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POTENZA – Sono tornati liberi Emilio e Antonio Caprarella, i due imprenditori melfitani coinvolti nell’inchiesta su abusi di potere e appalti pilotati nel comune federiciano. Ma non possono esercitare la loro attività imprenditoriale.
E’ quanto ha deciso ieri mattina il gip d Potenza Tiziana Petrocelli, in risposta all’istanza presentata nei giorni scorsi dai legali dei Caprarella: Giovanni Falci e per Antonio anche Dino Di Ciommo.
La decisione è arrivata una settimana dopo che il Riesame ha ridimensionato le accuse per il sindaco e il capo dell’ufficio tecnico del Comune, che il 20 gennaio erano finiti agli arresti con i due imprenditori.
La sospensione dall’esercizio dell’attività professionale potrebbe comportare il blocco degli appalti assegnati dall’amministrazione alle ditte dei Caprarella, ma stando a quanto emerso durante le indagini i lavori si erano fermati da tempo. Non appena è emerso che gli investigatori della mobile di Potenza avevano preso di mira proprio quei cantieri.
L’inchiesta coordinata dal pm Francesco Basentini è nata nel 2013 da una serie di accertamenti proprio sugli affari dei Caprarella, già nel mirino dell’antimafia per i loro rapporti col clan Di Muro. Tant’è che Emilio è ancora a processo per associazione mafiosa, e deve difendersi in appello per l’omicidio di Marco Ugo Cassotta, boss del clan rivale a quello dei Di Muro, dopo l’assoluzione in primo grado.
A causa del ruolo “centrale” rispetto a tutta la vicenda per l’architetto Bernardino D’Amelio, capo dell’ufficio tecnico del Comune, il gip Petrocelli aveva disposto inizialmente la custodia cautelare in carcere. Ma nell’interrogatorio di garanzia D’Amelio ha fatto diverse concessioni all’accusa, salvo ridurre il tutto a “leggerezze” dovute alla familiarità acquisita con tanti imprenditori che ogni giorno bussavano alla sua porta. Poi con la sospensione dal servizio è passato ai domiciliari, fino alla decisione del Riesame che lo ha semplicemente sospeso dai pubblici uffici.
Per gli inquirenti D’Amelio sarebbe stato il trait d’union tra i Caprarella e l’amministrazione, in particolare il sindaco Livio Valvano, che per questo ha trascorso una settimana ai domiciliari, poi convertiti nel divieto di dimora nella cittadina federiciana, fino al Riesame che lo ha rimesso completamente in libertà, permettendogli di tornare alla guida al Comune.
Prima di fronte al gip quindi ai giudici del Riesame Valvano ha respinto con forza tutti gli addebiti arrivando a chiedere il risarcimento per l’ingiusta detenzione subita.
«Io parlo di legalità e ritengo il rispetto della legalità una cosa sacra. Dopo di che ritengo come mio impegno altrettanto sacro quello di soccorrere ai bisogni collettivi e ai bisogni dei cittadini deboli… e ritengo di non aver violato la legge».
Così ha risposto all’accusa di aver fatto assumere una persona bisognosa alla ditta dei Caprarella, proprio nei giorni in cui la giunta discuteva di ricche varianti sui loro appalti principali: quello da un milione e 800mila euro per la costruzione delle case popolari di contrada Bicocca; e quello da un milione e centomila per l’adeguamento dell’istituto scolastico Nitti.
Tra i capi d’imputazione per Valvano c’è anche quello di aver avallato l’affidamento ai Caprarella, che hanno rinuciato a proporre ricorso al Riesame, della variante sulle case popolari chiedendo in cambio la realizzazione di ascensori.
Un affidamento legittimo, all’apparenza, dato che il suo valore non superava il 20% del valore dell’appalto principale, oltre il quale sarebbe stato necessario indire una nuova gara. Anzi si fermava al 19,97% per quasi 350mila euro. Salvo scoprire che gli imprenditori e il capo dell’ufficio tecnico avevano concordato il modo di rientrare sotto soglia, limando il progetto originale dove possibile, e arrivando persino a ipotizzare di «togliere un muro di sostegno».
In totale i nomi coinvolti nell’inchiesta soprannominata “operazione Cocker” sono 25, che hanno già ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini e attendono di sapere se il pm deciderà di avanzare una formale richiesta di rinvio a giudizio nei loro confronti. Oltre al sindaco rischiano tutti i membri della vecchia giunta (tranne l’ex assessore Rosa Masi), 2 dirigenti del Comune, imprenditori, un consigliere comunale e l’ex sindaco Alfonso Salvatore.

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