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PECCATO che di PD ce ne siano ancora due, quello del premier Renzi, che anche in Basilicata ha riscosso la maggior parte dei consensi del popolo, e quello della così detta minoranza PD o dei bersaniani, che se a livello nazionale non sono stati in grado di formare un governo, almeno in Basilicata governano il partito.
Il PD è ancora un partito diviso, confuso. Su quel carro son saliti tutti, eppure Renzi a Bari fu chiaro: sul carro non si sale, lo si spinge.
La minoranza approfitta delle discussioni su lavoro e articolo 18 per far pesare la propria identità politica. Quale? E mettere in difficoltà Renzi; ma a vincere la sfida sarà chi dimostrerà di essere più in sintonia con il Paese, per questo era nato il nuovo partito. Non tira una buona aria ed è difficile immaginare che la lotta interna prosegua con altri mezzi, magari nelle aule del Parlamento, dove le divisioni e i distinguo diventano oggi un fronte del dissenso variegato ma compatto, unito solo dalla voglia di mettere in difficoltà Renzi.
Il Governo non cadrà e nemmeno una piccola pattuglia di irriducibili riuscirà mai a dar vita all’ennesima scissione nella storia della sinistra. Purtroppo la sinistra, e il PD in particolare, non ha ancora risolto il suo rapporto con l’impresa e con il mondo del lavoro e a ogni appuntamento ecco riemergere le sue due anime contrastanti. L’antico groviglio fra le due anime è ancora lì, nonostante la mediazione di Renzi, l’intervento di Napolitano, l’esito esuberante delle elezioni europee; la minoranza PD vuole ancora fare rumore nel paese dei sordi, nonostante Renzi sia quasi riuscito a creare un partito in sintonia con il Paese, più che con gli apparati di partito.
D’altronde, dividersi significa fallire o al massimo un’alternativa al premier deve nascere dentro il partito, ma ha bisogno di un progetto e non solo dei “no”.
La sinistra ha ancora la prospettiva di essere una forza di governo? In Italia lo è stata con il PCI e con il PSI, anche il sindacato lo è stato, ma i tempi sono cambiati.
Il sindacato è ancora l’espressione più pura del popolo, ma si occupi della sua materia e la smetta di inseguire Renzi e di interessarsi di tutta la materia di governo.
Il PD ha raggiunto obiettivi inaspettati grazie a Renzi con la maggioranza conquistata alle ultime consultazioni elettorali europee e quindi faccia in modo di non giungere al capolinea.
Renzi sta cercando di dare un’identità moderata al PD, ricucendo quella base politica e culturale messa insieme da Rutelli e Castagnetti da una parte e da Veltroni, Fassino, D’Alema e Bersani dall’altra.
Il PD dev’essere, nelle idee di Renzi, un fatto di popolo e non di vertice; né va dimenticato che Renzi nasce proprio dal fallimento della vecchia classe dirigente che pensava solo ad andare al governo, vedi l’ultimo Bersani ed il suo clamoroso fallimento.
Al governo si arriva con un disegno, un’idea di società, di governance, con una strategia chiara, magari con un partito di centro in cui l’area moderata si senta a casa sua, mentre l’ala della sinistra PD farebbe solo un regalo a Renzi continuando con i suoi dictat ed i suoi niet. E poi quell’ala sinistra all’intero del partito è veramente capace di portare aventi una battaglia politica? Qual è il suo progetto? Nessuno dei suoi uomini di vertice è ormai più un punto di riferimento, nemmeno per i vecchi tesserati di sinistra.
Renzi oggi si sente più in sintonia con il Paese che con gli apparati di partito e sta tentando di conquistare consensi moderati senza perdere quelli della sinistra più “moderna”. D’altronde era questa la missione per cui era nato il Partito Democratico.

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