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Povertà, secondo la classifica Cgia di Mestre, la Basilicata è all’ottavo posto della graduatoria italiana. Sul filo del rasoio 135mila persone, il 25,4%
Popolazione a rischio povertà o esclusione sociale: la Basilicata è all’ottavo posto nella classifica della Cgia di Mestre, con una quota di abitanti minacciata del 25,4 per cento: si tratta di 135mila cittadini.
RISCHIO ALTO POVERTÀ IN BASILICATA
Il dato emerge dal rapporto “Rischio povertà molto più alto tra gli autonomi che tra i dipendenti”. Uno studio che mette in luce una geografia della fragilità economica degli italiani che ha radici ben piantate a sud: in termini assoluti infatti tutta la popolazione a rischio povertà o esclusione sociale presente in Italia è a pari a 13,5 milioni di persone (23,1 per cento del totale abitanti).
FRAGILITÀ ECONOMICA
Di questi, 7,7 milioni (pari al 57 per cento del totale) sono residenti nel Mezzogiorno. La regione che ne conta di più è la Campania con 2,4 milioni. Seguono la Sicilia con 1,9, il Lazio con quasi 1,5 e la Puglia con 1,46. Se, invece, prendiamo come riferimento la percentuale a rischio povertà sul totale abitanti, la regione con la quota più elevata è la Calabria (48,8 per cento). Seguono la Campania (43,5), la Sicilia (40,9) e la Puglia (37,7): la Basilicata è invece ottava, seguita a ruota dall’Abruzzo. Leggendo la classifica al contrario, invece, si nota che la regione dove il rischio è minore è il Trentino Alto Adige (8,8 per cento di popolazione a rischio, pari a 9500 persone, seguita dall’Emilia Romagna (10,1%) e dalla Valle d’Aosta.
IL RAPPORTO SULLA POVERTÀ
Più in generale il Rapporto punta il dito sul fatto che in Italia tra tutti i nuclei che hanno come capofamiglia un lavoratore autonomo, il rischio povertà o esclusione sociale è al 22,7 per cento, mentre la quota riferita a tutte le famiglie con alla guida un lavoratore dipendente è decisamente inferiore e pari al 14,8 per cento. «In altre parole – scrive l’Ufficio Studi di Cgia di Mestre – se negli negli ultimi decenni abbiamo assistito a una progressiva riduzione del potere d’acquisto dei salari che ha spinto verso l’area dell’indigenza molti operai o impiegati con bassi livelli di inquadramento contrattuale, ai lavoratori autonomi le cose sono andate molto peggio. I fatturati hanno subito delle forti contrazioni e, conseguentemente, la qualità della vita delle partite Iva ha subito un deciso aggravamento».
REDDITI AUTONOMI -30%
Lo studio rileva che negli ultimi 20 anni il reddito degli autonomi è sceso a picco del 30 per cento, invece a conti fatti quello dei lavoratori dipendenti è diminuito di “soltanto” dell’8 per cento. Per i pensionati, invece, il dato è rimasto pressoché stabile. «La debolezza economica di molte partite Iva, il crollo dei consumi interni – causato dalle crisi economiche che si sono succedute in questi due decenni – e alla concorrenza praticata dapprima dalla grande distribuzione e negli ultimi anni dal commercio elettronico, hanno fiaccato la tenuta reddituale di tantissime micro attività», spiega il Rapporto.
LE ATTIVITÀ SENZA DIPENDENTI
Per completare il quadro a tinte fosche va anche detto che In Italia, secondo quanto rilevato da Cgia, «il numero dei lavoratori indipendenti è stimato in 5.170.000 unità». Di questi, poco meno della metà opera in regime dei minimi. «Stiamo parlando di attività economiche senza dipendenti e senza alcuna organizzazione d’impresa con un fatturato annuo al di sotto degli 85 mila euro. Insomma, una pura e semplice partita Iva che fa dell’autoimprenditorialità la sua ragione lavorativa. E’ il caso di tanti giovani, di altrettante donne e di molte persone in età avanzata soprattutto del Mezzogiorno – scrive Cgia – che sbarcano il lunario con piccoli lavori o consulenze senza disporre di alcun ammortizzatore sociale o sostegno pubblico. Soggetti che faticano a incassare le proprie spettanze e che, nella stragrande maggioranza dei casi, si trovano in condizioni economiche molto fragili e, quindi, a forte rischio di povertà o esclusione sociale».
POVERTÀ, L’EFFETTO DEI DAZI
E un ulteriore colpo all’economia degli autonomi potrebbe adesso essere inferto anche dai dazi di Wasghington: se le misure protezionistiche introdotte dall’Amministrazione statunitense dovessero provocare una flessione della crescita economica e un incremento dell’inflazione anche in Italia, «gli autonomi più fragili potrebbero essere tra i lavoratori più danneggiati».
IL RISCHIO ESCLUSIONE SOCIALE
Va anche sottolineato che il rischio povertà o esclusione sociale è un indicatore molto articolato che viene fuori dalla somma delle persone che si trovano in almeno una delle seguenti condizioni: vivono in famiglie a rischio povertà, vivono in famiglie in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale, vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro. «Ovviamente – spiega infine l’Ufficio Studi della Cgia di Mestre – tra le categorie che sono state monitorate dall’Istat la più disagiata economicamente e socialmente è quella dei pensionati, dove il rischio povertà delle famiglie è addirittura al 33,1 per cento. Ecco perché è necessario, dove possibile, diversificare i mercati di vendita all’estero dei nostri prodotti e rilanciare la domanda interna».
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