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Francesco Piro

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A svelare la presunta firma falsa del governatore Vito Bardi sarebbe stata una intercettazione del consigliere regionale Francesco Piro

POTENZA – Sarebbe stata un’intercettazione telefonica del 24 giugno del 2020 a svelare agli inquirenti della Procura di Potenza la possibile falsificazione della firma del governatore Vito Bardi su un documento relativo a un progetto di collaborazione istituzionale da 7 milioni di euro in tre anni tra la Regione Basilicata e quella dell’Epiro, in Grecia, di base nella cittadina lucana di Latronico.

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È quanto emerge dagli atti della maxi-inchiesta dei pm potentini sulla “mala politica”, ancora aperta ma tornata sotto traccia dopo le misure cautelari eseguite agli inizi di ottobre dell’anno scorso.

A parlarne, senza sapere di essere ascoltato, è stato il capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Francesco Piro, al telefono con una sua collaboratrice dell’epoca, Maria Di Lascio, in seguito eletta come sindaco di Lagonegro e decaduta a metà ottobre in conseguenza dell’arresto e del successivo scioglimento del consiglio comunale per le dimissioni della maggioranza dei suoi componenti.

FIRMA FALSA DI BARDI, LE PAROLE DI PIRO

In un passaggio della loro conversazione, infatti, Piro avrebbe raccontato di aver sentito «cose assurde», poco prima, dall’ex capo di gabinetto della Regione, Fabrizio Grauso. Ovvero che il Consiglio dei ministri aveva autorizzato questa collaborazione tra la Regione Basilicata e la Grecia, attraverso la costituzione di un Gruppo europeo di cooperazione (Gect) denominato “Proximity”, avvenuta il 24 dicembre 2019 davanti a un notaio di Bologna, «in base a una nota della Regione datata 12 dicembre».

Solo che questa nota, stando sempre al racconto di Piro, non sarebbe esistita, «ovvero non è mai partita dal gabinetto». Inoltre «sembrerebbe che l’abbia fatta Mario Araneo». Vale a dire l’ex segretario particolare del governatore Bardi, poi diventato uno dei supertesti dell’inchiesta dei pm di Potenza assieme all’ex direttore generale dell’Azienda ospedaliera San Carlo, Massimo Barresi. Lo stesso Araneo a cui a fine novembre del 2021, un anno e mezzo dopo l’intercettazione tra Piro e Di Lascio, il pm Vincenzo Montemurro avrebbe chiesto conto della presunta firma contraffatta in un primo faccia a faccia. Ricevendone per risposta il diniego assoluto di averne mai sentito anche solo parlare.

«Di Lascio riferisce – si legge ancora nell’annotazione dei carabinieri sull’intercettazione del 24 giugno 2020 – che tale Arcieri sosteneva che la firma del documento che autorizzato Proximity Gect è di Bardi. Piro riferisce invece che Bardi ha negato riferendo che l’ha fatta Mario Areneo. Piro racconta che Fabrizio Grauso l’ha contattato e riferisce che ha scritto al notaio per annullare l’atto e questo avrebbe chiesto di andare in sede per parlarne».

LE ANALISI DEGLI INVESTIGATORI

Dagli atti già desecretati dell’inchiesta dei pm del capoluogo non emergono le verifiche effettuate dagli inquirenti per capire come fossero andate realmente le cose. O quelle per sapere se la firma di Bardi sui documenti menzionati fosse stata davvero falsificata, e da chi.

A riprova della effettiva confidenza tra il capogruppo forzista e l’ex capo di gabinetto di Bardi, però, gli investigatori hanno annotato subito dopo il contenuto dell’intercettazione tra Piro e Di Lascio anche quello di un’altra conversazione telefonica, del giorno successivo, in cui Grauso, che a fine novembre del 2020 si sarebbe dimesso dall’incarico tornandosene a Roma, rivela a Piro che ne era appena «scoppiata un’altra» sull’apertura di una scuola di cinematografia. A causa di una convenzione non conforme alle intese tra Regione Basilicata e Centro sperimentale di cinematografia, ma già sottoscritta dal presidente di quest’ultimo. Col risultato di far «sparire» il finanziamento previsto.

A complicare ulteriormente la matassa in cui si sono mossi gli inquirenti, poi, ci sono state anche altre conversazioni che hanno fatto ipotizzare una vera e propria attività di «dossieraggio» da parte dei lagonegresi Piro e Di Lascio nei confronti di un loro acerrimo rivale, Nicola Timpone, consulente della Lucana Film Commission, direttore artistico del festival del cinema di Maratea ed ex direttore di un altro ente in grado di attrarre importanti finanziamenti europei come il Gal (gruppo di azione locale) La Cittadella del sapere di Latronico. Stesso Gal che a tutt’oggi ospiterebbe nella sua sede i referenti del Gect Proximity.

Da vagliare, insomma, c’è anche la possibilità di una voce infondata ma messa in giro ad arte per colpire questo progetto di collaborazione istituzionale con la Grecia, soltanto perché percepito come l’emanazione di una personalità con interessi politici contrapposti.

COS’È PROXIMITY AL CENTRO DEL CASO DELLA PRESUNTA FIRMA FALSA DI BARDI E DELLE PAROLE DI PIRO

Natura e scopo di Proximity sono illustrati in maniera abbastanza esaustiva sul sito del Gect in cui viene indicato come primo obiettivo quello di «rendere più semplice ed efficace la gestione dei progetti comunitari».

Segue: «l’istituzionalizzazione della cooperazione, riunendo in modalità continuativa tutti i soggetti coinvolti per definire priorità comuni e strategiche di programmazione e progettazione», superare «i problemi della cooperazione ad-hoc», e accrescere «l’interesse ed il coinvolgimento di tutti gli interessati e si rafforza la stabilità e continuità delle politiche».

Sempre tra gli obiettivi vengono indicati anche l’eliminazione dei «percorsi burocratici che non permettono l’utilizzo adeguato delle risorse comunitarie nei tempi richiesti dalla programmazione europea (2014-2020)». E l’istituzione di «una sorta di ambasciata tecnico-istituzionale nell’area del mediterraneo» attiva nella «realizzazione di progetti strategici», anche con tutti i fondi comunitari «non spesi a livello nazionale e locale».

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