X
<
>

Carmen Federica Lopatriello con il nonno Carlantonio

Condividi:
5 minuti per la lettura

MARCONIA DI PISTICCI – Si è portata l’orribile peso addosso per sette mesi. Il segnale ancora più chiaro dell’efferatezza di un omicidio, che ha gelato la comunità di Marconia.

È stata arrestata ieri, dagli uomini della Squadra Mobile di Matera, che hanno indagato con i colleghi del Commissariato di Pisticci, Carmen Federica Lopatriello, 26enne nipote di Carlantonio Lopatriello, ucciso nel primo pomeriggio del 7 gennaio scorso nella sua abitazione di via San Giovanni Bosco alla periferia della cittadina (LEGGI LA NOTIZIA).

Un assassinio violento e brutale, probabilmente molto più di un raptus, visto che la donna secondo l’accusa avrebbe voluto uccidere a tutti i costi, tanto da infliggere al povero nonno ben 26 coltellate e 11 colpi violenti di bastone sulla schiena.

Gli esiti delle indagini, fondate essenzialmente su riscontri scientifici, sono stati illustrati dal procuratore capo, Pietro Argentino, con la pm, Annunziata Cazzetta, il capo della Mobile, Luigi Vessio, e il questore Luigi Liguori. I sospetti si erano concentrati da subito sulla 26enne, la quale nella prima serata del 7 gennaio chiamò la polizia, segnalando che da ore non riusciva più a mettersi in contatto con il nonno 91enne, che accudiva pur non essendo convivente con lui.

Poco dopo gli agenti entrarono nell’abitazione dell’uomo, trovandolo riverso in una pozza di sangue nella camera da letto. La scena del crimine fu subito isolata, con rilievi scientifici che si sono rivelati essenziali, per inchiodare la nipote alle sue gravissime responsabilità. Il giudice per le indagini preliminari di Matera ne ha disposto la custodia cautelare nel carcere femminile di Trani, contestandole l’aggravante di aver agito con crudeltà nei confronti del proprio congiunto. Il movente sarebbe da ricercare in ragioni di natura economica, ma anche dalla contrarietà del nonno alla relazione che la nipote intratteneva con un giovane di Policoro. Una contrarietà che sarebbe divenuta conflitto. La vittima è stata colpita da 26 coltellate nella parte anteriore e posteriore del torace, e 11 colpi di bastone, la maggior parte dei quali violenti alla testa, quindi con il chiaro intento di uccidere.

Ma le indagini hanno evidenziato sin dall’inizio, un quadro di forte conflittualità familiare (LEGGI), tra il defunto i suoi figli ed i nipoti, e tra i nipoti stessi, per ragioni soprattutto economiche. Già dopo il primo sopralluogo, era emerso che chi aveva agito fosse uno di famiglia, o comunque conosciuto e fidato per la vittima, in quanto non c’era alcun segno di effrazione nella villetta. Oltre agli esiti dell’autopsia, che hanno collocato la morte dell’uomo tra le 13 e le 14 del 7 gennaio, quando la nipote era certamente in quella casa, le indagini si sono fondate su intercettazioni telefoniche, ambientali, telematiche, visione delle telecamere installate a Marconia; acquisizione di tabulati telefonici, dati sul traffico delle celle telefoniche, acquisiti dati Gps d’interesse. La Scientifica ha, invece, svolto una serie di accertamenti tecnico-scientifici di tipo biologico, merceologico e di comparazione di impronte. Tra nonno e nipote è verosimilmente scoppiata una violenta lite, quindi la donna avrebbe agito d’impulso aggredendo il nonno con violenza, senza riuscire a contenere il suo stato d’ira.

Lopatriello era anziano, ma con un fisico piuttosto robusto e resistente, tanto più all’aggressione di una donna; quindi, per la presunta omicida non è stato facile togliergli la vita. Ad inchiodare la donna, oltre all’ora della morte, anche le diverse contraddizioni e tentativi di insabbiare le prove, come quando gli investigatori le avevano chiesto di consegnare i fotogrammi delle telecamere della sua abitazione, ma lei li ha forniti tutti tranne tre, ovvero quelli che inquadravano il momento della sua uscita di casa per recarsi all’abitazione del nonno la mattina dell’omicidio. In quei fotogrammi, poi comunque estrapolati, la donna era vestita con gli abiti e (soprattutto) le scarpe che indossava al momento dell’omicidio.

Pochi giorni dopo l’omicidio, l’intercettazione ambientale nell’auto della 26enne registrava che, percorrendo la Provinciale Destra Basentana (Pozzitello – San Basilio), giunta all’altezza di una piazzola di sosta, si era fermata per circa trenta secondi, aveva preso qualcosa dal sedile per poi uscire dall’auto e rientrare subito dopo. Gli inquirenti subito dopo sul posto, hanno trovato un paio di scarpe Adidas numero 38 di colore fucsia, dello stesso tipo, modello e colore di quelle che la ragazza calzava la mattina dell’omicidio uscendo di casa, ed immortalate nelle telecamere della sua abitazione. Proprio quei fotogrammi non erano stati consegnati alla polizia, e la ragazza era “caduta” diverse volte in contraddizione, disconoscendo che le scarpe ritrovate lungo la strada fossero sue, dichiarando che le sue erano ancora nell’abitazione del nonno (dove però non sono state trovate), e disconoscendo addirittura di essersi fermata nella piazzola di sosta, in netto contrasto con le evidenze registrate nella intercettazione ambientale.

Dagli esami di polizia scientifica sulle scarpe rinvenute nella cunetta, era emerse che sono state lavate con un detergente, e che presentavano tagli netti ed asportazioni, fatti volontariamente, sulla gomma dura di entrambe le suole; erano inoltre prive di lacci e solette interne. Tutto ciò porta a pensare che chi se ne fosse liberato, avesse voluto far sparire ogni traccia da quelle scarpe. Un esame di polizia scientifica ha riconosciuto, poi, un rapporto di compatibilità con un’impronta formatasi per impressione col sangue del deceduto, e rinvenuta sul luogo del delitto. E poi tracce di Dna misto di nonno e nipote, sia sulla felpa da lei indossata il giorno dell’omicidio, sia sul bastone utilizzato per colpire. Non sono state trovate in tutta l’abitazione tracce di altre persone.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE