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Secondo la Dia nell’ultima relazione sulla criminalità in Italia la «mafia lucana è incline a rigenerarsi», nel melfese la faida si allontana. «È egemonia dei Delli Gatti»

«I SODALIZI lucani (…) in virtù delle pressioni subite da parte della più strutturata criminalità delle Regioni vicine e in seguito al contrasto da parte delle forze dell’ordine, si presentano particolarmente inclini a rigenerarsi con attività di proselitismo, di diversificazione delle attività criminali, nonché di atteggiamenti d’apertura a nuove alleanze o forme di cooperazione soprattutto nel settore degli stupefacenti, il cui approvvigionamento viene garantito dalle consorterie calabresi, campane, pugliesi e da quelle albanesi, anch’esse attive in quell’area».

È questo il giudizio che emerge dall’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia al Parlamento, relativa alle attività di contrasto al crimine svolte nel secondo semestre del 2022.

La Dia si riferisce a una «correntemente detta mafia lucana», di cui «si rinvengono tracce nel territorio di Matera, a seguito dello storico insediamento nella fascia jonica di gruppi criminali tarantini collegati a suo tempo a clan ‘ndranghetisti, sia nell’entroterra potentino con locali gruppi criminali in rapporti con strutturati sodalizi campani e calabresi». Quanto alle menzionate influenze campane, poi, gli investigatori concentrano i riflettori «sul territorio di Lagonegro, cittadina confinante con la Provincia di Salerno».

LA MAFIA LUCANA TENDE A RIGENERARSI

Per sintetizzare «il contesto criminale nella Regione, ove le consorterie, avendo subito l’influenza di organizzazioni mafiose pugliesi, calabresi e campane, rispecchiano le variegate origini dei clan storicamente insediati nel territorio», la Dia prende in prestito le parole pronunciate dal procuratore generale Armando D’Alterio in occasione dell’ultima cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. Specie quando ha evidenziato che ormai il territorio è «caratterizzato da un sistema mafioso endemico», e che è soprattutto nelle aree più interne della regione che «si manifesta, peraltro, in modo virulento, la presenza di organizzazioni di tipo mafioso ovvero dedite al traffico di stupefacenti, sia autoctone che provenienti da altri distretti, spesso operanti in reciproca sinergia».

Di fatto: «nella provincia di Matera e, segnatamente, nella sua fascia Jonica, persisterebbero i sodalizi calabresi e pugliesi mentre nella provincia di Potenza agirebbero anche gruppi legati alla camorra e alla ‘ndrangheta». «Il tangibile sviluppo del settore turistico, di quello estrattivo e della filiera agroalimentare (dalla coltivazione alla commercializzazione) – prosegue la Dia – espone il territorio in disamina a fenomeni di recrudescenza criminale, quale fonte attrattiva per gli interessi illeciti della criminalità autoctona e di quella organizzata insediata nelle regioni limitrofe».

L’ATTIVITÀ DEI PREFETTI DI POTENZA E MATERA

Ampio risalto all’attività dei prefetti di Potenza e di Matera in tema di infiltrazioni criminali nell’economia, con l’emissione di una serie di interdittive. Vengono segnalati, inoltre, «spunti investigativi ed attività di analisi» che «farebbero presupporre la possibile formazione e stratificazione anche di organizzazioni straniere prevalentemente dedite al traffico di stupefacenti, quale conseguenza dei grandi movimenti migratori percepibili finanche nella regione in disamina».

Rispetto al distribuzione sul territorio delle «principali componenti malavitose lucane», l’ultimo rapporto della Dia conferma l’operatività, a Potenza, «del clan Martorano-Stefanutti, caratterizzato da una spiccata capacità di agire “sotto traccia” nelle attività estorsive tese ad imporre un suo rapporto di forza nel territorio». Mentre a Pignola non passa inosservata la «spiccata capacità di proselitismo e reclutamento» del clan Riviezzi, che «sembrerebbe rivestire un ruolo decisivo nelle dinamiche criminali dell’area potentina, in particolare nel Comune di Pignola e, tramite alcune propaggini, anche nell’immediato hinterland».

In evoluzione, dopo anni insanguinati da una terribile faida, la situazione nell’area del Vulture-Melfese, dove «non si sono registrati significativi episodi delittuosi rivelatori di conflittualità fra i clan Di Muro-Delli Gatti e Cassotta», e «sono emerse, piuttosto, risultanze analitiche e giudiziarie che sembrerebbero far propendere verso una egemonica presenza del sodalizio Di Muro-Delli Gatti». Nel territorio di Venosa, poi: «in ragione del modus agendi manifestato, il gruppo Martucci si ritiene possa ancora avere influenza nelle locali dinamiche criminali».

IL RIGENERARSI DELLA MAFIA LUCANA: LE MIRE SULLE ATTIVITÀ TURISTICO

Particolare anche la situazione nel materano, che la Dia affronta sulla scorta della fotografia del questore Eliseo Nicoli, per cui nel capoluogo si starebbe assistendo a un «proliferare delle attività commerciali legate a vario titolo allo sviluppo turistico del territorio attira criminalità- sia organizzata che comune – anche dalla confinante Puglia per la commissione di reati in prevalenza legati al traffico e spaccio delle droghe ovvero a reati cd. predatori contro il patrimonio». Sicché sono «prevedibili, altresì, tentativi d’infiltrazione anche nel tessuto economico/finanziario attraverso la progressiva commistione con le attività produttive/commerciali».

Diversa, invece, la situazione nell’area della fascia Jonico/metapontina «laddove, per conformazione geografica, sono già in atto infiltrazioni non solo della criminalità locale ma anche di quella calabrese e tarantina, nel florido settore agroalimentare ed in quello del turismo balneare». Qui però la mappa dei clan si sarebbe semplificata con la «forzata convivenza tra gli storici gruppi Scarcia e Mitidieri- Lopatriello con i clan Schettino, Russo (già Russo-Vena) ed altre aggregazioni minori (come il gruppo Donadio, attivo a Montalbano Jonico)».

Un’ultima annotazione riguarda, invece, Stigliano, dove sarebbe «superata la breve conflittualità con il clan Schettino grazie una concordata ripartizione del territorio e ad una comune sinergia nel condurre le attività illecite», pertanto «sembrerebbe ancora operativo il gruppo Pascarelli-Calvello, (…) soprattutto nelle remunerative attività di spaccio di droga in diversi Comuni ricadenti nelle provincie di Matera e di Potenza».

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