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Susanna Ditaranto e Vincenzo Porcelli

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Arrestati i coniugi Porcelli-Ditaranto: a casa avevano droga, armi, soldi falsi ed esplosivi. In manette anche l’albanese Beshiri, residente in paese, e una vicina di casa

BERNALDA (MATERA) – Droga, armi, soldi falsi e bombe artigianali già confezionate con tanto di innesco.
E’ una “santabarbara” ai servizio del clan lucani, e non solo, quella scoperta venerdì mattina a Bernalda gli agenti delle squadre mobili di Potenza e Matera a casa dei coniugi Vincenzo Porcelli e Susanna Ditaranto: 46enne ex gestore dell’Hotel La Corte, lui; 54enne ex sorvegliata speciale lei, originaria di Montescaglioso.
L’esito del blitz è stato reso noto ieri mattina dalla Direzione distrettuale antimafia lucana, che ha già ipotizzato l’aggravante del metodo mafioso per le accuse contestate, ma sta ancora indagando sul contesto nel quale andrebbero inquadrate. Indagini che nelle prossime settimane potrebbero riservare più di un colpo di scena.
Nel comunicato diffuso dopo la convalida degli arresti e le ordinanze di misure cautelari emesse, lunedì sera, dal gip di Matera (carcere per lui e arresti domiciliari per lei), il procuratore capo di Potenza, Francesco Curcio, parla di «una vera e propria base logistica della criminalità organizzata lucana».
Curcio evidenzia come il ritrovamento di «diverse armi da fuoco lunghe e corte, un imponente quantitativo di munizionamento, materiale esplosivo costituito da ordigni di elevata pericolosità e un giubbotto antiproiettile», sia il segno «della forte fibrillazione in essere del contesto criminale lucano». Un segnale persino ridondante dopo «i recenti fatti di sangue occorsi nel materano fra esponenti di ramificati gruppi criminali», quali l’omicidio del “professore” Antonio Grieco a Montescaglioso, a maggio, e il tentato omicidio di Vincenzo Mitidieri e Mario Lorito a Policoro, giusto due mesi fa.
Non a caso l’operazione compiuta sarebbe stata finalizzata anche a «una funzione di prevenzione rispetto alla consumazione di altre gravi azioni delittuose su di un territorio, quale è quello della fascia jonico-metapontina, caratterizzata da una recrudescenza criminale che non ha eguali in regione, frutto di azioni delittuose compiute con modalità e finalità di chiara matrice mafiosa».
Il procuratore indica anche nel dettaglio quanto sequestrato sia nell’abitazione dei due coniugi, in un’intercapedine all’interno del box doccia (rimovibile senza troppa difficoltà dalla parete a cui era fissato), che in quella di fronte alla loro, di proprietà della 56enne Beniamina Carbone. Motivo per cui quest’ultima è finita a sua volta gli arresti domiciliari con l’accusa di aver «consapevolmente» concesso l’uso della casa in cui viveva la madre ai vicini, «per l’occultamento sia della “santabarbara” che della gran parte dello stupefacente”».
Si tratta, in particolare, di: «1,2 chili circa di cocaina, 2,7 chili circa di hashish suddivisi in 27 panetti, 125 grammi di marijuana, 2 fucili, 5 pistole (revolver e semiautomatiche), circa 5mila proiettili di vario calibro e potenzialità, 4,5 chili di materiale esplodente, costituito da diversi ordigni e manufatti esplosivi, completi di miccia».
L’attenzione degli investigatori si sarebbe concentrata fin da subito su quest’ultimo ritrovamento, inaspettato. Negli ultimi anni, infatti, i numerosi attentati che nel metapontino hanno preso di mira attività economiche di vario genere (si presume per finalità estorsive) sono stati quasi sempre di natura incendiaria. L’impiego di bombe come quelle sequestrate, invece, è stato raro, e in un caso mirato a colpire uno degli esponenti di vertice dei clan della zona. Di qui il sospetto di un «salto di livello» della mala del metapontino, o, in alternativa, di una clientela più ampia per il supermarket dei coniugi di Bernalda, capace di offrire merce d’interesse anche per le organizzazioni criminali di regioni vicine come Puglia e Calabria.
Con Porcelli, Ditaranto e la figlia della loro defunta vicina di casa, Carbone, gli investigatori hanno arrestato, sempre venerdì, anche il 54enne Kostantin Beshiri, di origini albanesi ma da anni residente a Bernalda, che due giorni prima avrebbe consegnato a marito e moglie la droga ritrovata nascosta nel box doccia.
Anche per lui il gip ha disposto la custodia cautelare in carcere.
Porcelli era già finito in manette a fine ottobre dopo una prima perquisizione della sua abitazione da parte dei militari della Guardia di finanza, allertati dal via vai di decine di persone al giorno, spesso provenienti da comuni pugliesi.
Nell’occasione le Fiamme gialle, coordinate dal pm di Matera, Annunziata Cazzetta,  avevano smontato anche il sofisticato sistema di videosorveglianza allestito dal 46enne per monitorare i punti di accesso al quartiere. Il gip, tuttavia, aveva considerato il quantitativo di droga recuperato insufficiente per disporre la custodia cautelare in carcere. Così Porcelli è tornato a casa, ai domiciliari, e ha ripreso le sue attività, con la preziosa collaborazione della moglie, sotto l’occhio degli agenti della Squadra mobile.

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