X
<
>

Share
5 minuti per la lettura

CATANZARO – La norma che regola l’esodo parla chiaro e impone il divieto assoluto a chi vi ricorre di instaurare rapporti di qualsiasi tipo e natura con lo stesso ente per il quinquennio successivo. Ma non deve averla presa sul serio il direttore generale dell’Asp di Reggio Calabria, Rosanna Squillacioti. La quale, infatti, sull’attuale poltrona dell’Azienda sanitaria, ha preso posto proprio dopo aver chiesto e ottenuto il prepensionamento dalla Regione Calabria, con decorrenza a partire dall’1 ottobre 2012. Una palese violazione della legge, aveva sostenuto qualcuno urlando allo scandalo dai banchi della politica. 
Una circostanza da approfondire in sede giudiziaria, ha deciso ora il sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, Gerardo Dominijanni, che, dopo avere aperto un fascicolo sulla presunta incompatibilità denunciata da più parti, ha ora mandato i militari del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Catanzaro presso gli uffici della Regione Calabria ad acquisire tutta la documentazione relativa alla posizione della manager, che, per anni, aveva militato nelle fila della dirigenza regionale. 
Documentazione che, insieme ad una dettagliata relazione investigativa, è destinata a finire quanto prima sulla scrivania del magistrato, che, nel portare a conclusione tutti gli accertamenti, con il supporto delle fiamme gialle, non perderà tempo a convocare anche una serie di “persone informate sui fatti” per tentare di ricostruire l’iter burocratico “incriminato”, in attesa di raccogliere la versione dell’interessata. 
Di certo, stando a quanto prevede la norma che regola l’esodo dei dipendenti (la legge n. 34 del 2010), l’incarico attualmente ricoperto da Rosanna Squillacioti ai vertici dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria appare del tutto incompatibile, dal momento che il testo recita “A coloro che beneficiano della presente legge è fatto divieto assoluto di instaurare rapporti di lavoro o stipulare contratti per il conferimento di incarichi di consulenza, collaborazione, studio e ricerca, a qualunque titolo, con la Regione e con gli enti, aziende e società regionali, per i cinque anni successivi alla risoluzione del rapporto di lavoro”. 
Un vincolo legislativo, che sarebbe stato completamente ignorato dalla manager, così come dal governatore, Giuseppe Scopelliti, che, su quella poltrona l’aveva portata, defenestrando, peraltro, l’ex direttore generale, Renato Carullo, ancora oggi protagonista attivo di una dura battaglia legale, innescata a colpi di carta bollata contro la Squillacioti. 
In campo era sceso anche il direttore generale del dipartimento Personale della Regione Calabria, Umberto Nucara, che aveva sollecitato il presidente Scopelliti, nella sua qualità di commissario ad acta alla Sanità, ad intervenire per rimettere a posto le cose. Ma tutto era stato inutile. La Squillacioti è rimasta seduta sulla poltrona di manager. 
E la Procura si è ora messa in moto per ravvisare eventuali responsabilità a carico della professionista o di chi ne aveva avallato l’incarico sospetto per mano di un magistrato ormai navigato nel campo dei reati contro la pubblica amministrazione, che, proprio per questo, non tralascerà alcun tipo di verifica, per arrivare a capo della vicenda dal chiaro sapore politico-giudiziario.

CATANZARO – La norma che regola l’esodo parla chiaro e impone il divieto assoluto a chi vi ricorre di instaurare rapporti di qualsiasi tipo e natura con lo stesso ente per il quinquennio successivo. Ma non deve averla presa sul serio il direttore generale dell’Asp di Reggio Calabria, Rosanna Squillacioti. La quale, infatti, sull’attuale poltrona dell’Azienda sanitaria, ha preso posto proprio dopo aver chiesto e ottenuto il prepensionamento dalla Regione Calabria, con decorrenza a partire dall’1 ottobre 2012. Una palese violazione della legge, aveva sostenuto qualcuno urlando allo scandalo dai banchi della politica. Una circostanza da approfondire in sede giudiziaria, ha deciso ora il sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, Gerardo Dominijanni, che, dopo avere aperto un fascicolo sulla presunta incompatibilità denunciata da più parti, ha ora mandato i militari del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Catanzaro presso gli uffici della Regione Calabria ad acquisire tutta la documentazione relativa alla posizione della manager, che, per anni, aveva militato nelle fila della dirigenza regionale. 

Documentazione che, insieme ad una dettagliata relazione investigativa, è destinata a finire quanto prima sulla scrivania del magistrato, che, nel portare a conclusione tutti gli accertamenti, con il supporto delle fiamme gialle, non perderà tempo a convocare anche una serie di “persone informate sui fatti” per tentare di ricostruire l’iter burocratico “incriminato”, in attesa di raccogliere la versione dell’interessata. Di certo, stando a quanto prevede la norma che regola l’esodo dei dipendenti (la legge n. 34 del 2010), l’incarico attualmente ricoperto da Rosanna Squillacioti ai vertici dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria appare del tutto incompatibile, dal momento che il testo recita “A coloro che beneficiano della presente legge è fatto divieto assoluto di instaurare rapporti di lavoro o stipulare contratti per il conferimento di incarichi di consulenza, collaborazione, studio e ricerca, a qualunque titolo, con la Regione e con gli enti, aziende e società regionali, per i cinque anni successivi alla risoluzione del rapporto di lavoro”. 

Un vincolo legislativo, che sarebbe stato completamente ignorato dalla manager, così come dal governatore, Giuseppe Scopelliti, che, su quella poltrona l’aveva portata, defenestrando, peraltro, l’ex direttore generale, Renato Carullo, ancora oggi protagonista attivo di una dura battaglia legale, innescata a colpi di carta bollata contro la Squillacioti. In campo era sceso anche il direttore generale del dipartimento Personale della Regione Calabria, Umberto Nucara, che aveva sollecitato il presidente Scopelliti, nella sua qualità di commissario ad acta alla Sanità, ad intervenire per rimettere a posto le cose. Ma tutto era stato inutile. La Squillacioti è rimasta seduta sulla poltrona di manager. E la Procura si è ora messa in moto per ravvisare eventuali responsabilità a carico della professionista o di chi ne aveva avallato l’incarico sospetto per mano di un magistrato ormai navigato nel campo dei reati contro la pubblica amministrazione, che, proprio per questo, non tralascerà alcun tipo di verifica, per arrivare a capo della vicenda dal chiaro sapore politico-giudiziario.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE