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di PASQUALE VIOLI
REGGIO CALABRIA – C’è un’inchiesta, coordinata dalla Distrettuale antimafia di Genova, che fa da ponte virtuale tra l’Italia e il Brasile: è l’indagine “Carioca”, che circa un anno fa aveva portato al fermo di Antonio e Serafino Fameli, padre e figlio considerati dagli investigatori riferimento costante della ‘ndrangheta in LIguria. Ma l’operazione “Carioca” svelò, qualora ce ne fosse stato bisogno, un altro aspetto importante del rapporto tra “colletti bianchi” e criminalità, ovvero l’interesse che gli imprenditori “amici” dei clan hanno catalizzato oltre Oceano, in particolare in Brasile, dove tra poco più di un anno partiranno prima i mondiali di calcio e dopo, nel 2016, le Olimpiadi. In poche parole appalti, movimento di capitali e opportunità per riciclare i soldi del narcotraffico e investire in operazioni “pulite”. Le Distrettuali antimafia, da Genova a Reggio Calabria, con la collaborazione degli investigatori, stanno monitorando attentamente ogni movimento e ogni business che dalla Calabria porta al Brasile. E che i clan stiano puntando agli affari che ruotano intorno alle Olimpiadi e ai Mondiali in terra “Carioca” lo si evince già da alcune informazioni contenute in delle informative che stanno sulle scrivanie dell’Antimafia. L’inchiesta che ha portato al fermo degli Sfameli raccontava di un’associazione a delinquere per riciclaggio di denaro con tanto di investimenti sospetti anche alle Canarie e in Brasile, non ultima nella clinica super-lusso “Salus” di Fortaleza.In mezzo anche l’intermediazione finanziaria abusiva. Il padre, Antonio Fameli, è stato protagonista in passato di maxi inchieste della procura di Palmi prima e di Savona poi, e sospettato di appartenenza alle ‘ndrine calabresi, oltre che oggetto di un maxisequestro di beni e immobili che poi gli vennero restituiti e che, secondo i suoi legali, sono l’origine del patrimonio oggi attenzionato dalla procura. Antonio Fameli è ritenuto, in diverse informative, vicino alla cosca Piromalli della Piana di Gioia Tauro, la stessa, che sempre le informative delle forze dell’ordine, dicono abbia una notevole influenza sul Porto, quello scalo via mare dove, anche dal Brasile arrivano tonnellate di cocaina ogni anno. Ma quella che ha investito Antonio e Serafino Sfameli, è solo una spia d’allarme che avvisa gli inquirenti di come il Sud America sia pronto ad essere conquistato dai boss. Anche se forse bisognerebbe dire “riconquistato”. Già perchè le indagini degli ultimi decenni avevano portato a scoprire le attenzioni dei clan sul mercato immobiliare Sudamericano grazie agli investimenti dei soldi arrivati dal narcotraffico. E che alcuni “prestanome” della ‘ndrangheta da anni siano in terra brasiliana con il compito di acquistare palazzi, aprire ristoranti e gestire operazioni immobiliari e finanziarie, lo si capisce dall’attenzione che gli investigatori stanno puntando su alcune società che dall’ Italia operano in stretto contatto con società brasiliane ma riconducibili a imprenditori italiani. La corsa alla conquista del territorio “carioca” è partita già da anni, ma adesso l’opportunità che aprono gli investimenti del Governo brasiliano per i Mondiali di calcio e le olimpiadi sono enormi. Un business che i boss non vogliono lasciarsi sfuggire. 

REGGIO CALABRIA – C’è un’inchiesta, coordinata dalla Distrettuale antimafia di Genova, che fa da ponte virtuale tra l’Italia e il Brasile: è l’indagine “Carioca”, che circa un anno fa aveva portato al fermo di Antonio e Serafino Fameli, padre e figlio considerati dagli investigatori riferimento costante della ‘ndrangheta in Liguria. Ma l’operazione “Carioca” svelò, qualora ce ne fosse stato bisogno, un altro aspetto importante del rapporto tra “colletti bianchi” e criminalità, ovvero l’interesse che gli imprenditori “amici” dei clan hanno catalizzato oltre Oceano, in particolare in Brasile, dove tra poco più di un anno partiranno prima i mondiali di calcio e dopo, nel 2016, le Olimpiadi. In poche parole appalti, movimento di capitali e opportunità per riciclare i soldi del narcotraffico e investire in operazioni “pulite”. Le Distrettuali antimafia, da Genova a Reggio Calabria, con la collaborazione degli investigatori, stanno monitorando attentamente ogni movimento e ogni business che dalla Calabria porta al Brasile. E che i clan stiano puntando agli affari che ruotano intorno alle Olimpiadi e ai Mondiali in terra “Carioca” lo si evince già da alcune informazioni contenute in delle informative che stanno sulle scrivanie dell’Antimafia. Antonio Fameli è ritenuto, in diverse informative, vicino alla cosca Piromalli della Piana di Gioia Tauro, la stessa, che sempre le informative delle forze dell’ordine, dicono abbia una notevole influenza sul Porto, quello scalo via mare dove, anche dal Brasile, arrivano tonnellate di cocaina ogni anno. Ma le indagini degli ultimi decenni avevano portato a scoprire le attenzioni dei clan sul mercato immobiliare Sudamericano grazie agli investimenti dei soldi arrivati dal narcotraffico. Che la ‘ndrangheta non operi in modo disorganizzato è notorio. Gli investimenti dei clan hanno sempre una lungimiranza ed una apertura ai mercati invidiabile. La scelta di “conquistare” il Sud America parte da molto lontano, da quando, fin dagli anni ’80, si è capito che con la droga si poteva svoltare. Ma per avere successo anche in ambito criminale serve conoscere bene il territorio ed ecco che fin dal 1990 alcuni boss, o figli e nipoti di boss, hanno deciso di trasferirsi e risiedere stabilmente oltre Oceano. Chi in Brasile, chi in Venezuela e chi in Colombia. E poi ci sono le alleanze, come quelle con “cosa nostra” siciliana, da sempre legata a doppio filo con la ‘ndrangheta. E in Brasile uno che in questi anni aveva fatto strada è Leonardo Badalamenti, alias “Carlos Massetti”, il figlio di “don Tano Badalamenti”, padrino di Cinisi e uomo di spicco della mafia siciliana anche negli Stati Uniti. Badalamenti è stato arrestato, e poi rilasciato, a San Paolo del Brasile, da 30 anni era lontano dalla Sicilia e per molto tempo residente in Venezuela, secondo i magistrati era a capo di un’organizzazione criminale internazionale che tentava di negoziare falsi Bond venezuelani destinati a garantire l’apertura di linee di credito in istituti bancari di diversi Paesi stranieri tra i quali la filiale della Lehman Brothers di Baltimora. Badalamenti avrebbe potuto contare anche sulla complicità di un funzionario del banco centrale del Venezuela corrotto. C’è anche chi sospetta una vicinanza tra Badalamenti e alcuni imprenditori in odor di ‘ndrangheta. 

 

 

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