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REGGIO CALABRIA – I carabinieri hanno arrestato a Dubai l’ex deputato di Forza Italia, Amedeo Matacena, latitante dallo scorso mese di giugno, quando la pena a 5 anni e 4 mesi di reclusione era diventata definitiva. L’arresto è avvenuto a Dubai ed è stato effettuato dalla Sezione catturandi del nucleo investigativo dei carabinieri di Reggio Calabria e dall’Interpol. I militari erano sulle tracce dell’ex politico già da qualche giorno e ieri sera sono entrati in azione facendo scattare le manette. 

Secondo quanto è trapelato, l’ex deputato è stato individuato definitivamente dopo che gli investiatori hanno monitorato un volo di rientro dalle Seychelles. Resta da valutare la posizione degli Emirati Arabi, Paese al quale Matacena potrebbe chiedere asilo politico per evitare l’espulsione. Per una serie di motivi, gli investigatori non sono potuti intervenire nelle isole dell’arcipelago dell’Oceano Indiano e perciò hanno continuato a monitorare i movimenti di Matacena, sino a quando hanno scoperto che era in partenza per Dubai, ritenuta dagli stessi investigatori solo una tappa intermedia di un viaggio più lungo. Sono state così avvertite le autorità degli Emirati Arabi che all’arrivo di Matacena all’aeroporto di Dubai lo hanno fermato ritirandogli anche il passaporto. Imprenditore, figlio dell’omonimo armatore noto per avere dato inizio al traghettamento nello Stretto di Messina, Matacena è stato deputato per due legislature, tra il 1994 e il 2001, con Forza Italia. Quando, a giugno scorso, i carabinieri sono andati a casa a notificargli l’ordine di arresto, Matacena non c’era più. Formalmente la sua residenza è a Montecarlo ma ha sempre vissuto in Italia. Tuttavia non lo hanno trovato nè a Reggio, nè Roma (dove vive la famiglia) nè nel Principato di Monaco. Sparito per non finire in carcere per scontare una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa. 
Tecnicamente l’ex politico forzista ed armatore molto noto in Italia era un latitante. Un latitante particolare, certo, per alcuni aspetti di lusso. L’ex deputato di Forza Italia, il 18 luglio 2012 era stato condannato dalla Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria nel processo bis per concorso esterno in associazione mafiosa. La Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria fu chiamata a trattare nuovamente il caso dopo che la Cassazione aveva accolto il ricorso dell’avvocato generale dello Stato, Franco Scuderi, annullato la sentenza di secondo grado, e rimandato il caso a Piazza Castello. Al termine del processo bis, dunque, la Corte aveva riformato la prima sentenza di assoluzione nei confronti dell’ex deputato forzista, condannandolo per i propri rapporti poco limpidi con la ‘ndrangheta. Lo stesso Scuderi aveva invocato la condanna a sei anni di carcere per l’ex astro nascente del partito di Silvio Berlusconi, la cui carriera politica fu stroncata proprio per il coinvolgimento nel terzo filone del procedimento “Olimpia” che, negli anni ’90, ricostruì fatti e circostanze della seconda guerra di mafia reggina. Forza Italia, infatti, decise di non candidarlo più in Parlamento. 
La vicenda giudiziaria di Matacena è tra le più complesse degli ultimi anni. Condannato nel marzo 2001 dal Tribunale di Reggio Calabria a 5 anni e 4 mesi di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, nel marzo 2006 verrà assolto dalla Corte di Assise di Reggio Calabria, in seguito all’annullamento della sentenza. Oltre quattro anni dopo, l’11 maggio del 2010, la Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria confermò la sentenza di assoluzione già emessa in primo grado. Da qui il ricorso in Cassazione di Scuderi: un ricorso che ha riportato il caso davanti a un’altra sezione della Corte d’Appello di Reggio Calabria (Iside Russo presidente, Marialuisa Crucitti a latere). Secondo Scuderi tra Matacena e i Rosmini c’era stato un patto”. Per l’accusa a prescindere da benefici palesi la sola stipulazione del patto, se caratterizzato da serietà e concretezza, era in grado di incidere positivamente sul rafforzamento delle capacità operative della cosca Rosmini, ponendola in una posizione di prestigio nei confronti delle altre cosche dal momento che era divenuta, per diretta investitura di Matacena, un punto di riferimento per le altre cosche e di coordinamento delle strategia attuate dalle stesse. Scuderi aveva sottolineato come Giuseppe Aquila, in passato vicepresidente della Provincia di Reggio Calabria, sia stato il «tramite dei rapporti di Matacena con le cosche reggine e, in particolare, con quella dei Rosmini». Un rapporto che spinse Scuderi a parlare di “triangolazione” tra i Rosmini, in particolare il capoclan Totò Rosmini, Aquila e, appunto, Matacena che sarebbe stato l’avamposto in Parlamento della cosca.
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