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di BIAGIO AMATO
La Calabria deve rientrare da un debito di oltre due miliardi di euro nella sanità. Le forze politiche che siedono al Consiglio regionale hanno già litigato di brutto e non solo su chi ne sia la causa principale. L’opposizione ha già criticato i primi interventi che il governo regionale in carica ha assunto per un primo, timido e poco incisivo intervento per recuperare almeno una piccola parte di tale debito. Si è voluto iniziare, infatti, dal far gravare sui cittadini calabresi la prima raccolta fondi per avviare il percorso di recupero dei due miliardi. La prima cosa a cui si è pensato, senza impegnarsi a fondo, è riattivare i ticket sulle ricette, sulle medicine e sui ricoveri di pronto soccorso. E tutto questo in un momento particolarmente critico della vita della maggior parte delle famiglie calabresi le quali non riescono a pagare i mutui, le bollette della luce, del gas, del telefono, dell’acqua, della spazzatura.
Non riescono ad avere contributi regionali e comunali per portare i loro figli gravemente ammalati al Gaslini di Genova o al Bambin Gesù di Roma. E ancora si è solo all’inizio di un lungo calvario che vedrà le famiglie calabresi pagare debiti che il sistema politico calabrese tutto ha creato, giorno dopo giorno, con giochi clientelari certamente non a vantaggio delle stesse famiglie bensì di lobby specializzate a impadronirsi di tutte quelle risorse che l’etica comune avrebbe voluto, da sempre, finalizzate alla crescita economica, sociale e culturale della Calabria. E come se tutti ciò non bastasse, anche noi calabresi abbiamo cominciato a pagare gli effetti devastanti della grave crisi finanziaria mondiale. Una situazione di tale gravità che i vescovi italiani, riuniti in assemblea nazionale a Roma, hanno avvertito il dovere di chiedere ai governanti di vigilare perché non siano sempre i poveri a pagare per tutti e che le crisi non servano a molte imprese italiane per liberarsi degli operai come si fa con la zavorra. Nella stessa assemblea episcopale italiana la televisione inquadrava presenze di vescovi che hanno avvertito il dovere civile, etico ed evangelico di mettere mano per primi alle proprie finanze e poi a quelle della propria diocesi per avviare una raccolta fondi con i quali sostenere le famiglie colpite dai licenziamenti e soprattutto quelle famiglie che hanno al proprio interno bambini, anziani e persone con disabilità. Un testimonianza di tutto ciò è stata resa davanti a milioni di italiani che seguivamo il programma Chetempochefa. Anche i nostri vescovi calabresi si vedevano seduti nella grande assise romana. All’interno di questo quadro desolante umanamente e socialmente, in questi giorni tutti noi calabresi, ma soprattutto tutti noi cristiani cattolici, evangelici, ortodossi abbiamo letto, non senza vergogna interiore, che il Consiglio regionale della nostra Calabria, mentre conferma la richiesta
alle famiglie calabresi del pagamento di tasse inique, si assume la grave responsabilità sociale e politica di regalare al mondo cattolico calabrese 80 miliardi di vecchie lire per interventi edilizi vari. Con la giustificazione che
sono interventi ad alto valore sociale. Ma non si sta ripetendo da diversi
mesi che i fondi per l’assistenza sociale sono così pochi da non poter pagare neanche le prestazioni che le strutture accreditate hanno erogato dal 2006 ad
oggi? Non sono stati i vari dirigenti regionali a contestare che il budget dell’assessorato all’assistenza sociale continua ad essere sempre più povero tanto da non poter garantire quelle prestazioni minime alle persone anziane non autosufficienti, ai disabili con gravi problemi di inclusione? Non è stato qualche dirigente regionale che ha intimato alle Asp di non pagare gli adeguamenti delle rette per l’assistenza agli anziani non autosufficienti,
per i disabili e per la riabilitazione, perché la regione deve risparmiare per rientrare dal debito sulla sanità? E oggi questi dirigenti perché stanno a guardare senza alcuna reazione? Dinanzi alla decisione di regalare 40 milioni
di euro a iniziative diverse del mondo cattolico ciò che più inquieta è soprattutto il silenzio assordante di alcuni destinatari di tali risorse.
La signora Natuzza Evolo è una persona di una umanità profonda e di una testimonianza di umiltà e verità davvero eccezionale. Qualcuno l’ha avvertita che, mentre quelle famiglie che vanno a trovarla per ricevere conforto anche per i gravi problemi economici che stanno attraversando, oggi sono gravate da balzelli regionali per sanare debiti ingenti creati dalla politica e che la stessa politica oggi sta regalando a lei e alle sue opere ulteriori 16 miliardi di vecchie lire sottraendoli certamente alle famiglie povere?
Qualcuno ha detto a fratel Cosimo che anche a lui la politica sta regalando ulteriori otto miliardi di vecchie lire tolte dalle tasche dei fedeli che a migliaia pregano con lui per avere un conforto alle loro miserie anche materiali? Ecosì altri parroci e altri vescovi ,sono a conoscenza che mentre i propri fedeli gemono sotto il peso della povertà aggravata dal fatto che debbono pagare ancora di più per i servizi alla salute, il Consiglio regionale sta regalando loro decine di miliardi di vecchie lire?
E dove sono i sindaci calabresi che contestano con forza la sottrazione di fondi per servizi alla persona in favore dei loro concittadini e si sentono rispondere dall’ente regione che i soldi mancano e poi assistono silenziosi alle regalie della politica regionale?
Dove sono i consiglieri regionali che professano apertamente la loro appartenenza al mondo cattolico e poi accettano di votare regali per diverse decine di miliardi di lire per strutture ed enti che dovrebbero vivere con le liberalita’ della gente e non con i sussidi dello stato?
Soprattutto, come in questo caso, quando tali soldi dovrebbero essere utilizzati a alleggerire almeno di una piccola parte i balzelli che gravano sulla carne già sanguinante delle famiglie calabresi. Come è lontano il tempo in cui Francesco di Paola ha preso in mano una delle monete regalategli dal re e, spezzandola l’ha vista grondare sangue. Era il sangue dei suoi fratelli calabresi oppressi e, perciò, poveri. E ha rifiutato quei soldi. Cara Natuzza, caro fratel Cosimo, cari confratelli sacerdoti e vescovi, quanto sarebbe bello e doveroso che anche voi ripeteste il gesto di Francesco. Anche se voi stessi direttamente o tramite amici degli amici avete presentato richiesta per ottenere questi soldi.
Oggi il contesto esistenziale dei nostri fratelli calabresi è molto peggiorato. A tutti noi la scelta evangelica della moltiplicazione dei pani e dei pesci non attingendo alle riserve finanziarie della regione (peraltro quasi inesistenti,
salvo i soldi da regalare a voi) bensì, come dice il Vangelo, mettendo insieme le nostre povertà. È sulle nostre povertà che diventa grande e feconda la nostra carità.

Presbitero della Chiesa di Catanzaro-Squillace

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