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Matteo Salvini

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LA LEGA vorrebbe premere sull’acceleratore, Forza Italia frenare, FdI mediare anche se in molti nell’entourage di Giorgia avrebbero una gran voglia di sabotare la legge e mandare tutto all’aria: è il cammino dello Spacca-Italia. Matteo Salvini mette le mani avanti: “Un giorno prima o un giorno dopo non ha importanza”, ora dice. E aggiunge: “L’autonomia differenziata è arrivata finalmente in Parlamento per l’approvazione finale, entro l’estate sarà legge e farà bene a tutto il Paese”. Frasi pronunciate in diretta su Telelombardia. A domicilio, dunque. Mentre, quasi in contemporanea, il governatore del Pirellone, Attilio Fontana diceva all’incirca la stessa cosa prefigurando “una strada più lunga ma rispettosa”. Parole dette a nuora perché suocera intenda. Nella fattispecie sussurrate al ministro alle Riforme Roberto Calderoli, l’unico a credere ancora che il suo disegno diabolico si possa realizzare entro la data fatidica dell’8 giugno, giorno in cui gli scrutatori apriranno le urne per le elezioni europee.

Insomma: non siamo “all’indietro tutta” ma ad una ritirata strategica nella speranza di portare l’affondo prima che il Parlamento chiuda bottega e vada in vacanza. E’ una sfida in surplace tra velocisti. Ognuno aspetta che l’altro faccia la prima mossa. Far slittare l’approvazione dell’autonomia differenzia e farla approvare con il fotofinish sminerebbe i possibili agguati che ci potrebbero essere in Senato. Non mettere a rischio l’approvazione del Premieriato. Il vero oggetto del desiderio di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia, una riforma costituzionale che va presidiata e che senza il sostegno forte degli alleati non andrà mai in porto. Già così è attaccabile da tutti i lati, figuriamoci se a sparare contro anche il fuoco amico. Oggi si terrà la Conferenza dei capigruppo alla Camera e si capirà che strada si vuole prendere. Interpretando le parole di Salvini e Fontana non ci dovrebbero però essere sorprese.

La moral suasion del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il suo invito a non “separare il Sud dal Nord”, è molto eloquente. Musica per le orecchie della Meloni che in questo modo può rallentare l’iter del provvedimento, prendere tempo, togliere dalla campagna elettorale un tema urticante per il suo partito, una partito nato sotto il segno del centralismo. La svolta regionalista fa parte di una strategia spartitoria: A Forza Italia la riforma della Magistratura, a Fratelli d’Italia il Premierato e alla Lega lo Spacca-Italia. L’autonomia un tanto al chilo insomma. Poco meno di baratto, dunque, sulla pelle del Mezzogiorno. Non tutte le ciambelle riescono però con il buco. Quella che prima sembrava una strada spianata si è fatta in salita e ha spinto a miti consigli Salvini e company. C’ è il timore di cadere in qualche imboscata. Non è un mistero infatti che alcuni deputati di Forza Italia avrebbero voluto già in Commissione Affari Costituzionali presentare un emendamento per correggere il disegno di legge. Una volta approvato lo avrebbe rispedito in Senato allungando i tempi. Ma il Veneto freme. E Luca Zaia non ha gradito lo stop and go. Le bandiere della Serenissima erano già pronte per sventolare, il prosecco era già in frigo. Posticipare ancora festeggiamenti che la Regione attende ormai da 5 anni vorrebbe dire venir meno all’impegno che il Carroccio ha preso con i suoi fedelissimi con il rischio di deluderli e farle convergere verso il partito di Giorgia. Un’avanzata che Salvini e suoi considerano alla stregua di un’opa ostile.

Urge dunque una contromossa, escogitare tecniche di difesa per venire cannibalizzati dagli alleati. Lo slogan “meno Europa più Italia” – un ossimoro in totale contraddizione con la stessa ragion d’essere del Parlamento europeo – la scelta di indossare la mimetica per candidare il generale Vannacci, ai più sono sembrate le mosse disperate di chi rischia di affogare. Sbaglierebbe però chi pensa di ridurre ad una esibizione di muscoli destra-sinistra l’autonomia. Il tema è trasversale, attraversa i due schieramenti allo stesso modo. I due partiti alleati della Lega che hanno sposato una causa in cui non credono. E le formazioni di sinistra che in passato hanno dato il fianco al regionalismo più becero per rincorrere il Carroccio sul suo stesso terreno. A firmare le pre-intese con Lombardia- Emilia-Romagna e Veneto, il 28 febbraio del 2018, fu il governo Gentiloni. Per non parlare delle responsabilità di chi portò avanti la Riforma del titolo V lasciandolo per anni inattuato. Con il buco nero dei Lep che restano ancora oggi il vero nodo da sciogliere visto che per assicurare i livelli minimi delle prestazioni su tutto il territorio nazionale s’è calcolato che non basterebbero meno di cento miliardi di euro. L’autonomia senza risorse è una chimera. Poco più di un espediente per aprire la cassaforte dello Stato e farsi consegnare insieme alle materie oggi concorrenti anche le risorse.

Tra le iniziative promosse contro questa riforma che spacca in due l’Italia spicca l’appello lanciato dall’associazione “Carteinregola” a Stefano Bonaccini, nella sua triplice veste di candidato alle elezioni europee, presidente della regione Emilia-Romagna e presidente del partito democratico per ritirare ufficialmente la richiesta di “maggiori forme di autonomia” (in ben 16 materie…) avanzata dalla sua regione. Vorrebbe dire sancire “una linea chiara e inequivocabile per cui il Pd respinge oggi compattamente questa riforma. Farlo – inutile dirlo – avrebbe un peso politico molto importante e toglierebbe ai sostenitori dello Spacca-Italia un argomento di non poco conto. Allo stesso modo Carteinregola ha scritto a tutti i partiti per chiedere ai candidati “di esprimersi esplicitamente contro l’autonomia differenziata”. Una presa di posizione netta che specie al Sud creerebbe non pochi imbarazzi.


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