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POTENZA – Stavano per vendere la licenza di un software alla Regione Basilicata. Per 4 milioni di euro, abbondanti. Ma nel bando si parlava di un sistema informativo di proprietà, sviluppato su misura. E una sentenza ha fatto saltare tutto.
Secondo il collegio del Tar Basilicata (Michele Perrelli, presidente; Pasquale Mastrantuono, consigliere; Benedetto Nappi, estensore) c’è qualcosa che non è andato per il verso giusto nell’appalto per la “fornitura, messa in esercizio e manutenzione del sistema informativo agricolo della Regione Basilicata (Sia-rb) nel triennio 2014-2016”.
Soprattutto sul finire, settembre 2014, quando è arrivata l’aggiudicazione al tandem tra la Abaco spa, una società di servizi agli enti locali, e i lucani della Publisys, che a via Verrastro sono di casa.
Gli uffici avrebbero frainteso una delibera della giunta regionale che indicava alcuni principi per un spesa così grossa e “innovativa”. Caratteristiche tecniche minime dell’offerta, che per i giudici quella vincitrice non rispettava.
«La Regione Basilicata non potrebbe comunque acquisire la proprietà del software Siti Agri, che non è pacificamente di proprietà della Provincia autonoma di Trento, bensì, come si è detto, della Abaco s.p.a».
Così scrivono i magistrati di via Rosica in uno dei passaggi della sentenza appena depositata, con cui hanno annullato l’aggiudicazione della gara.
«La spesa complessiva per la realizzazione e gestione del Sia-rb è per la totalità dovuta alle attività di: personalizzazione, messa in esercizio, gestione». Diceva la delibera di giunta regionale di ottobre del 2013 che dava il via alla gara.
«La riprova – secondo i magistrati – che ciò che la Regione ha inteso acquisire è stata la fornitura di un Sia (sistema informativo agricolo, ndr) personalizzato secondo le proprie esigenze, fermo restando che esso deve essere sviluppato a partire da un Sia già esistente, da acquisire in riuso a titolo gratuito».
I vincitori designati, una volta scattata la rappresaglia a carte bollate, avrebbero provato a modificare la loro offerta dicendosi di colpo disponibili: «a cedere i codici sorgenti di tutte le componenti software da loro prodotte e che compongono l’intero Sistema informativo agricolo proposto, cedendo in tal modo la proprietà alla Regione Basilicata e liberandola da qualsiasi vincolo».
Ma il Tar non ne ha tenuto conto, evidenziando i passaggi nei documenti dell’offerta vincitrice in cui parrebbe chiaro che il software in questione è «in licenza d’uso», mentre le leggi prevedono il “riuso” di sistemi già sviluppati da altre regioni, che li possono concedere liberamente. In toto. In pratica Abaco e Publisys avrebbero dato alla Regione in “riuso” solo i «templates di base (moduli, ndr) e i connettori sviluppati per la Provincia Autonoma di Trento». Accessori di un software di proprietà di Abaco.
«E’ necessario che il Sia-rb venga implementato a partire da un Sia già realizzato ed operante presso altre regioni o altri enti, che la Regione Basilicata potrà acquisire in “riuso”» Ricordano i giudici amministrativi.
Per questo respingono i ricorsi presentati da Regione e Publisys, e accolgono quello dell’altra finalista in gara: il tandem Aizoon Consulting ed Ernst & Young Financial Business Advisor.
Mica un gruppetto di nerd.
La loro offerta? Il «riuso» del sistema informativo agricolo della Regione Piemonte. Come in Sardegna.

l.amato@luedi.it

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