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POTENZA – A febbraio del 2013 Antonio Pedota, direttore amministrativo del San Carlo, aveva assegnato l’appalto da 4 milioni di euro per lavori vari a un raggruppamento d’imprese di Benevento e Potenza. Ma i secondi classificati sono arrivati fino in Consiglio di Stato per far valere le loro ragioni. E ora il San Carlo dovrà risarcirli di 400mila euro. Più spese, «interessi e rivalutazione monetaria».
Non sono bastate le resistenze dei magistrati del Tar Basilicata, dei legali dell’ospedale e di Gerardo Pedota, per conto delle ditte vincitrici della gara appena giudicata illegittima. Avvocato e fratello maggiore del più noto Antonio, che prima di arrivare ai vertici del San Carlo era stato anche direttore di segreteria del Tar Basilicata e direttore amministrativo della Usl di Lagonegro. Ha lasciato Potenza dopo l’esplosione del caso della cardiochirurgia, e oggi ricopre l’incarico di dg degli Ospedali riuniti di Foggia.
Ieri pomeriggio è stata depositata l’ultima sentenza sul caso dell’appalto per la progettazione e i lavori «di adeguamento sismico e funzionale di alcuni padiglioni dell’Azienda ospedaliera San Carlo di Potenza», la costruzione «di una nuova piastra poliambutoriale» e la «ristrutturazione della unità operativa di nefrologia e di dialisi».
I magistrati di Palazzo Spada sono tornati su una loro precedente decisione, datata febbraio 2014, in cui avevano accolto il ricorso del colosso bolognese delle coop CCC contro l’aggiudicazione della gara alla Bea srl di Benevento e alla Ecoclima sas di Potenza.
Due società con un nutrito numero di progettisti lucani alle spalle: lo studio «Exergia» di «Mafalda, Concetta Votta & C» (Marsicovetere); Paolo Castrignano (Potenza); Cosimo Zaccagnino (Avigliano); Nicola Pugliese (Potenza); Francesco Romaniello (Potenza) e Serena Parisi (Potenza).
Più Rossana Lardo (Viggiano); e Armando Maggi (Villa D’Agri). Dato che i primi, anche messi assieme, non avrebbero raggiunto i requisiti di affidibilità ed esperienza richiesti. Per questo a gara in corso sono stati depositati due contratti «ausiliari» per gli ingegneri Lardo e Maggio. E solo grazie al punteggio raggiunto per l’offerta tecnica l’appalto era andato a loro, con un ribasso del 4,5% sulla base d’asta.
Il Consiglio di Stato ha bocciato l’operato della commissione di gara del San Carlo che avrebbe dovuto escludere Bea ed Ecoclima proprio per questa confusione di nomi. Perché «se il progettista indicato non è legato da un vincolo negoziale con la stazione appaltante, a maggior ragione non è legato il suo ausiliario che è soggetto terzo che non può offrire alcuna garanzia alla amministrazione (…) di buona esecuzione dell’appalto».
Ad oggi poi pensare al subentro della CCC nei lavori sarebbe impossibile. Visto che il cantiere è arrivato al 70-80%. Per questo, secondo i magistrati, l’unica maniera di rimediare è risarcire il mancato utile, il lucro cessante e la perdita di chance patiti dalla coop. Totale: «400.456 euro, oltre al contributo unificato nella misura complessiva di euro 15.000, interessi e rivalutazione monetaria».
«L’Azienda ospedaliera San Carlo – proseguono i giudici – afferma di essere esente da colpe essendosi limitata ad eseguire la sentenza del Tar per la Basilicata che aveva accolto il ricorso incidentale con l’effetto di rendere inammissibile quello principale e che solo a seguito della sentenza del giudice di primo grado aveva stipulato il contratto (non già nelle more del giudizio di primo grado), essendo, peraltro, urgentissimo l’adeguamento sismico dei padiglioni in un territorio di estrema vulnerabilità».
Ma a loro avviso ci sono tutti gli estremi di una responsabilità «per l’esercizio di illegittima attività provvedimentale, ricorrendo il presupposto del fatto illecito dell’amministrazione, accertato con sentenza passata in giudicato, che ha dichiarato l’illegittimità della procedura di gara culminata con l’aggiudicazione del contratto al raggruppamento d’imprese Bea/Ecoclima».
In altri termini: «ove la amministrazione avesse agito legittimamente, l’esito della gara avrebbe consentito al Consorzio di conseguire l’aggiudicazione ed il relativo contratto».
Ma che cosa diceva il Tar Basilicata per dare ragione al San Carlo? Il progetto della CCC è peggiorativo rispetto a quello di base della gara. Perché assegna una «vita nominale» di 50 anni alle opere di adeguamento antisismico invece di 100. Quindi andava escluso e la CCC non è legittimata a sindacare sull’offerta vincente. Questo il ragionamento in breve.
Un ragionamento «errato», però, secondo i giudici di Palazzo Spada. E in maniera abbastanza clamorosa. Perché «nessuna delle norme indicate (…) prevede una vita nominale (…) pari a 100 anni». Come pure il progetto preliminare e gli altri atti allegati al bando di gara, che non dicono nulla «quanto alla vita nominale della costruzione». Tantomeno «che l’opera appaltata debba essere inderogabilmente progettata con vita nominale di 100 anni».
Da dove è uscita allora questa indicazione? Non si riesce proprio a capire.

l.amato@luedi.it

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