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POTENZA – «Il clan Martorano-Stefanutti esiste ancora, come è sempre esistito». Inizia così uno degli stralci con le accuse di Natale Stefanutti trascritte nell’ordinanza di arresti per Donato Lorusso (42), ai domiciliari da mercoledì per estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Parole pronunciate il 12 novembre dell’anno scorso quando il 32enne potentino, si è presentato di fronte agli inquirenti dell’antimafia lucana «mosso dall’intenzione di affrancarsi dal passato criminale del padre e dai contesti illeciti da lui gestiti».

«Mio padre è referente del clan, nonostante attualmente detenuto», ha spiegato il figlio del 55enne pluripregiudicato Dorino (in carcere dal 2013 per l’omicidio di Donato Abbruzzese). Aggiungendo di temere per la sua incolumità se si fosse saputo che stava parlando con loro.

Poi ha elencato i nomi dei componenti del clan, a cominciare dal «compare di cresima» Lorusso, che nell’ultimo periodo avrebbe iniziato a «pavoneggiarsi, nel senso di sostenere di essere lui al comando, che tutti devono fare riferimento a lui».
Stefanutti ha “offerto” agli investigatori, guidati dal procuratore Luigi Gay e dall’aggiunto Francesco Basentini, «un documento che contiene la formula di giuramento per poter essere affiliati al clan, con indicate tutte le famiglie (…) dal 2007 al 2014». A riprova delle sue parole.

E a distanza di qualche mese l’avrebbe anche consegnato, in fotografia, dopo essere entrato a casa di Lorusso e aver scattato un’istantanea col telefonino approfittando della sua assenza.

Agli atti dell’inchiesta partita dalle sue dichiarazioni sono finiti anche «alcuni fotogrammi riproducenti momenti conviviali tra Lorusso e il noto Ernesto Grande Aracri»: fratello di Nicolino alias “mano di gomma”, e arrestato a gennaio dall’antimafia di Bologna nell’ambito di un’indagine sugli affari della potente ‘ndrina di Cutro in Emilia Romagna.

«Tale Salvatore, genero di Grande Aracri, è venuto di recente a Potenza». Ha aggiunto Stefanutti. «Prendendo contatti con Donato Lorusso, che lo ha accompagnato pure nelle zone di Foggia per incontrare delle persone del nord da cui avrebbe dovuto ricevere del denaro per conto del suocero».

Dopo l’ultimo blitz della Dda bolognese, i rapporti si sarebbero congelati, perché dalle indagini erano emersi «contatti con un soggetto detto “il cinese”», ma rimasto ancora nell’ombra. Fatto sta che da allora a Lorusso sarebbe stato «sconsigliato» di farsi vedere in Calabria, dove sarebbe stato “di casa” da un «tale Gentile, cognato di Pasquale Manfredi» (alias “scarface”), considerato tra i massimi esponenti della ‘ndrina Nicosia-Manfredi di Isola Capo Rizzuto, sempre nel crotonese, vicina ai Grande Aracri non solo in senso geografico.
Proprio Manfredi, che è accusato anche di alcuni omicidi eclatanti come quello del boss rivale Carmine Arena (trucidato da un colpo di bazooka nel 2004 nonostante l’auto blindata), sarebbe stato l’autore del documento con «i riti, le cariche e l’organigramma delle ‘ndrine di Calabria» fotografato a casa di Lorusso. In più oggi è detenuto nel carcere di Melfi, assieme tra gli altri anche a Stefanutti padre. Di qui l’esigenza di una staffetta fidata col suo paese, grazie all’aiuto di «un tale don Giovanni, che fa il sacrestano per la Polizia di Stato o per la Polizia penitenziaria, e che porta informazioni a Lorusso».

Ma a parte le questioni logistiche, quali sarebbero stati gli affari in comune tra il gotha della ‘ndrangheta crotonese e il vecchio clan Martorano? Droga e racket, stando a quanto ha dichiarato il giovane figlio pentito dell’ex boxeur potentino. Con un occhio particolare ai grandi appaltatori pubblici, come la ditta di un altro crotonese doc, Giovanni Vrenna (fratello del patron e presidente della locale squadra di calcio Raffaele), vincitrice della gara da 5 milioni per le aziende sanitarie lucane. E non solo.
Infatti tra gli imprenditori sotto estorsione del clan ci sarebbe anche la Kuadra del napoletano Massimo Alemagna, che gestisce il megappalto quinquennale da 28milioni di euro per le pulizie all’ospedale San Carlo di Potenza, e «in cambio di protezione» pagherebbe «circa 60mila euro all’anno».

In più avrebbe «provveduto a pagare un avvocato, che difende anche alcuni componenti del clan Grande Aracri».

D’altronde chi ha presentato Lorusso alla Salvaguardia ambientale spa dei Vrenna è stato proprio «il referente in Basilicata» della Kuadra, Giovanni Tancredi, potentino e indagato a piede libero.

Il clan avrebbe avuto anche un “addetto ai lavori” per sapere da quali imprese andare a bussare.
Agli investigatori Natale Stefanutti ha fatto il nome di «Francesco Bonelli», già emerso in altre inchieste sui rapporti tra Martorano con l’impresa di costruzioni di Giovanni Basentini. Un affiliato col compito di indicare le «ditte di fuori che lavorano a Potenza», ha dichiarato il giovane testimone di giustizia.

«Lorusso appresa l’informazione da Bonelli, si reca dalle ditte in questione per fare l’estorsione». Quindi smista i soldi tra le famiglie dei detenuti, inclusi alcuni ex del disciolto clan dei basilischi.

Per anni sono stati nemici, ma oggi nel capoluogo lucano gli equilibri criminali sembrano tornati quelli di un tempo.

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