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La nuova squadra di Confindustria Basilicata con il presidente designato Francesco Somma (al centro)

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MATERA – Non funzionano i microprestiti da 25.000, pochi e ad imprese conosciute dal sistema bancario, non certo rispettando la ratio di una norma che voleva dare ossigeno a tutti. A confermarlo anche il presidente designato di Confindustria Basilicata Francesco Somma. «Non credo che la colpa sia del governo che nella ratio della norma puntava a ben altro nè delle banche che devono comunque tenere in considerazione altre norme che si sovrappongono ma di una burocrazia dai meccanismi profondamente bizantini che non permette l’attuazione immediata».

Presidente Somma, come sta funzionando il credito verso le imprese anche lucane in quest’emergenza?
«E’ una questione annosa che va distinta tra le imprese più piccole che in Basilicata, anche nostre associate, non sono poche e che cercano i 25mila euro. Qui la questione per il cosiddetto microcredito è scandalosa. La ratio del Governo in presenza di una garanzia dello Stato era quella di permettere immediatamente alle imprese richiedenti di ottenere il prestito in pochi giorni. In realtà questo non avviene. Il problema è che non c’è alcun motivo di valutare il merito creditizio e ci sono norme che si sovrappongono ad altre norme tra cui la legge fallimentare ancora in vigore che dà una responsabilità penale e civile alle banche e a chi sottoscrive questi prestiti. Le banche hanno dunque timore di prendersi questa responsabilità e dare questo denaro ad aziende che poi vanno in default».

Come si può risolvere questo problema?
«Basterebbe procedere o ad una legge che elimina questa responsabilità alle banche oppure anche ad una sospensione della norma fallimentare per superare l’ostacolo che non è l’unico».

Qual è l’altro?
«C’è anche la necessità per le banche di valutare i criteri di affidabilità di chi richiede il prestito e se c’è una segnalazione alla centrale rischi ma in questo caso si va contro la ratio di una norma per la quale il Governo invita a concedere prestiti alle imprese in virtù della situazione emergenziale. E l’idea è quella di dare prestiti a tutte le imprese indipendentemente dalle singole situazioni».

Ci sono prestiti concessi e si sta sbloccando l’esame delle pratiche?
«Qualcosa si sta muovendo negli ultimi giorni, ci sono pratiche andate a buon fine ma sono di clienti con situazioni chiare e ben conosciuti dalle banche. Mentre l’idea era quella di dare a tutti questi crediti».

C’è poi anche la preoccupazione di dover fare in un momento come questo nuovi debiti sia pur a condizioni vantaggiose. Conferma che molti imprenditori sono dubbiosi sull’opportunità di accedere al credito?
«Sì, lo confermo. Ci sono tre azioni che come Confindustria chiediamo. Innanzitutto si cominci a pensare a dare sussidi a fondo perduto soprattutto a quei settori in ginocchio come ad esempio il turismo. Si proceda poi in secondo luogo ad un allungamento a 20 anni del prestito garantito rispetto ai sei attuali per superare il timore degli imprenditori di un eccessivo aumento dell’indebitamento. E fondamentale è anche dare fiducia concedendo incentivi per le ricapitalizzazioni agli imprenditori».

C’è poi una questione che riguarda anche le aziende più grandi che chiedono prestiti maggiori. Lì come stanno andando le cose?
«Diciamo che in questo caso gli imprenditori sanno che le banche hanno bisogno di fare delle verifiche con il fondo di garanzia e che c’è solo un 90 per cento completamente garantito per cui il prolungarsi dei tempi è più comprensibile».

Cosa chiedete e in che tempi?
«Serve che le banche accelerino e che il Governo le metta in condizione di non avere alcuna ritrosia. Sappiamo che i ritardi non sono cattiva volontà delle banche ma un meccanismo burocratico profondamente bizantino che non permette l’attuazione immediata delle norme. Ma in una settimana-10 giorni aspettiamo novità».

Lunedì 4 c’è stata una ripartenza ma a ritmi ridotti. Come mai e cosa serve?
«Diciamo che è ripartita l’offerta ma la produttività non può essere la stessa. Ora aspettiamo che riparta anche la domanda. Ma per ripartire davvero serve una spinta della domanda pubblico aprendo cantieri e opere pubbliche. Bisogna mettere in moto l’edilizia utilizzando per almeno un paio di anni modelli emergenziali sull’esempio di quanto fatto con il ponte di Genova per superare questa camicia di forza che ci stringe».

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