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MATERA – Alzarsi da terra per ammirare i Sassi, la città nascosta, arrampicata su una rupe.
Farlo con il mezzo più antico inventato dall’uomo per volare, senza il rumore di un motore, nel silenzio rotto dall’aria calda che gonfia un pallone.
Sensazioni a cui è difficile rinunciare quando hai 20 anni, quando il tuo sogno è quello di volare, quando hai la passione per l’aeronautica.

In pochi attimi la gioia e l’entusiasmo di una città diventano sgomento, poi dolore.
In un momento in cui si pensava di dover fare festa, si è costretti a fare i conti con un evento terribile, immenso, inimmaginabile.
Il 7 ottobre si ricordava la visita degli ispettori venuti a giudicare lo sforzo di Matera nella sua scalata verso il cielo d’Europa.
Per la prima volta il nuovo sindaco e il suo predecessore si stringevano la mano dopo mesi di veleni e polemiche, ma c’è una mongolfiera, simbolo del decollo di una città, a San Giovanni nella piazza della Vittoria, che non si alza da terra, perché il tempo non lo permette.
Una cosa normale a ottobre, un cattivo presagio per chi crede che le coincidenze non esistono. Nessuno avrebbe però mai potuto immaginare che quel cielo azzurro si potesse trasformare, diventare nero.

Una tragedia che ha colpito tutti perché poteva capitare a tutti.
E allora pensi a tuo figlio, ad un tuo amico che c’è salito poco prima, alla tua voglia di volare per vedere com’è il luogo in cui vivi dall’alto.
Ecco perché il lutto è di tutti ed è giusto viverlo fino in fondo. Matera è costretta a ripartire da qui, da una tragedia.
Uno di quegli eventi che accentuano il senso di appartenenza di una comunità che sente il dramma sulla sua pelle e che deve pensare solo a far guarire la dolorosa ferita che esso ha provocato.
E già successo, in vico Piave, è già successo qualche mese fa quando un fulmine ha colpito la bici di Adriano Pedicini.
Uno strano destino quello di Matera, colpita da tante tragedie in pochissimo tempo e costretta a rialzarsi, più forte, si spera.

Il 17 ottobre la città avrebbe dovuto rivivere il giorno più bello della sua storia recente.
Dovrà ricordare invece due ragazzi che nel 2019 vedevano il loro futuro e non dimenticarli.
Perché le ferite possono rimarginarsi ma il dolore, quello, non scompare mai.

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