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Ci sono anche l’ex dg Giampiero Maruggi, l’ex direttore amministrativo Antonio Pedota e gli ex direttori sanitari Bruno Mandarino e Patrizia Chierichini tra gli indagati dell’inchiesta della procura di Potenza sulle “estensioni” del mega-appalto pulizie del San Carlo. 

Il loro nome compare nell’avviso di conclusione delle indagini notificato questa mattina in contemporanea al blitz dei carabinieri nell’ospedale potentino.

Il bilancio dell’operazione è di una persona ai domiciliari e un’altra “bandita” dal capoluogo. Così l’ordinanza di misure cautelari nei confronti di Giovanni Tancredi, responsabile della ditta che gestisce il mega-appalto delle pulizie dell’ospedale San Carlo e di Patrizia Vinci, dirigente dello stesso nosocomio. 

La procura del capoluogo ipotizza il reato di turbativa nella scelta del contraente, introdotto dalle ultime norme anticorruzione. Al centro ci sarebbero una serie di estensioni dell’appalto della Kuadra srl del valore di 3 milioni di euro.

Ai domiciliari è finito il potentino Giovanni Tancredi, già coinvolto nell’inchiesta sulla tentata estorsione del clan Martorano alla ditta che di recente si è aggiudicata lo smaltimento dei rifiuti ospedalieri. Tancredi è chi avrebbe presentato ai dipendenti dell’impresa crotonese quello che per gli inquirenti è il reggente dello storico clan del capoluogo. Il suo nome compare più volte anche nelle dichiarazioni di Natale Stefanutti, figlio del boss Dorino, testimone di giustizia sottoposto da luglio al programma speciale di protezione dell’antimafia. 

“Le intercettazioni telefoniche attivate – spiega un comunicato diffuso in conferenza stampa dal procuratore capo Luigi Gay – hanno fornito importanti elementi di riscontro degli accordi fraudolenti intercorsi tra il management dell’Ospedale e il Tancredi”. 

“Tra l’altro – prosegue la nota – proprio attraverso l’ascolto delle conversazioni citate, si accertava che alcuni servizi – e in particolare quello di pulizia delle sale operatorie – veniva svolto dagli operai della Kuadra con modalità tali da esporre a rischio l’igiene degli spazi utilizzati per gli interventi chirurgici”. 

“Al momento non abbiamo registrato casi in cui si siano manifestate conseguenze per questa esposizione – ha spiegato ai giornalisti il procuratore Gay -, ma è emerso che le modalità con cui venivano svolte queste pulizie non sono state sempre conformi alle prescrizioni in materia sanitaria”.

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