X
<
>

Share
3 minuti per la lettura

di CARLO RINALDO
Le ultime tornate elettorali comprensive di tre quesiti referendari e dei ballottaggi per le amministrative hanno ancora una volta evidenziato i risaputi limiti di questi due strumenti di partecipazione popolare alla democrazia: i referendum hanno avuto una percentuale bassissima di votanti mentre i ballottaggi hanno avuto un calo sostanzioso di elettori rispetto al primo turno. Mettere in moto la macchina per organizzare un turno elettorale o referendario costa milioni di euro e se è vero che si tratta di imprescindibili fondamenti di espressione del cittadino al governo del proprio paese, è anche vero che se le regole con cui sono gestiti non sono valide devono essere riscritte. Se dunque non è possibile condividere il pensiero di chi vorrebbe abolire i due “istituti” è ormai giunto il momento di riformarli. In molti degli altri paesi per i referendum non è richiesto il raggiungimento del quorum per la sua validità o comunque si ha una soglia per il quorum più bassa rispetto al nostro cinquanta per cento più uno. Le proposte potrebbero essere: l’abolizione di un tetto percentuale che dovrebbe però essere accompagnata da un cospicuo incremento del numero delle firme raccolte per richiederne l’indizione in maniera tale che se a sottoscriverlo sono milioni di italiani si esprimerebbe già una chiara volontà del popolo (anche per non fare contare maggiormente chi non vota rispetto a chi invece si reca alle urne); l’altra strada potrebbe essere, appunto, quella di un quorum più basso, intorno al trentacinque per cento degli aventi diritto al voto. Secondo il parere di alcuni se non ci fosse uno sbarramento il quorum si raggiungerebbe quasi certamente perché il sistema politico e quello mediatico metterebbero in atto un confronto vero tra il sì e il no, con il coinvolgimento del corpo elettorale. Per quanto riguarda il ballottaggio il dato divenuto ormai fisiologico è la diminuzione dei votanti rispetto al primo turno: questo significa che chi viene eletto alla carica di sindaco o di presidente della Provincia ottiene il favore di un numero ristretto di cittadini. Dunque non solo spreco di tanto denaro pubblico ma anche un insufficiente rispetto degli elettori. Sarebbe auspicabile, anche in questo caso, una soglia più bassa, tipo il quarantacinque per cento, per cui chi riuscisse a raggiungerlo al primo turno dovrebbe essere proclamato eletto con la previsione di un premio di seggi per avere la maggioranza in Consiglio e così anche la stabilità di governo. C’è chi difende il doppio turno così come è sostenendo, appunto, che è un sistema che permette la stabilità: a costoro è facile rispondere portando l’esemplificazione delle leggi elettorali per le Regioni; all’interno di queste istituzioni non emergono particolari problemi di solidità dei governi. La democrazia è indubbiamente tra le forme di governo la migliore possibile ma in Italia si sta esagerando ed i referendum e i ballottaggi ne sono la prova provata ed anche a caro prezzo perché, con il denaro sprecato, si sarebbero potute sanare tante situazioni socialmente difficili: la democrazia consiste anche e soprattutto nella eliminazione, o, almeno, nella riduzione delle ineguaglianze sociali. Urge dunque tagliare i costi di referendum e ballottaggi per destinarne le risorse ad altri migliori utilizzi.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE