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CHIAROMONTE – Un’ottima intuizione: è così che nasce il Centro per i disturbi del comportamento alimentare. E’ il 2006, in Regione si parla di ridimensionare gli ospedali e la struttura di Chiaromonte è una di quelle a rischio. Così il direttore generale Mario Marra propone una riconversione di alcuni ambiti. E nasce questa piccola eccellenza lucana: l’unico del Centro-Sud, «prima di noi l’altra struttura pubblica era quella di Todi», spiega la responsabile Rosa Trabace.

Una buona intuizione. Perchè i disturbi del comportamento alimentare negli anni sono aumentati. In maniera preoccupante si è abbassata l’età in cui si manifestano e, tra l’altro, non sono più problemi che riguardano solo le ragazze. «Ormai possiamo dire – dice Trabace – che i problemi iniziano a manifestarsi già intorno agli otto anni. Sono il sintomo di una dinamica comportamentale e affettiva problematica all’interno della famiglia. Anche l’obesità, per esempio, è la manifestazione di un disagio, di un rapporto disfunzionale con il genitore. Ed è per questo che quando prendiamo in carico un ragazzo – dai dodici anni in poi anche in maniera residenziale – il percorso deve necessariamente includere anche un confronto con la famiglia. Sul corpo si concentra un disagio psicologico e ripristinare anche equilibrati rapporti comunicativi all’interno della famiglia è fondamentale».

Oltre al lavoro all’interno del centro, però, l’equipe specializzata guidata da Rosa Trabace punta a fare «prevenzione universale». Ed è quello che è stato fatto negli istituti superiori di Lagonegro, Senise e Moliterno, coinvolgendo docenti, genitori e soprattutto studenti, ai quali sono stati sottoposti appositi questionari. «Generalizzare non si può – continua Trabace – ma certo si può dire che molti ragazzi hanno una percezione distorta del proprio corpo». E così domani, in occasione della Giornata mondiale dedicata ai disturbi alimentari, nel centro di Chiaromonte si presenteranno i risultati di questo progetto, «in cui abbiamo anche dovuto sfatare alcuni miti. Come per esempio che non mangiare fa dimagrire. Non è vero, anzi. Come è sbagliato eliminare alcuni cibi dalla propria alimentazione. E di lavoro da fare in questo senso ce n’è ancora tanto. Per questo penso riproporremo il progetto anche ad altri istituti».

Conoscere per essere in grado di individuare i segnali nei propri figli: «osservare, per esempio, se evitano di mangiare con gli altri. L’isolamento e la chiusura, il sedersi a tavola con l’ansia di dover magiare sono chiari segnali di anoressia. Ma sono un segnale anche un contare i chicchi nel piatto, il voler mangiare solo un certo tipo di pasta. E poi chiaramente c’è la perdita di peso». E se il genitore è in grado di intervenire tempestivamente è più facile agire e, soprattutto, superare il problema: «Cancellare 20 anni di cattive abitudini diventa un’impresa difficilissima. Lì trovi prevalentemente l’assenza di volontà di vita e il lavoro è più che altro quello di limitare i danni. Se si interviene subito, invece, avviando un percorso allargato a tutta la famiglia, sono alte le possibilità di riuscire a guarire».

a.giacummo@luedi.it

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