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POTENZA – No a un’alleanza tra il Movimento 5 stelle e figure come l’ex governatore Marcello Pittella, che non hanno fatto ancora «mea culpa» per quanto accaduto ai tempi in cui guidavano la vertici della Regione Basilicata.

E’ un altolà perentorio quello intimato dal due volte consigliere regionale pentastellato, Gianni Perrino, dopo l’apertura a una coalizione senza veti sulle liste alleate del segretario regionale del Pd, Giovanni Lettieri, e i segnali di non disapprovazione arrivati dal coordinatore regionale del Movimento, Arnaldo Lomuti, e dallo stesso Pittella, transitato tra i calendiani di Azione lo scorso autunno.

Lettieri punta a costruire un’alleanza tra le forze che in Consiglio regionale, negli ultimi 4 anni e mezzo, hanno fatto opposizione all’amministrazione guidata dal governatore Vito Bardi. Lei ci starebbe?

«Assolutamente no. Bisogna anche capire che tipo di opposizione è stata messa in campo e se i principi che muovono le varie forze politiche sono compatibili, e fino a che punto. Credo che questa compatibilità nei principi non si possa creare in maniera artificiosa. Quindi servirebbe innanzitutto definire un perimetro programmatico all’interno del quale muoversi. Perché abbiamo visto come è andata con l’attuale maggioranza, di centrodestra.

Hanno vinto le elezioni senza alcun programma, almeno che io sappia, perché ognuno all’interno della coalizione aveva una sua idea, così la legislatura si è trascinata in un continuo di baruffe e recriminazioni incrociate. Non ultime quelle degli esponenti di Fratelli d’Italia, che sembrano scesi dalla montagna del sapone per accorgersi, oggi, dello stato in cui si trova la sanità lucana. Bisognerebbe evitare di ripetere l’errore che è stato fatto dal centrodestra e ha determinato risultati disastrosi, imbarcando tutti senza un reale confronto soprattutto su quello che si vuol fare e sull’idea che si ha della Basilicata».

Non ho capito. Lei imbarcherebbe tutti ma soltanto dopo un accordo programmatico?

«No, assolutamente no. Io dico che bisogna partire da un programma, da ciò che si intende realizzare, in maniera che quelli che andranno in cabina a mettere la croce, sperando che siano in tanti e che non continuino ad aumentare gli astensionisti, sappiano per che cosa stanno votando. Con questo però, avendo visto come hanno agito alcune forze politiche e alcune persone che oggi non fanno più parte del Pd, sia quanto erano in maggioranza che durante questi anni di opposizione, credo che ci siano delle incompatibilità strutturali che non possono essere superate neppure qualora si arrivasse a condividere un programma.

Se qualcuno vuole ricostruirsi una verginità a fine legislatura non possiamo certo essere noi del Movimento 5 stelle, con tutto quello che abbiamo rappresentato nel panorama politico italiano e locale, a permetterglielo., se ha fatto di un sistema che noi abbiamo combattuto. Non vedo come possiamo ritrovarci insieme. Poi è chiaro vanno smussati gli spigoli, di questo sono molto consapevole e anche noi 5 stelle non siamo più quelli che sono entrati nel 2013 in Regione Basilicata. Non abbiamo più quella visione così rigida. Ma di qui a diventare degli elastici direi di no».

Non pensa che anche altri potrebbero non essere più quello che erano nel 2013?

«Smussare gli angoli va bene, ma buttare giù i pilastri mi sembra un’altra cosa. Se ci si è mossi per dei lustri all’interno diciamo di un sistema che di fatto ha comportato anche il il sottosviluppo della nostra regione non vedo come si possa cambiare nel giro di di pochi anni, o addirittura di pochi mesi».

E perché un addebito simile non dovrebbe essere rivolto in maniera generalizzata anche al Partito democratico, oltre che a quelli che ne sono usciti?

«Infatti stavo per dirlo. Nel momento in cui si pensa a una coalizione ci dovrebbero essere dei segnali realistici di discontinuità anche dal Partito democratico, che ha al suo interno molte risorse fresche, molti giovani che in qualche maniera hanno dimostrato di avere delle delle qualità da mettere al servizio della della Basilicata. Perché non dovrebbe fare un passo di lato chi è rimasto all’interno del Partito democratico e rappresenta, in qualche modo, un pezzo di quel sistema che andrebbe rivoluzionato. Noi abbiamo come regola quella dei due mandati.

E’ vero che è una nostra regola e non possiamo pretendere che tutti la seguano. Però quantomeno che diano un segnale in questa direzione. Non vedo perché dovremmo autolimitarci, giustamente, con i due mandati, e poi ragionare con chi sta lì da decenni senza aver fatto alcun tipo di “mea culpa” semplicemente perché dice che da domani sarà tutto diverso. Non c’è nulla di personale, sia chiaro. In politica buttarla sul personale è sempre sbagliato. Però è ovvio che le idee camminano sulle gambe degli uomini e se gli uomini sono gli stessi è un po’ difficile che le idee vadano da un’altra parte, nella direzione in cui il popolo lucano, non solo il Movimento 5 stelle, vorrebbe che si andasse».

Lei dice “nulla di personale” però il nodo politico che ha provato a sciogliere Lettieri, bandendo i veti sulle liste dei partiti alleati, era quello di un’eventuale candidatura in Consiglio regionale, nella lista di Azione, di Marcello Pittella, che anche all’interno del Partito democratico non viene da tutti con grande entusiasmo. Specie dopo lo strappo consumatosi in occasione delle elezioni politiche di settembre.

«Appunto. Vedendo il comportamento che ha avuto nel momento in cui sono state fatte delle scelte sulle candidature diverse da quelle che a lui sarebbero piaciute, e quello che è accaduto dopo, chi volesse imbastirci un ragionamento dovrebbe allarmarsi. Non ha esitato a cambiare lido per avere l’agibilità politica che giustamente pretendeva. Ora nessuno dice che deve sparire, però un conto è che si voglia continuare a dire la propria e un conto è che lo si voglia fare con chi, quando si governava la Regione, era un avversario con una versione agli antipodi su quel tipo di di sistema.

Capisco la contraddizione rispetto al Partito democratico che ha lo stesso tipo di problema se continua a dare il potere in mano alle stesse persone. Per questo servirebbe inserire una reale discontinuità nel programma di questa ipotetica alleanza, affrontando il modo in cui si intendono intessere le relazioni di tipo politico e il tema del rinnovamento della classe dirigente. Poi, chiaramente, noi non è che vogliamo comandare quello che devono fare gli altri. Gli altri possono fare quello che vogliono. Però credo che debba essere chiaro che nel momento in cui il Movimento 5 Stelle deve condividere con altre forze politiche un programma e tentare di andare in coalizione alle prossime elezioni regionali dei segnali di rinnovamento devono esserci da parte di tutti».

Ritiene opportuna una consultazione tra gli iscritti del Movimento anche su un’eventuale alleanza con Pd, Azione, Italia viva e gli altri, e i termini di questa alleanza? Oltre alle primarie sul candidato governatore che sono state appena annunciate dal coordinatore regionale del Movimento, Arnaldo Lomuti.

«Sinceramente questo discorso delle primarie non l’ho capito benissimo. Se si vuol imbastire un ragionamento allargato ad altre forze politiche si dovrebbero coinvolgere anche quelle forze politiche e pensare a delle primarie di coalizione, qualora non dovesse esserci un profilo condiviso da parte di tutti».

E sulla partecipazione a una coalizione con un certo programma e la possibilità di trovare alcuni nomi nelle liste alleate?

«La mia idea personale è che su alcune scelte non ci sarebbe proprio di che discutere. Perché si presume che il Movimento 5 stelle abbia una determinata linea. Ma se si pensa che così non è, io non ho la presunzione di dire che questo sicuramente è sbagliato. Ben vengano le consultazioni della base ma che siano consultazioni pubblicizzate molto, molto, molto bene. In maniera tale che partecipino quanti più iscritti possibile per poter permettere a ognuno di loro di dire la sua. Poi è ovvio: io non ho sempre condiviso tutto quello che è stato fatto dal Movimento 5 stelle, come penso che accada a chiunque faccia parte di una forza politica.

Non è che alla prima cosa che non piace uno volta le spalle e se ne va. Ma se ci sono delle cose veramente indigeribili e che in qualche maniera non possono essere condivise a quel punto uno ne prende atto e dice: “Va bene, la maggioranza degli iscritti la pensa così. Allora io su questo non sono proprio minimamente d’accordo e penso che non possa in nessun modo dare il mio contributo se si fanno determinate scelte”.

Uno rimane in una forza politica che crede gli assomigli maggiormente, finché gli assomiglia. Se poi questa viene completamente stravolta, se ne prende atto e ci si fa da parte. Avendo completato due mandati io non farò più parte comunque, attivamente, dell’agone politico ma mi sarebbe piaciuto continuare a dare il mio contributo da attivista e da persona che in qualche maniera forse un minimo di di esperienza in questi anni l’ha maturata all’interno del del Consiglio regionale.

Forse potrei essere utile a chi dovesse subentrare e non è ancora aduso ai meccanismi di cui si viene a conoscenza man mano che si frequentano le commissioni, i consigli. Non dire: “devi fare così”. Ma spiegare quali sono gli strumenti a disposizione, qual è la maniera più pratica per fare le cose. Mi piacerebbe farlo, mi piacerebbe continuare perché comunque il Movimento 5 Stelle mi ha dato tanto e quindi è giusto continuare a fare la propria parte. Però ci devono essere le condizioni per farlo».

A queste primarie di settembre per la scelta del candidato governatore del Movimento sa già chi sosterrà? Ha in mente un profilo?

«Nomi di candidati non ne so. Almeno io. Come profilo direi una persona che con la quale si condividano tutti quelli che sono i principi del Movimento 5 Stelle che abbiamo enunciato in questi anni. Una persona con una specchiata moralità e che possa far tornare l’entusiasmo nei cittadini. Perché purtroppo, ripeto, io credo che il primo nemico da affrontare è l’astensionismo.

Perché se non riusciamo a creare quell’entusiasmo che serve per far riavvicinare le persone che si sono allontanate, deluse, e che quindi vanno a ingrossare le file di chi si disinteressa alla politica, perché ne è disgustata, non so fino a che punto potremmo dire di aver veramente vinto. Anche se i numeri dello scrutinio dovessero essere favorevoli a questa eventuale coalizione. Si vince innanzitutto riuscendo a creare un entusiasmo per quella che è la voglia di cambiamento delle persone, e poi affermandosi anche nelle urne. Se noi non riusciamo a recuperare quella parte di elettorato che purtroppo si è completamente allontanata dall’espressione del proprio voto democratico non avremmo fatto un buon servizio comunque vada a finire la competizione elettorale.

E questo lo si fa con una persona candidata come presidente che possa effettivamente trainare i cittadini, e che condivida ovviamente, quello che è il programma del Movimento 5 stelle e della coalizione. Solo con una persona così si può effettivamente sperare di fare bene per la Basilicata. Non non mi non mi andrei a impiccare sui nomi, ecco. Non ho un nome da dire. Ma devo dire che finora non ho sentito parlare di persone che possano essere riconosciute come un’ottima guida di una coalizione né di un programma realmente condiviso.

C’è questa convergenza nell’opposizione al progetto dell’autonomia differenziata, ma non credo che possa bastare per poter definire una coalizione. Si deve anche dire che cosa si vuole fare in ambito sanitario. Qual è l’idea di sanità. Che cosa si vuole fare. Abbiamo visto in questi quattro anni e mezzo che sono stati sostituiti di continui i direttori generali. Gli uffici competenti non hanno trovato pace e avendo già una sanità pubblica al collasso siamo riusciti a far collassare anche la sanità privata perché non si riesce a trovare una soluzione e a capire effettivamente quali sono i fabbisogni reali della della popolazione. Siamo in una in una regione con poco più di 500mila abitanti e un fascicolo elettronico che si dice che sia un fiore all’occhiello addirittura a livello nazionale. Perché saremmo stati molto bravi nel popolare di dati questo fascicolo sanitario elettronico.

Eppure non riusciamo ancora a capire quanti sono gli invalidi, quanti sono gli ultra sessantacinquenni che hanno più il patologie. Sembra ogni volta che si debba scoprire chissà cosa, quando i dati, almeno in teoria, sarebbero a disposizione. Su questo io mi andrei a concentrare. Sull’idea che abbiamo di sanità, di lavoro, di opportunità per i giovani. Ormai di opportunità per i giovani se ne parla tanto ma di concreto non è che si veda tantissimo. Serve andare oltre a quelle logiche campanilistiche che purtroppo, soprattutto in questa legislatura, abbiamo avvertito in una maniera sconcertante. Serve andare in una direzione che possa effettivamente unire il popolo lucano e dargli quel sollievo di cui ha veramente tanto, tanto bisogno».

Tornando al nodo delle alleanze e del rinnovamento all’interno di questo fronte che dovrebbe andarsi a costituire contro il centrodestra. Non è che questa posizione di chiusura nei confronti dell’ex governatore Pittella dipende dalla vicenda giudiziaria ancora aperta per i concorsi truccati nella sanità, nonostante l’assoluzione in primo grado?

«No, no, voglio essere chiaro su questo, benché possa sicuramente costituire un’ulteriore elemento di riflessione. Io credo che non sia quello il punto più importante sinceramente, perché un conto sono le vicende giudiziarie e un conto è la politica e il “sistema Basilicata” che si era si era creato e che è continuato col centrodestra con alcuni cambiamenti in peggio. Almeno vedendo quello che è accaduto. Io dico che nel momento in cui si fanno delle scelte di carattere politico, come è stato per il presidente Bardi che ha nominato l’ultimo direttore generale del Dipartimento salute (appena dimessosi sull’onda dello scandalo per alcune presunte molestie telefoniche a una funzionaria, ndr), c’è una responsabilità politica prima ancora che giudiziaria. Quando si scelgono gli uomini da mettere a capo di determinati ambiti ci si assume una responsabilità politica per quello che fanno».

Si riferisce ai dirigenti nominati dall’ex governatore accusati di truccare i concorsi nella sanità che in alcuni dialoghi intercettati chiamavano «zavorra» i non raccomandati?

«Le motivazioni della sentenza del processo sui concorsi truccati nella sanità possono essere lette da chiunque, ma già quello che è venuto fuori dai giornali dovrebbe essere sufficiente per farsi quantomeno un’idea. Non per dire: “Tu sei colpevole. Vai in galera. Tot anni di reclusione”. C’è qualcosa che viene prima della della questione giudiziaria e che dovrebbe in qualche maniera, almeno per il Movimento di cui ho fatto parte fino ad oggi, essere dirimente per poter decidere i propri compagni di viaggio.

Se sono state fatte delle scelte politiche sbagliate, se sono stati scelti determinati uomini al comando di determinati ambiti e si sono comportati in un certo modo, che in un primo grado di giudizio non è andato esente da responsabilità penali non si può ignorarlo. Io non penso che quegli uomini si muovessero in maniera autonoma e non dessero conto a chi li aveva nominati. In alcune occasioni ho sentito dire che avrei dovuto chiedere scusa per le mie affermazioni su quella vicenda, ma non sono possibili scuse proprio per queste ragioni. Perché resta una responsabilità politica che prescinde da quelle che sono poi le determinazioni in ambito giudiziario, e che non spetta a noi dire se siano giuste o sbagliate».

E i renziani di Italia viva?

«I renziani li abbiamo visti: in questi anni hanno fatto un po’ opposizione, un po’, quando c’era bisogno e con la scusa della responsabilità, hanno dato una mano al governatore in cambio dell’approvazione di qualche ordine del giorno, che talvolta non è stato neppure attuato. Allora io dico: sono questi i compagni di viaggio a cui stiamo pensando? Alla fine anche dire “niente veti” è un veto a sua volta, perché uno dovrebbe essere libero di decidere i propri compagni di viaggio.

Ci sono delle situazioni che potrebbero rivelarsi degli ostacoli rispetto al raggiungimento dei possibili obiettivi di una legislatura e delle persone che hanno già dimostrato di non poter proprio far parte di una coalizione ampia, all’interno della quale ci sia anche il Movimento 5 stelle. Questo è quello che penso io. Poi l’idea di un’eventuale consultazione della base al riguardo è sempre positiva. Non non mi voglio arrogare il diritto di dire che le cose stanno come le penso io. Però ci tengo che si sappia come la penso».

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