X
<
>

Share
6 minuti per la lettura

di ROBERTO TORCHIA*
Girovagando con la macchina nelle nostre province non si può fare a meno di notare, dove meno te lo aspetti, la presenza di torri eoliche per la produzione di energia alternativa. Questi grandi “mulini a vento” del XXI secolo cominciano a costituire un problema non indifferente dal punto di vista dell’impatto sul paesaggio; le imponenti torri con enormi pale girevoli che raccolgono l’energia del vento sono quasi sempre un brutto schiaffo. Andando a vedere da vicino, l’insieme di infrastrutture connesse, quali fabbricati e viabilità di servizio ed i conseguenti nuovi elettrodotti che partendo da queste “centrali del vento” raggiungono i centri di distribuzione e consumo, costituiscono un ulteriore impatto sul territorio. Vi è la necessità di effettuare una riflessione su questo fenomeno che sta invadendo le nostre campagne, così come è necessario un approfondimento sull’impatto che tale fonte di energia alternativa realizza in modo evidente sui nostri territori, sulle nostre coste, sulle nostre colline. L’energia eolica viene generalmente descritta come ambientalmente compatibile ed adeguata a risolvere i problemi di autonomia energetica contribuendo a raggiungere gli standard fissati da accordi internazionali sul clima. L’eolico invece contribuisce in modo marginale al bilancio energetico, pari al 5,35% dei consumi finali di energia prodotta da fonti rinnovabili e allo 0,25 % dei consumi finali complessivi. Questa marginalità resterà anche in futuro: nel 2020 la produzione eolica, pur triplicando i propri impianti, sarà pari al 7,9 % dei consumi di energia prodotta da fonti rinnovabili e al 1,3 % di consumi finali complessivi. (Fonte: Amici della Terra). È evidente che la produzione di energia eolica debba essere sottoposta ad una approfondita e corretta analisi di costi e benefici, in considerazione del sistema di incentivazione di cui si gode nel nostro Paese e che, non dimentichiamolo grava sulle bollette degli utenti. È indubbio che la crescita dell’eolico in Italia sia stata favorita da una forte incentivazione finanziaria con contributi pubblici che sono stati erogati in modo squilibrato rispetto alle altre forme di energia rinnovabili. La legge Bersani stabilisce che produttori ed importatori di energia elettrica devono detenere una quota del 2% di produzione da fonti rinnovabili. Ora, la fonte energetica rinnovabile più economica è costituita proprio dalle centrali eoliche (immancabilmente ribattezzate “wind farms” dagli esterofili) con l’assurdo risultato che in Italia, tra le rinnovabili, marcia trionfalmente solo l’eolico. Logico quindi che gli operatori abbiano scelto prevalentemente l’eolico, che da solo costituisce ora il 97% circa della potenza dei nuovi impianti di energia rinnovabile per i quali è stata chiesta la connessione al gestore della rete nazionale. La potenza complessivamente installata è di circa 500 Mw, prodotta da un migliaio di torri eoliche che prelevano energia dal vento. La diffusione delle pale eoliche è favorita anche dall’atteggiamento di molti sindaci che, per sanare le finanze comunali, sono pronti a svendere parti del proprio territorio agli operatori eolici, che offrono consistenti royalties. La preoccupazione circa una diffusione indiscriminata sul territorio degli impianti eolici di grossa taglia scaturisce dal sospetto, in verità molto alto, che i decisori politici e le amministrazioni che hanno già dato o sono in itinere nel dare le autorizzazioni, non si siano dotate di strumenti idonei di valutazione che sono necessari ai fini di una elaborazione avveduta della strategia energetica. È fondamentale una analisi circostanziata dei costi-benefici che tenga conto di quale valore reale abbia l’integrità territoriale e paesaggistica per le imprese agricole, turistiche e agrituristiche. È necessario tenere conto, in un bilancio d’insieme, degli effetti indotti sull’ambiente. Con riferimento al 31/12/2008 lo sviluppo dell’energia eolica ha già trasformato in deserto un territorio grande quanto un’autostrada di diecimila chilometri, inibito alla coltivazione e al pascolo per far spazio alle aree di rispetto di 3.3.640 torri eoliche presenti i Italia (134 in Calabria dato in crescita). Nelle regioni del centro-nord sempre al 31/12/2008, risultano installate 64 torri nel centro sud (isole comprese) 3576: un dato che deve far riflettere. Le torri eoliche sono alte fino a cento metri con pale di trenta metri ed in grado di erogare una potenza fino ad 1 MW con una area di assoggettamento per ognuna calcolata in 400 metri che significa fino ad oggi la perdita di 25.000 ettari di territorio. In relazione all’impatto paesaggistico, oltre a determinare una rilevante interferenza visiva anche a km di distanza, provoca in taluni luoghi traumi proprio all’identità e alla storia dei territori. Una identità che si è venuta formando nel tempo, attraverso lenta sedimentazione di memorie, saperi, attività pratiche e simboliche: il paesaggio è natura che si è fatta storia. Non possiamo, e qui mi rivolgo alle nostre Istituzioni, individuare i due cardini principali della nostra strategia di sviluppo nell’ agroalimentare e nel turismo e poi permettere che i nostri paesaggi, le nostre coste le nostre colline che sono poi in fondo il patrimonio, e anche gli strumenti con cui attuare quella strategia subiscano quello sconcio che lascia sbigottito il visitatore occasionale e non provoca reazione se non minime negli indigeni. Anni fa Guido Ceronetti affermava «E’ una campagna che somiglia ad una bambina bellissima, che un cancro ha devastato in un solo lato del viso, cancellandone un occhio e lasciando l’altro aperto per lo stupore e il silenzioso rimprovero. E’ una campagna umiliata e sofferente. che si vergogna, nella quale ogni insediamento industriale è come un vistoso chiodo nella carne. Una delle grandi tristezze di queste campagne intristite è la gratitudine delle popolazioni, a volte la loro partecipazione attiva, perché sia più alto, più intenso il grado del proprio scempio». Uno scempio in piena regola perpetrato senza la benché minima possibilità di partecipazione popolare, una popolazione a cui si sta imponendo l’eolico selvaggio senza possibilità alcuna di scelta, un disastro ambientale per i nostri territori che possiedono una forte vocazione turistica, con centinaia di presenze nella stagione estiva ed invernale, e che potrebbe vedere irrimediabilmente compromesse le potenzialità ancora inespresse. Prendendo spunto da queste parole emerge chiaramente che il territorio nella sua interezza di luoghi, gente, istituzioni debba assumere la consapevolezza che ognuno è autore del proprio destino, e che la capacità di difesa e al contempo di valorizzazione del nostro patrimonio paesaggistico e naturale è segno di civiltà e segno di lungimiranza verso le future generazioni( i nostri figli).
Un altro impatto evidente dell’energia eolica è nei confronti del patrimonio immobiliare e del turismo; il valore storico e paesaggistico di molte località italiane consiglia prudenza nella scelta dei siti, evitando ad esempio un eccessivo addensamento di grandi generatori in aree a ridosso di centri abitati, infatti è evidente che l’installazione di torri di grande dimensione vicino ad edifici ne determini un calo di valore immobiliare, sia per l’impatto estetico sia per il rumore prodotto, lo stesso vale per le vicine strutture legate al turismo con l’aggravante di danneggiare attività spesso fondamentali per l’economia locale. Infine un altro impatto è sulla biodiversità, in particolare su avifauna e chirotteri, sia di tipo diretto (collisione) sia di tipo indiretto (perdita di habitat). Su questo aspetto ancora non vi sono dati scientificamente probanti ma una certa cautela e prudenza è necessaria e doverosa per quello che può essere messo in gioco. Ciò che è stato fatto finora non è più sostenibile o forse non lo è mai stato. Non lasciamo che logiche economiche e for profit attecchiscano indisturbate e per questo coscientemente e onestamente diciamo «no all’eolico selvaggio, stop allo scempio del territorio». Diverso è il discorso per gli impianti eolici rientranti nella definizione di microgenerazione ( con potenze generative inferiori ai 50 KW) che invece si ritiene di dover diffondere e sostenere in quanto in grado di favorire la fornitura elettrica in aree difficilmente raggiungibili dalla rete (utenze isolate), l’alimentazione di piccole reti (sistemi di pompaggio e reti elettrificate) ma sempre attraverso il minore impatto ambientale e paesaggistico possibile.

*Presidente Coldiretti Catanzaro – Crotone e Vibo Valentia

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE