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di FRANCESCO TALARICO* e MICHELE TREMATERRA**
L’anno appena trascorso ha tracciato un altro, importante solco nella distribuzione del reddito pro capite, aggredendo la coesione sociale e le necessità di aggregazione che sono rappresentate dalla famiglia, intesa come nucleo di riferimento principale dell’organizzazione fattuale e istituzionale dello Stato democratico. Secondo la proiezione dell’Isituto Tagliacarne, il potere di spesa complessivo delle famiglie calabresi è diminuito di due punti rispetto alla media nazionale e le famiglie indigenti, considerando anche alcune correzioni derivanti dalla presenza del sommerso, sono almeno 50mila. Una fascia che oscilla fra i 6 ed i 14mila euro annui, a seconda della consistenza dei nuclei, e che viene di fatto lasciata sola ad affrontare spese ed emergenze continue, non sempre sostenibili . L’approssimazione verso il basso contraddistingue anche poor class che un tempo si aggiravano intorno la media e che godevano di autosufficienza. Solo nell’ultimo trimestre, dalla lettura dei dati parziali dell’Abi, duemila abitazioni sono state vendute all’asta, pur in presenza delle dilazioni finalmente concesse dagli istituti di credito: si tratta perlopiù di prime case, acquistate, con la speranza di poter portare a termine un impegno gravoso e necessario, da giovani coppie . Dinanzi a questo continuo impoverimento sociale, che mette a rischio la tenuta stessa della famiglia, è fondamentale che non si deleghino sempre ad atri interventi di riequilibrio, che valorizzino l’identità sociale acquisita dell’istituzione familiare e ne raccolgano i bisogni inespressi. Come Udc continuiamo d’insistere su questo concetto partendo dall’assunto complementare di dover agire nell’insieme, mettendo a bersaglio le difficoltà principali e agendo con chiarezza e trasparenza. Per ben due anni, per esempio, la Regione ha lasciato inoperosi i fondi della legge sulle povertà (lessico che non fa giustizia di una realtà che merita integrazione già nelle parole) da destinare alle province. Gli interventi combinati avrebbero potuto determinare contributi finalizzati, per le fasce Isee relative ai nuclei deboli , al pagamento dei costi di energia e riscaldamento ed alle spese di istruzione scolastica per i figli. Così come sarebbe stato giusto promuovere un’intesa ad ampio spettro con gli istituti di credito per abbattere gli interessi sull’acquisto della prima casa da riservare alle giovani coppie. C’è una diagonale che interessa sempre i nuclei familiari e riguarda l’acquisto dell’abitazione (ancora oggi non reso possibile per il 22%) e l’assistenza domiciliare integrata agli anziani che rappresenta ancora un’illusione. Per le spese di assistenza a casa, infatti, si supera abbondantemente l’assegno di accompagnamento riconosciuto dall’Inps alle persone non autosufficienti e l’alternativa unica rimane, molte volte, l’ospedalizzazione , che è costosa per la collettività e che sradica l’anziano dal suo contesto naturale La scelta di procrastinare tutto al dopo e di affidare contributi una tantum non è quella giusta, perché rispecchia un’idea contingenziale ed elettoralistica di una questione che è prepolitica, culturale e poi anche politica e sociale. La famiglia non è un “problema” come l’accezione semeotica di prassi tende a sintetizzare , ma una risorsa. Solo costruendo un progetto di radicale alterità rispetto al recente passato essa potrà conquistare il rilievo di preminenza che le affida la Costituzione e che è condiviso da ogni confessione e organizzazione laica che si rispetti.

*segretario regionale Udc
**capogruppo regionale Udc

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