso, a causa della mancanza di volontà politica da parte di alcuni Stati membri (Irlanda, Lussemburgo, Olanda, ma anche Germania e altri). Letta propone di ribattezzare il progetto ‘Unione del risparmio e degli investimenti’, con “l’idea di legare l’unificazione del mercato non alla finanza per la finanza, ma al finanziamento di ‘beni comuni’ europei. Se non troviamo finanziamenti privati per questi beni comuni, il loro finanziamento non potrà che essere pubblico”, ha avvertito.

“Abbiamo bisogno di organizzare un equilibrato insieme di strumenti che ci aiuti a finanziare la transizione verde e digitale, la difesa, l’ampliamento dell’Ue”. Tutte cose “cruciali”, per le quali bisognerà “mettere insieme un set di interventi con fondi privati, pubblici, nazionali ed europei. Se saremo capaci di mettere insieme questo insieme di strumenti, saremo in grado di dare le risposte necessarie”, ha indicato l’ex premier. E ha aggiunto: “Durante le mie consultazioni negli Stati membri mi hanno chiesto: chi pagherà per tutto questo? E molti mi hanno detto: noi non paghiamo, ci vuole una soluzione comune”.

Letta ha poi parlato della necessità di consentire alle piccole e medie imprese di trarre vantaggio al massimo dal mercato unico, cosa che “oggi non fanno, a causa della sua frammentazione e altre difficoltà”. Il mercato unico “deve essere per tutti”, ma “finora è stato più per le grandi imprese che per le Pmi”, ha insistito. “La mia proposta – ha spiegato – è l’idea di un ‘ventottesimo regime’ giuridico e di diritto societario, e anche per altri aspetti, che costituisca una sorta di ‘passepartout’ europeo per le Pmi. Credo che sia una buona idea per aiutarle”.

Il concetto inglese di “ventottesimo regime” si riferisce a un quadro giuridico europeo che non sostituisce, ma si affianca ai quadri giuridici nazionali dei 27 Stati membri, con la possibilità di “opt in” per le imprese, ovvero di sottoporsi al regime giuridico europeo, traendone tutti i vantaggi.

Letta, infine, ha proposto un “Fondo per la solidarietà e l’allargamento” (“Solidarity and Enlargement Facility), e questo per “una semplice ragione: visitando tutti gli Stati membri ho avuto l’impressione che l’ampliamento” dell’Ue a nuovi Stati membri “stia creando preoccupazioni riguardo alla possibilità di perdere i benefici della politica agricola comune e delle politiche di coesione. Dobbiamo evitare che questo processo renda l’allargamento impopolare”. Per questo, ha detto, “bisognerà accompagnarlo con un fondo che possa aiutare i beneficiari netti di oggi” delle politiche comunitarie. “Penso che sia un punto molto importante”.

A questo punto, l’ex premier italiano ha ricordato che l’ultimo rapporto Ue sul mercato unico fu affidato nel 2010 al suo predecessore e amico Mario Monti. “Nel mio rapporto, io ho ripreso alcuni dei suoi temi. Questo significa, 14 anni dopo, che non siamo riusciti a risolvere alcune questioni da lui sollevate, che sono ancora là. Per questo penso che sia importante agire ora, e questo senso di urgenza è in ogno pagina del rapporto”, ha concluso Letta.

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