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SCANZANO JONICO – E’ sempre più difficile fare agricoltura a Scanzano Jonico.
I tanti produttori o piccoli imprenditori del settore primario devono fare i conti con una ormai perdurante grave crisi di mercato. Il reddito, quando c’è, è insoddisfacente, o quantomeno non ritenuto proporzionale ai rischi (investimenti fatti) e alle tante ore di lavoro effettuate. Chi fa agricoltura seriamente, e ce ne sono tanti, lavora tutta la giornata senza soluzione di continuità. Ci si concede una pausa soltanto per i pasti e per dormire. Al mattino ci si alza presto dalle 5 alle 14 le ore di lavoro sono 9. Poi, al pomeriggio, si riprende fino alla sera per un totale di ore giornaliere che si aggira sulle 12 ore circa. Di duro lavoro ovviamente.
La cosa più frustante è produrre di qualità e tanto e vedere i frutti dei propri sforzi persi nei campi o sulle piante.
«L’estate appena scorsa -ha detto al Quotidiano il presidente della locale sezione della Coldiretti Nunzio Scarnato- le angurie sono rimaste nei campi. Invendute. Non avevano prezzo. Non le hanno volute e basta. Si può andare avanti così?».
Tante sono le colture pregiate tra frutta e ortaggi che si possono ammirare lungo i campi del territorio comunale e del metapontino in genere, ma poi il mercato decide diversamente. «Se in qualche stato straniero, si è verificata una calamità naturale che ne ha pregiudicato la quantità produttiva, allora entriamo in gioco noi per sopperire a ciò, altrimenti…».
Scarnato fa un excursus di tutte le colture: «Le susine si sono vendute a un prezzo modico, 30 o 40 centesimi al chilo, al massimo a chi ha avuto la fortuna di venderle. Per quanto concerne l’uva -ha aggiunto- la campagna non è finita, ma i ricavi sono stati poco soddisfacenti. Poca vendita e la colpa é essenzialmente della globalizzazione». E la manodopera? «Incide su alcuni articoli maggiormente», ha risposto. «Se facciamo una valutazione zucchine, melanzane, peperoni si coltivano da noi e non si vendono. Diversamente dagli ultimi cinque anni, invece, sta andando benino per i pomodorini, che sono gli unici ortaggi che si stanno vendendo, seppur a 60 e 70 centesimi al chilo».
E le fragole, l’oro rosso del Metapontino? Chiediamo. «Non hanno avuto un grande prezzo. Dipende dalle varietà. La Candonga ci è stata pagata a 1,80 euro al chilo. Più lungo è il periodo di raccolta e più si può tirar fuori qualche soldo. Molti piantano le fragole, perché non c’è alternativa e bene o male consentono di andare avanti». Le lamentele di Scarnato riguardano anche le tante tasse. Poi «gli antiparassitari e i concimi aumentano sempre di più. A questo si aggiunge trasporto, manodopera e imballaggio».
Adesso siamo all’inizio della campagna agrumicola. Le clementine non vanno. Siamo al 50 per cento di realizzo rispetto a 15 anni fa. Alla fine ci guadagnano di più i commercianti al dettaglio. La Coldiretti ha impostato a tal proposito con buoni successi in questi anni, il discorso sulla vendita diretta. Sul made in Italy. I risultati si stanno vedendo perché abbiamo fatto capire al consumatore che è più conveniente comprare prodotti italiani e quindi tracciabili».

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