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Individuare in tempo i problemi per poterli attenuare prima della stagione estiva. Sposando la logica della prevenzione, più che della cura, quattro dipartimenti regionali (Ambiente, Lavori pubblici, Attività produttive e Turismo) per una mattinata intera si sono confrontati su depurazione e risorse mare. Fortemente voluto dall’assessore all’Ambiente, Silvio Greco, il workshop ha coinvolto tutti i soggetti istituzionali protagonisti nella gestione del ciclo integrato delle acque. Dal commissario per l’emergenza ambientale, Goffredo Sottile, ai sindaci di molti Comuni, agli organi deputati al controllo, ovvero Arpacal e Guardia costiera. Lo spaccato che è emerso in oltre tre ore di dibattito è che i “talloni d’Achille” del sistema depurativo sono vari e puntiformi, di carattere strutturale e organizzativo. E’ una storia di irresponsabilità politica e disorganizzazione istituzionale, dunque, quella che di cui è costellato il ciclo calabrese delle acque. Il dato di fondo da cui partire, però, nella lotta contro il tempo che la Regione ha ingaggiato per non ritrovarsi a giugno con mare sporco e turisti inviperiti è una collaborazione con gli enti territoriali, sebbene ieri fossero assenti tutte e cinque i presidenti di Provincia, con l’unica eccezione di Maurizio Vento, vice di Wanda Ferro a Catanzaro.
«L’unico modo per affrontare il problema – hanno detto all’unisono gli assessori Luigi Incarnato e Ciccio Sulla – è mettere in campo una programmazione integrata con le altre istituzioni. Ci sono eccome disequilibri e criticità ed ecco perché il coinvolgimento di tutti i protagonisti di questa difficile partita della depurazione devono essere chiamati in un certo senso a una condivisione delle responsabilità.
Ma perché in Calabria il mare è sporco? Molto dipende dalla gestione sballata degli impianti esistenti. In Calabria, lungo circa 730 chilometri di costa, sono in funzione 720 depuratori, uno per ogni chilometro di costa «ma – ha spiegato Greco che è biologo marino prima ancora che assessore una larga parte degli impianti non è collegata alla rete fognaria, per cui una fetta del territorio non depura ma si affida a scarichi abusivi, con tutto ciò che ne consegue in termini di inquinamento».
Altro dato critico la gestione dei depuratori sono sottodimensionati e mal utilizzati. In più il problema della depurazione va ricollegato alla bonifica e alla manutenzione delle fiumare, ricettacolo di detriti che alle prime piogge si riversano a mare.
«L’emergenza – ha tuonato Greco – da una vera e propria truffa legata alla gestione degli impianti e agli scarichi abusivi». Altra nota dolente, l’organizzazione. Il modello a cinque Ambiti territoriali non funziona, servirebbe un modello più snello e accentrato, in cui un ruolo di primo piano lo ricoprono i Comuni, enti di prossimità oggi in grave difficoltà nella riscossione delle tariffe e nel pagamento delle spettanze a Regione, Enel e Ufficio del commissario.
Il direttore generale dei Lavori pubblici, Roberto Sabatelli, si è appunto soffermato sull’opportunità di una nuova metodologia organizzativa «superando egoismi e campanilismi». E se per il dg delle Attività produttive, Antonio Martini, rispetto del mare e dell’ambiente significa anche «pianificare insediamenti produttivi ed industriali a basso impatto ambientale », per il responsabile dell’Ato di Cosenza, Mimmo Pallaria, «occorre evitare sovrapposizioni di competenze e poteri, individuando forme più stringenti nei controlli, soprattutto sul fronte degli allacci abusivi». Negli interventi dei sindaci, come Gianni Speranza di Lamezia Terme, Gianluca Gallo di Cassano, Alessandro Figliomeni di Siderno e di Maurizio Vento, tutte le difficoltà a cui vanno incontro le amministrazioni territoriali nella gestione di impianti e ciclo integrato, con inevitabili attacchi al ruolo della Sorical. E’, infine, è toccato a Vincenzo Mollace, direttore generale Arpacal, e ai vertici della Capitaneria entrare nel merito dei controlli.

Giulia Veltri

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