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POTENZA – Oggi doveva essere il giorno dello sciopero di due ore dei lavoratori dell’indotto Eni di Viggiano, sciopero poi revocato il giorno dopo dell’annuncio da parte delle tre sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil per il sopraggiunto accordo relativo alla questione dell’aumento degli orari di lavoro per creare una linea a ciclo continuo, forse in relazione all’apertura della quinta linea del centro oli di Viggiano. Le speculazioni per il sopraggiunto accordo ci sono: l’intensificazione della produzione, come annunciato con tanto di aumento della turnazione di 12 ore, non ci sarà? Oppure sono previste nuove assunzioni?

Questo è solo uno dei problemi, i sindacati in questo momento stanno portando avanti la battaglia per cercare un accordo che possa equiparare i compensi dei lavoratori dell’indotto con quelli del centro oli e poi c’è da mettere in campo tutta una serie di tavoli per ridiscutere la questione sicurezza. Il 13 gennaio quella fiammata ha fatto capire molte cose: è vero che si è trattato di un errore umano di un addetto esterno alla struttura, ma è anche vero che occorre potenziare le misure di sicurezza, così come ribadito anche nella relazione del ministero dello Sviluppo Economico all’indomani dell’indagine svolta per constatare le cause del blocco della linea del 13 gennaio scorso. L’accusa, quindi, resta ancora una ferita aperta, soprattutto per quel «mancato confronto in tema di sicurezza sul lavoro. Confronto – dicono i sindacati – che non può più essere rimandato a data da destinarsi».

E ieri è arrivata una replica della società del cane a sei zampe che sostanzialmente mette punto per punto i problemi relativi allla questione. «Nel 2013 – scrive Eni – si sono tenuti 12 incontri presso Confindustria Basilicata che hanno portato alla sottoscrizione di quattro verbali di accordo, permettendo la ricollocazione del 96% dei lavoratori interessati da cambi d’appalto».

La compagnia petrolifera, inoltre, «ribadisce il proprio impegno costante e continuativo sulle tematiche relative alla salute dei lavoratori che ha portato a risultati di eccellenza: all’interno dei propri siti operativi il medesimo livello di sicurezza è garantito per tutti i lavoratori, diretti e indiretti. Tale impegno ha consentito di ridurre di 10 volte, dal 2009 al 2013, il numero di infortuni per milione di ore lavorate da dipendenti e contrattisti presso Distretto Meridionale Eni».

«Sin dal 2008 – è scritto nel comunicato – con la decisione di collocare il Distretto Meridionale in Val d’Agri, ha dato un forte impulso alle attività dell’indotto dimostrando il proprio impegno verso il territorio in cui opera. Con la sottoscrizione del Protocollo del 5 Ottobre 2012, Eni ha rafforzato le iniziative di sostegno all’economia locale ,impegnandosi a massimizzare, nel rispetto delle normative vigenti, la partecipazione delle aziende locali a gare regionali e locali. Nel 2013 Eni ha agevolato l’applicazione dell’Asse 5 del medesimo Protocollo in tema di cambi d’appalto, contribuendo al mantenimento dei livelli occupazionali di lavoratori lucani nelle aziende aggiudicatarie dei contratti come confermato dalle organizzazioni sindacali».

Poi la “doccia fredda”: «sulle rivendicazioni salariali delle organizzazioni sindacali relativamente ai dipendenti delle aziende dell’indotto», l’Eni, «non avendo alcuna titolarità circa i rapporti di lavoro oggetto di confronto, conferma la propria impossibilità a partecipare ad eventuali trattative».

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