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Il complesso sanitario del Don Uva di Potenza

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POTENZA – «Euro 22.718.711,44, oltre interessi legali, per l’erogazione di prestazioni sanitarie rese in forza di contratti relativi agli anni 2004, 2007, 2010».
E’ questo l’oggetto della contesa che si è aperta nei giorni scorsi tra la Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza e l’Azienda sanitaria di Potenza.

A formalizzare la pretesa è stato l’avvocato Bartolomeo Cozzoli, commissario straordinario dell’ente ecclesiastico, che ha gestito fino al 2015 il complesso sanitario Opera Don Uva di Potenza (poi ceduto ai privati di Universo Salute), e altre strutture simili a Foggia e Bisceglie.

In una comunicazione inviata all’Asp il 20 aprile Cozzoli ha anche proposto un arbitrato sulla controversia, per evitare il ricorso alla giustizia ordinaria. Pertanto ha già indicato il suo proprio arbitro designato nel noto civilista Piero Guido Alpa, professore di diritto civile, e mentore dell’ex premier Giuseppe Conte.

Lunedì la questione è tornata sulla scrivania del direttore generale dell’Asp, Lorenzo Bochicchio, che ha confermato la designazione come secondo arbitro, per parte dell’azienda sanitaria, di Giuseppe Buscicchio.

Nella relativa delibera si evidenzia che se non si fosse proceduto in questo modo si sarebbe incorsi nel rischio che la scelta del secondo arbitro passasse al presidente del Tribunale di Potenza. Ma ancora ieri il lavoro negli uffici di via Torraca è proseguito in maniera incessante, per valutare i margini per una transazione che eviti un inutile aggravio di spese legali.

Che vi fosse un debito nei confronti delle Divine ancelle, d’altronde, era risaputo. Non era chiaro soltanto quando sarebbero arrivati a “bussare” dall’amministrazione straordinaria della congregazione, in amministrazione straordinaria dal 2014. Dopo il clamoroso crac da 500 milioni euro.

Tutto sarebbe iniziato, infatti, addirittura nel 2005, con le prime contestazioni sulle prestazioni erogate – e poi portate a rimborso – dal Don Uva a favore di alcuni dei suoi ospiti “stanziali”. In particolare i cosiddetti “dimissibili”: affetti da patologie e deficit mentali minori, ma comunque bisognosi di «prestazioni assistenziali e tutelari». Motivo per cui durante il giorno sono liberi di uscire e girare liberamente per la città, dove spesso la loro simpatica presenza non passa inosservata, ma la sera ritornano all’interno della struttura.

Solo per questa voce è di una decina di milioni di euro il conto che le Divine ancelle si sono decise a portare all’incasso.
Un’altra decina di milioni, invece, farebbe riferimento a un’altra vicenda, più recente. In particolare a una cessione di crediti Asp effettuata dalla congregazione a favore di una banca e di un’impresa che avanzavano cifre importanti. Cessione di credito su cui in seguito si è innescato un braccio di ferro giudiziario, che non è chiaro se sia tuttora perdurante o meno. Di qui la decisione dell’Asp di congelare i pagamenti e accantonare le somme in questione in attesa degli eventi.

E’ di qualcosa in meno di 2 milioni di euro, infine, il credito più “giovane” vantato dalle Divine ancelle, che risale al 2016/2017. Qui però alla base dei mancati pagamenti vi sarebbe la mancata trasmissione da parte della congregazione della documentazione necessaria alla corretta rendicontazione dei rapporti economici tra l’azienda sanitaria potentina e una struttura privata accreditata, quale era e resta l’Opera Don Uva.

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